L'intervista. Quando la storia si ferma in un’immagine

A tu per tu con Mario Calabresi, direttore della Stampa e appassionato di fotografia. Ha inseguito per il mondo i dieci migliori professionisti. Da McCurry a Erwitt e Basilico

Qual è il suo rapporto con la fotografia?
La mia passione per la fotografia è antichissima. Il marito di mia madre decise di regalarmi un corso di fotografia. Avevo 12 anni e l’ho presa molto sul serio. Poi mi regalarono una macchina fotografica russa e cominciai a scattare. Uno zio fotografo aiutava ulteriormente la passione regalandomi libri, consigliandomi le mostre da vedere...

Da qui l’idea di fare un libro intervistando fotografi?
L’idea del libro nasce proprio per soddisfare innanzi tutto curiosità mie! Nel 1982 ho comprato un libro di foto di Steve McCurry. È da allora che sognavo di chiedergli: «Quando ha incontrato la storia se ne è reso conto?». Grazie a questo libro ci sono riuscito!

Oggi tutti possono essere fotografi grazie a ottime macchine e telefoni smart?
Con la moltiplicazione dei punti di vista tutti possono fotografare e testimoniare un evento, ma solo i fotografi professionisti fanno ancora la differenza. C’è una foto di Elliott Erwitt in cui sono immortalati Barack e Michelle Obama al ballo inaugurale della presidenza. Davanti al suo obiettivo decine di mani alzate che, a loro volta, fotografano il neopresidente. Una foto in cui tutti fotografano e io gli ho chiesto: «Nell’era digitale che senso hanno ancora i fotografi?» e lui mi ha risposto «Tutti possono avere una matita e un foglio di carta, ma pochi sono i poeti».

Nel libro i dieci fotografi che intervista sono mostri sacri che hanno raccontato la storia. Ci sono nuovi talenti in circolazione da tenere d’occhio?
Per fortuna sì e molti sono italiani che continuano, per esempio, a vincere il World press photo. Penso a Pietro Masturzo, Fabio Bucciarelli o Fausto Podavini che ha raccontato la storia dei malati di Alzheimer e delle loro famiglie. Ciascuno di loro ha studiato e studia la storia prima di trasformarla in un progetto. La gente oggi è più abituata a vedere immagini e sa distinguere la qualità. Quando la sera prepariamo la prima pagina della Stampa guardiamo decine di foto per decidere a quale dare risalto. Succede spesso che quella che abbiamo pubblicato noi appaia anche su altri quotidiani internazionali a dimostrazione che un lavoro ben fatto colpisce inevitabilmente.

Ma lei continua ancora a fare foto?
Ho smesso presto, quando vedendo mostre di professionisti ho capito che non era la mia strada. Ora fotografo solo le mie figlie... col telefonino!

Il libro di Mario Calabresi A occhi aperti è edito da Contrasto (www.contrasto.it, 19,90 euro). Dieci i fotografi intervistati. Molte di più le foto e le storie che raccontano. Per un giro del mondo in pellicola.

 

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