di Vittorio Emiliani
I restauri del 1997 fecero riemergere alcuni affreschi rinascimentali. Sono splendide figure femminili, ma visitabili col contagocce
Voghera è nota per essere la patria dello stilista forse più celebrato, Valentino, di cognome Garavani, e dello scrittore più originale e cosmopolita degli ultimi decenni, Alberto Arbasino. Oltre che di Carolina Invernizio, popolarissima scrittrice strappalacrime. Sino a qualche anno fa non era però facile trovare un “gioiello di famiglia” da ammirare in questa pur ariosa città oltrepadana, oggi lombarda, ieri piemontese. Un’autentica gemma allora c’era, l’ostensorio gotico, ma da decenni esso è esposto al Castello sforzesco di Milano. C’erano il piacevole andamento urbanistico della città storica; l’enorme piazza centrale, quasi tutta porticata, attorno al Duomo; alcuni dipinti di un buon pittore locale, Paolo Borroni (1749-1819), in varie chiese, assieme a preziosi organi musicali antichi, specie il Serassi del Duomo; sulla romana Via Emilia, un nobile Teatro sociale del 1845, passato alla storia perché il ventiduenne Arturo Toscanini vi diresse con fuoco e rigore Aida e Favorita, rischiando anche un duello con l’ufficiale di cavalleria amante della soprano da lui maltrattata alle prove (Marietta Gazzaniga, vogherese che anche Giuseppe Verdi volle protagonista di Luisa Miller al teatro S. Carlo di Napoli nel 1849). Ma, poiché il Teatro sociale, dal foyer stendhaliano, è da decenni in attesa di restauro, un vero gioiello locale risultava ancora introvabile.
Poi, come succede a volte in questa imprevedibile Italia, il carcere “libera” il Castello visconteo e, all’interno, eliminati gli interventi “penitenziari”, dagli ambienti di corte (di Luchina Dal Verme e di altre dame), affidati alle cure della Soprintendenza di Milano, nel 1997 emergono dalla calce alcuni affascinanti affreschi. Sono figure di donne, anzi di muse, quasi subito attribuite a Bartolomeo Suardi detto il Bramantino, protagonista del rinascimento in Lombardia. Risalgono all’anno 1500, in cui signore del castello era Louis de Luxembourg conte di Ligny. Di grande qualità: una Urania vestita di bianco ghiaccio, una Talia tutta in giallo, una enigmatica dama in viola e una musa egizia dagli occhi verdi.
Come si fa a vederle? Il castello è del demanio. Il Comune, magari a richiesta, vorrebbe aprirlo. Solo in primavera-estate però, perché, per ora, mancano riscaldamento e illuminazione. In questi mesi di buona luce, chi volesse vedere le misteriose muse di Bramantino può chiamare la biblioteca civica (tel. 0383.336510).
Per chi ama le gesta cavalleresche, nella romanica chiesa di S. Ilario ci sono gli stemmi e i motti di tutti i reggimenti storici, molti di stanza nella vasta, risorgimentale caserma di Voghera.
Nei dintorni, a Campoferro, sorge l’albero sul quale Edmondo De Amicis colloca l’eroica piccola vedetta lombarda che, a prezzo della vita, informava i nostri cavalleggeri nella vittoriosa battaglia di Montebello (1859).