di Laura Sommariva | Fotografie di: Zoe Vincenti
Così si intravede dalle alture e dagli altopiani, dalle piazzette e dai borghi arroccati nel panoramico entroterra di Finale, nel Ponente. Il luogo ideale per prolungare (e anticipare) la stagione turistica puntando sull’escursionismo, la mountain bike, l’arrampicata libera. Senza perdersi le saporite soste gastronomiche
Vicino, ma lontano. Il mare è sempre lì, a far da fondale ai percorsi che risalgono dal profondo blu delle scogliere al verde intatto dell’entroterra di Finale Ligure, nel Savonese. Sono gli antichi sentieri di mare, quei «crêuza de mä» cantati da Fabrizio De André, i protagonisti del cuore selvaggio della Liguria non balneare. Scostandosi dal mare per risalire le vie lastricate di pietra, fra ulivi e pini marittimi si scoprono antichi borghi inaccessibili alle auto, castelli austeri, chiesette remote e romantici bed&breakfast. Una rete infinita di percorsi stesa dall’infaticabile opera di uomini che per generazioni hanno strappato a una terra aspra frutti dolcissimi, disegnando nella macchia mediterranea un paesaggio di terrazzamenti e muretti a secco unico al mondo. Non è un caso se, proprio in questo angolo di Liguria, nel 1998 è nato il progetto Bandiere arancioni del Tci; la prima località dell’entroterra italiano certificata per la qualità turistico-ambientale si trova sempre nel Savonese: è Sassello, a una cinquantina di chilometri di curve e colline da qui.
E dove un tempo arrivavano soltanto i muli oggi c’è il paradiso della mountain bike. Basti sapere che alle Manie, l’altopiano che si stende a circa 400 metri sul livello del mare dall’antica repubblica marinara di Noli alla strada dei ponti romani della val Ponci, si organizza la 24 ore di Finale. Una gara di mountain bike fra le più importanti d’Europa.
Giorno e notte una sfida fra i boschi all’ultima pedalata che richiama anche dall’estero i migliori atleti della specialità ed è diventata una grande festa di musica e divertimenti per tutti (dal 30 maggio al 1° giugno; info: www.24hfinale.com). Perché non occorre essere dei campioni dai muscoli d’acciaio per godersi i percorsi del Finalese. Bastano scarpe comode e una buona mappa dei sentieri, scegliendo fra itinerari a piedi o in bicicletta adatti a tutti i livelli.
Sulle orme della storia si può cominciare con il facile cammino che dalla piazza del Tribunale di Finalborgo – uno dei tre nuclei distinti che, con Finale Pia e Finale Marina, nel 1927 è stato riunito nel comune di Finale Ligure – sale per la fortezza spagnola di castel S. Giovanni per giungere alle rovine di castel Gavone, dove la torre dei Diamanti, costruita attorno al 1490 e sopravvissuta a svariati attacchi, ancora testimonia il potere dei marchesi del Carretto, eterni amici-nemici della repubblica di Genova (visite guidate, tel. 019.690112; www.centrostoricofinale.it). Da qui si prosegue attorno alla rocca di Perti, lungo un percorso pianeggiante che tocca la rinascimentale chiesa dei Cinque Campanili, per poi ridiscendere verso Finalborgo (circa 2 ore) attraverso la frazione dell’Aquila, fra orti rigogliosi e agrumeti che custodiscono il chinotto di Savona, frutto antico salvato dall’oblio grazie a un presidio Slow Food, oggi tornato a profumare marmellate, gelati e perfino la birra di piccole produzioni artigianali.
Chi ha gambe più allenate, invece, può inoltrarsi nella valle di Orco Feglino e imboccare la mulattiera che conduce nel bosco e alla chiesa intitolata a S. Antonino di Apamea, costruita nel XII secolo su fortificazioni bizantine e su una piccola grotta cui si accede direttamente dalla cripta (circa un’ora). Da qui occorre ancora soltanto una decina di minuti per ammirare la grotta dell’Edera, una meraviglia della natura che lascia a bocca aperta. Lo sanno bene i free climber, che come formichine indomabili scalano le pareti di questo pentolone di roccia candida. Chi non ha una torcia, invece di passare dal cunicolo buio alla base della grotta (attrezzato con corde fisse), può fermarsi a mezza costa per ammirare le loro acrobazie, mentre risalgono pareti verticali dalle viscere della terra al blu del cielo.
Un luogo magico che ha il potere di insinuare in tutti la voglia di cimentarsi nell’arte dell’arrampicata libera. E per chi ha fisico e intraprendenza certo non c’è posto migliore di questo entroterra per decidere di passare dal desiderio ai fatti, sperimentando una tra le palestre di roccia più estese d’Italia, con oltre 130 pareti e tremila vie d’arrampicata tracciate soprattutto fra monte Cucco, monte Sordo e la rocca di Perti. Da sempre punto di ritrovo obbligato per tutti i rocciatori è il Rockstore di piazza Garibaldi a Finalborgo (www.rockstore.it), dove non è difficile incontrare Andrea Gallo, mitico “uomo ragno” autore della più accreditata guida a queste falesie, ripubblicata più volte e tradotta in varie lingue (Finale 8.0 – Rock climbing a Finale Ligure; www.ideeverticali.it).
Per chi preferisce emozioni più dolci è invece consigliabile la strada Napoleonica che risale la montagna della Caprazoppa, fra meravigliosi panorami a picco sul mare, fino all’incantevole borgata Crosa di Verezzi, dalle viuzze così strette che le automobili proprio non riescono a entrare (circa 3 ore). Oppure, spostandosi più a est, nella valle di Calvisio, un altro piccolo borgo da esplorare soltanto a piedi è la frazione di Lacremà, l’antico nucleo di Calvisio annunciato sulla strada asfaltata dal campanile romanico del suggestivo duomo abbandonato di S. Cipriano. Da qui comincia un sentiero circolare (5 ore, dislivello circa 350 metri), che percorrendo antiche mulattiere si addentra nel bosco, attraversa i pascoli di Ca’ de Vacché, per condurre fino agli enigmatici Ciappi. Le incisioni su queste enormi lastre di pietra raccontano di epoche preistoriche e di tempi più recenti; invitano all’approfondimento al Museo archeologico, nello splendido complesso dei chiostri di S. Caterina a Finalborgo (visite guidate sul territorio, tel. 019.690020; www.museoarcheologicodelfinale.it). Inutile dire che si potrebbe proseguire ancora, lasciandosi sedurre dai sentieri che puntano a ovest per scendere fino a Monticello.
Sembra proprio che in passato i finalesi abbiano ceduto ai forestieri la costa tenendo per sé il tesoro segreto dell’entroterra. Un gioiello tramandato intatto alle nuove generazioni, che oggi rivive con un turismo diverso. Percorsi naturalistici, itinerari storici, una nuova leva di artigiani e produttori che si sfidano a colpi d’eccellenza, proseguendo le antiche tradizioni di famiglia. È questo vivaio di piccoli imprenditori, moderni ma con i piedi ben piantati nella passione per la propria terra, il futuro di questa Liguria oltre il mare da cartolina. Per molti ancora tutta da conoscere.