Uomini e toponimi. «Ho fatto il turista a Cuneo»

Taluni nomi di località hanno la capacità di scatenare la risata. Che i comici sanno cogliere subito

«Ossigenarsi a Taranto / è stato il primo errore». Così diceva una canzoncina scritta da Alberto Arbasino per Laura Betti. «Irrompere in un bagno a Cagliari», concludevano Elio e le Storie tese in una loro canzone. Il toponimo e il nonsense hanno sempre avuto intensi commerci. Sono le invenzioni del calembour, come «Il Colosso di Lodi» o le «Elegie udinesi», con cui si può fare il verso alle notissime Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke. È il risolino che ci prende quando diciamo «Forlimpopoli». È parte dell’epica dei pompieri di Viggiù. I nomi dei luoghi si sono formati nelle epoche, hanno subito i cambiamenti delle lingue, delle dominazioni, hanno risentito delle storie e delle leggende. Spesso sono nomi «strani», su cui nascono ulteriori leggende perché vengono spiegati popolarmente. Essendo un po’ strani, possono acquisire un potenziale comico, come quando si vede un signore vestito in modo molto eccentrico in mezzo a una folla di persone vestite in modo invece del tutto convenzionale. È a questo potenziale comico che si rifà la tradizione letteraria anglosassone dei limerick. Limerick è a sua volta il nome di una città irlandese, che forse però è estranea a questa forma letteraria. Un limerick è una strofa di cinque versi rimati, tre più lunghi due più corti, dal contenuto del tutto stravagante e che ha molto spesso il nome di un luogo alla fine del primo verso (a volte anche del quinto). Il limerick è stato portato alla fama da un bizzarro scrittore e pittore inglese, vissuto a lungo in Italia (è sepolto a Sanremo). Si chiamava Edward Lear.
 

Ho ritradotto uno dei suoi limerick: «C’è un allegro signore di Ischia/ che di esser grottesco s’infischia. / Danza gighe e gavotte /mille fichi s’inghiotte / quel vivace signore di Ischia». Ci si potrebbe chiedere perché «Ischia» debba far ridere, mentre invece sono indubbiamente titoli seri La morte a Venezia, La Certosa di Parma, Le mille luci di New York. Non è «Ischia» a far ridere, fa ridere il contesto. Ma la presenza del toponimo rende il tutto un po’ più bizzarro. Sono cose difficili da spiegare, si tratta di sfumature. «Ho fatto il militare ad Albenga», «Ho fatto il militare a Napoli», «Ho fatto il militare ad Ancona» non fanno ridere. Ma «Ho fatto il militare a Cuneo», invece sì. C’è un perché? Del resto non si può mica pretendere che le leggi del nonsense non siano insensate.

In certi casi la sonorità aiuta: ai bambini piace sempre passare da Casalpusterlengo, da Abbiategrasso o da Poggibonsi, e gli abitanti di Forlimpopoli o Canicattì sanno di cosa stiamo parlando. Ma nel caso di Cuneo, e di Totò, l’unico aggancio è la prima sillaba «Cu», che anche al netto delle accezioni nei dialetti del Nord ha una sua attrazione. La U è la vocale più comica. Totò ha recitato anche nel film I pompieri di Viggiù. Quando si canta «Garabalda fa farata», «Gherebelde fe ferete» «Ghiribildi fi firiti» «Goroboldo fo foroto» il pezzo forte è sempre il finale: «Gurubuldu fu furutu, fu furutu un unu gumbu, Gurubuldu cu cumundu, cu cumundu u su suldù». Cantandola in coro è difficile non doversi interrompere per le risate collettive. Ma basta per rendere «Cuneo» un toponimo più comico di «Torino»? No, è chiaro, lì ci vuole il genio di Totò. La linguistica insegna che in caso di dubbi quella che va fatta è una «commutazione». Per esempio, un titolo come quello del film L’anno scorso a Marienbad sarebbe altrettanto affascinante se fosse «L’anno scorso a Isernia»? O «L’anno prossimo a Fregene»? Non vale dire che Isernia e Fregene ci sembrano località poco letterarie, perché immagino che pochi abbiano nozioni molto precise sul fascino effettivo di Marienbad. È che ci lasciamo suggestionare dai nomi. La prova di commutazione non lascia scampo: Ultimo tango a Zagarol, parodia con Franco Franchi del film di Bernardo Bertolucci, non avrebbe avuto lo stesso (clamoroso) successo che ha avuto se si fosse intitolato a un’altra località della provincia romana (Ultimo tango a Palestrina? Mah).

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