di Clelia Arduini
Il regno del poeta Valerio Magrelli, reduce dalla vittoria al premio Bagutta con il suo libro “Geologia di un padre”, si estende dalla capitale fino ai “divini paesi” del Grossetano e Viterbese. Come Canino, dove ha creato un fondo librario. Sulle orme di Stendhal
«Ho riflettuto a lungo sul senso della cultura e del viaggio che fanno parte dello stesso bagaglio: se da una parte hanno il potere di migliorare i migliori dall’altra non riescono a trasformare i peggiori, in una parola la cultura non rende liberi, il viaggio non redime».
Parte da qui, dal bastian contrario Magrelli che fa il docente pendolare tra le università di Pisa e Cassino, nel Frusinate, il Grand tour della conoscenza alla scoperta dell’Italia, non prima però di avergli chiesto ex abrupto una rima sulla Penisola delle meraviglie. «Vituperio delle genti» scherza Valerio citando prima Dante e poi un altro poeta a lui caro, Heinrich Heine: «”Quando penso alla Germania lagrime mi salgono agli occhi”. Ecco» torna in terra «questo penso quando penso all’Italia».
Soffre l’uomo dai capelli fulvi quando parla del suo Paese immerso in mille contraddizioni eppure unico: «Tutta l’Italia dal Nord al Sud è bella e ospitale, ovunque vada mi sento bene accolto e coccolato, forse perché provengo da Roma che è il luogo peggiore per i rapporti umani e dunque quando viaggio ho sempre da guadagnare. In questo ultimo periodo, per esempio, ho scoperto province d’eccezione, quelle di Viterbo e di Grosseto, con paesi divini come Sovana, Soriano, Montefiascone, Bolsena. E a Canino, inebriato di bellezza, ho abdicato: nel senso che, insieme ad alcuni amici, ho acquistato una casa e dato una mano al municipio a creare un fondo librario battezzato 28 marzo (nel diario di Stendhal si legge, al giorno 27 marzo, “Domani andrò a Canino…”)».
Se Magrelli ha creato un fondo potrebbe forse dire qualcosa su una nuova e auspicabile fondazione dell’Italia della cultura e del turismo. «Si riparte solo se il nostro Paese verrà definito dalla comunità internazionale “uno Stato canaglia” e gestito da politici tedeschi, quindi prenderei una squadra di tecnici con il compito di buttare giù, a tappeto, le costruzioni più brutte ed eliminare ogni traccia di alluminio anodizzato. E se qualcuno si permette di rifare errori come innalzare una Marghera vicino a Venezia o un’Ilva a Taranto, definita dal poeta e romanziere Valery Larbaud la più bella città d’Italia, sarà sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio».
Viaggiare con Magrelli è stupefacente. Sai da dove parti non sai dove arrivi. «C’è una cosa che non ho detto», sussurra quasi con rammarico «odio viaggiare da solo a tal punto che, per un certo periodo di tempo, ho pagato il viaggio e il soggiorno al mio traduttore proprio per poter dire a qualcuno “Guarda che bello”. Per me il viaggio fa tutt’uno con la compagnia e la convivialità, del resto Paul Valéry diceva: “un uomo solo è sempre in cattiva compagnia”».
Tra battute, versi e citazioni, ci chiediamo se Valerio, affabulatore di parole, linguaggio e musica, abbia in mente uno slogan per l’Italia di fondazione che torni ad attrarre, a sedurre e a incantare le genti del mondo. «Ma c’è bisogno che vengano?» Questo il suo slogan, micidiale e aristocratico, sincero e anarchico, un po’ come la poesia, il viaggio, le arti di cui l’Italia, pur avendole in casa, ha tanto bisogno.