Umeå, circolo polare culturale

Riccardo VenturiRiccardo VenturiRiccardo VenturiRiccardo VenturiRiccardo VenturiRiccardo Venturi

Per quale motivo l'Unione Europea ha puntato convinta al Nord del Nord. E ha scelto di affiancare alla capitale lettone Riga, quale Capitale europea della cultura 2014, una remota città svedese a meno di tre gradi dal Circolo Polare Artico e con lo stesso numero di abitanti di Forlì o Siracusa? Siamo andati a vedere se e perché Umeå è davvero così speciale.

Furono il francese Jack Lang e la greca Melina Mercouri, ministri della Cultura nei rispettivi Paesi, a dare il via all’iniziativa delle Capitali europee della cultura. Era il 1985 e la scelta cadde su Atene. Oggi, mentre il faro acceso nel 2013 sulla slovacca Košice e su Marsiglia si spegne, è la volta dell’accoppiata tra la lettone Riga e Umeå. Che cos’ha quest’ultima di speciale? Per quale motivo l’Unione Europea ha puntato convinta al Nord del Nord, scommettendo su una remota città svedese con lo stesso numero di abitanti di Forlì o Siracusa?

Umeå è a meno di tre gradi dal Circolo Polare artico, da Stoccolma ci vogliono otto ore via terra (in auto; una e mezza in meno col treno), ne basta poco più della metà in nave per la finlandese Vaasa, dall’altra parte del golfo di Botnia. Immersa nel mare di abeti e betulle della contea di Västerbotten, Umeå ne condensa l’oleografia scandita da acrobazie gutturali sami tra sbuffi di alci, venti sibilanti, assoli di musica rock. E ticchettare di polpastrelli su tastiere, sono infatti tanti (e di peso) gli scrittori locali. Uno su tutti: Stieg Larsson.

Gli innumerevoli laghi e fiumi della regione sono tutti orientati da nordovest a sudest, una raffica sterminata di graffi azzurri. Per i geologi sono altrettanti indicatori liquidi di una morfologia legata a una cappa di ghiaccio che s’è ritirata tardi. Il risultato? Tremila laghi, duemila chilometri di vie fluviali. Sette di queste – Vindel, Ume, Öre, Lögde, Gide, Ångerman, Sax – cadenzano il tracciato della Konstvägen Sju Älvar (strada artistica dei sette fiumi): 350 chilometri tra Holmsund, il porto di Umeå, e Storjola, sotto ai monti norvegesi. Seguono l’evoluzione degli insediamenti dalla costa all’entroterra e sono punteggiati da dodici opere. Alcune sono capolavori di land-art, altre potrebbero trovare dimora in un museo.

 

Il trinomio fiumi-memoria-arte s’affaccia spesso, è il cuore di River Stories, uno dei progetti del denso calendario del prossimo anno (consultabile su www.umea2014.se). Performance itinerante che combina danza e poesia coi cori joik, sublima il tutto nel musical Stor Nila su musiche di Per Egland ispirato alla vita dei sami nell’Ottocento e che debutterà a marzo 2014.

Torniamo alle sculture, restando in città. O quasi: a Umeå le distanze sono relative. In pochi minuti si percorrono i quattro chilometri per l’aeroporto – c’è chi, bagaglio permettendo, ci va in bicicletta – o i cinque per Umedalen (valle dell’Ume, il fiume cui Umeå deve il nome). Da quando è stato inaugurato vent’anni fa lo Skulpturpark ospita creazioni di talenti locali e internazionali: si danno il cambio nell’ex istituto psichiatrico in cui sono dislocate, oltre duecento dagli esordi, presidiando vialetti, siepi ed edifici. Ogni tanto si scorge un finto segnale stradale, fateci caso ma non date (troppo) retta al messaggio: si tratta delle ironiche provocazioni di Mikael Richter. Il fil rouge in 3D si fa più emblematico nel nuovo, ennesimo centro della città. Un’enorme molletta campeggia sul greto del fiume, morde uno sbalzo verde del terreno e tiene insieme così, icona improbabile ma azzeccata, l’afflato creativo delle arti col rigore delle scienze. È di legno e metallo, si chiama Skin-4 e l’ha realizzata il turco Ali Uysal. Alle spalle della scultura si trova l’Umeå Art Campus, compendio di sapere applicato e innovazione, forme e formazione. Ideato dagli autori del Design Center e dell’Opera House di Copenaghen, è stato inaugurato due anni fa. Ospita il Bildmuseet, l’Accademia di belle arti, l’Istituto di design e la Scuola di architettura.

È all’eccellenza accademica – quella scientifica, col biotech in testa, e quella umanistica – che Umeå deve molto della fama di incubatore culturale. Per rendersene conto basta fare un giro al campus universitario, magari partendo proprio da un’altra scultura: la Norra Skenet si staglia poco oltre l’ingresso da quasi mezzo secolo, l’età dell’ateneo. Non è forse un caso che proprio contro Uppsala – da mezzo millennio sede di un prestigiosa «regalis universitas» – Umeå s’è battuta per la candidatura svedese come Capitale della cultura.
 

Cinquant’anni fa Umeå era un macrovillaggio di 60mila abitanti. Pochi studenti. Niente decani, giusto qualche praticante di odontoiatria. Più numerosi gli operai alla Volvo – qui si producono le cabine dei camion pesanti – e ancora di più quelli che commerciavano in legname o che affollavano la guarnigione militare, oggi dismessa. Tute blu e mimetiche, motoseghe e granate definivano il contesto urbano. Poi la svolta, un boom la cui onda d’urto si propaga ancora oggi: la popolazione è passata a quasi 120mila unità, la metà dei residenti ha meno di 35 anni.

La formula è semplice e inedita, funziona solo da queste parti. Poggia su fondi generosi – pubblici e privati, miscelati con sapienza – a servizio delle arti e delle scienze. Consente una crescita guidata e spontanea allo stesso tempo; soprattutto, partecipata. La musica ne è l’esempio migliore. La Norrlandsoperan non è un banale teatro d’opera: è un’istituzione innovativa, è all’avanguardia da quando è nata quarant’anni fa.

È proprio al 1974 che risale la spinta più decisa e decisiva al rinnovamento. In quell’anno la Svezia adottò una nuova costituzione e Umeå fu una delle realtà urbane che ne colsero la portata modernizzatrice con più entusiasmo e capacità. La Norrlandsoperan occupa oggi gli spazi di una ex caserma dei pompieri, racchiude la galleria d’arte contemporanea Vita Kuben e a pochi metri sta per aprire una cittadella della musica. Conterrà Guitars. The Museum, probabilmente la collezione di chitarre elettriche più importante al mondo.
 

Di primati musicali Umeå ne ha comunque altri: vanta il negozio di dischi più vecchio della Svezia, si chiama Burmans e in 60 anni non s’è mosso dal civico 56 di Kungsgatan. Umeå è stata la culla del movimento giovanile straight edge: tonnellate di decibel e giacche di pelle borchiata ma niente alcol, fumo o droghe. È stata ed è un presidio geograficamente periferico e artisticamente centrale della scena jazz nordeuropea e nordamericana. Ideare, comporre e mettere in scena non è però solo «roba da grandi», la partecipazione è una cosa seria. Al Kulturverket, istituzione culturale comunale, lo sanno bene: da anni mettono in piedi progetti in cui le intuizioni artistiche dei più piccoli vengono prese in consegna da professionisti che in un dialogo alla pari lavorano insieme a creare performance musicali e non.

Umeå invita al racconto in tempo reale, all’ascolto e all’esplorazione di un’estasi compassata ma non passiva. Pare sospesa e lontana, è però più viva e in movimento che mai. Troppe parole? Troppi suoni? Chi cerca silenzio e immersione trova entrambi in un ambiente gestito da una cooperativa di volontari, il Bokcafè Pilgatan, buen retiro di intellettuali in cerca di nuove letture (e ottimi biscotti). Chi invece non ne ha abbastanza segua Anders Lind: col suo progetto Voices of Umeå ha campionato voci e suoni della città per una composizione originale. E consente a tutti, residenti e non, di aggiungere le proprie note. Di viaggio, perché

Fotografie di: Riccardo Venturi
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