Tre giorni a pedalare lungo il Po, con qualche parentesi di navigazione, per seguire il tratto centrale del percorso. Esperienza alla portata di tutti, purché capaci di uscire dagli schemi del turismo preconfezionato. Anche di chi, come me, ogni giorno fa quella poca strada col bike sharing. La sintesi dei “miei” 138 chilometri? Una serie di instagram, le polaroid dei social network.
Nel primo la carovana di Vento è a palazzo Farnese, Piacenza: dopo un po’ di riscaldamento nel verde del Trebbia, il tondo di Botticelli che vi è custodito è l’occasione per riflettere sul contributo del cicloturismo nel valorizzare il patrimonio culturale. Nello scatto successivo c’è la scolaresca entusiasta che assiste alla presentazione di Vento nella sala delle idrovore della Finarda, alle porte della città. Per poi riprendere la gita in bici, scortata da bidelli e insegnanti a loro volta su due ruote. Un fotogramma più avanti i protagonisti sono i blocchi di cemento e le sbarre ammazzaciclisti che tagliano l’argine: dovrebbero fermare le auto ma sono invalicabili pure per noi. Per scavalcarli solleviamo a una a una le bici; una fatica che ripeteremo più volte. La rocca di Maccastorna e il suo rosaio fiorito, nell’instagram che segue, sono uno dei molti angoli di paesaggio doc che il turismo lento in bici dischiude prima di arrivare a Cremona. Città a misura di bici ma con trappola: se non sei nato nella patria di Stradivari, come orientarti senza ricorrere al satellitare? La segnaletica è solo per le auto e l’indicazione “imbarco turistico” ti spedisce in tangenziale. Soluzione: intervistare i rari pedalatori del primissimo mattino.
Lo scatto dopo, in navigazione sul Po, restituisce panorami riservati a pochi viaggiatori; insoliti quanto realizzare, allo sbarco a isola Pescaroli, che il chiosco di pesciolini fritti non può sfamarci; siamo solo in sette, ma la dispensa è vuota... Un instagram più avanti, ecco le chiazze di pioppi accarezzate dalla brezza a Casalmaggiore, viste dall’argine maggiore. Regalano mille sfumature di verde-grigio e nascondono le lottizzazioni di villette dai colori e dagli stili improbabili a ridosso della golena. Tanto brutte da far apparire gradevoli le fabbriche di Viadana.
Zero immagini, invece, sul ponte per Boretto. Di quello di barche, fissato nella memoria collettiva dai film di Don Camillo e Peppone, sopravvive un lacerto sulla sponda destra; l’attuale è stracarico di auto e camion; e vibra sotto il loro peso. Addio poesia dello scavalcare il Grande Fiume. E lodevole che Vento comprenda un abaco degli interventi su strade, argini e ponti per la messa in sicurezza di chi percorrerà la ciclovia. Ultimo instagram, di nuovo in barca diretti verso la terremotata abbazia di San Benedetto Po, tra le lanche del fiume, in riserve naturali degne di ben altra attenzione rispetto a oggi. Sempre che Vento riesca a rimorchiare questi territori fuori dalle secche dell’oblio.