di Stefano Bartezzaghi
Perché il Po si chiama così? E il Piave perché oggi è un nome maschile e prima della Grande Guerra era femminile? E il Bormida è maschile o femminile, la Bormida? In Italia milla acque cambiarono sesso per imitare il Piave.
L'ippopotamo si chiama così perché veniva considerato come un cavallo (greco: hìppos) di fiume (greco: potamós). Spesso le cose ricevono nomi per analogia. World Wide Web letteralmente significa «ragnatela grande quanto il mondo». Ragnatela? Sì. Navighiamo in una ragnatela. Magari nel Tremila qualcuno riderà della nostra analogia con la ragnatela, così come noi oggi ridiamo dell’ippopotamo come cavallo di fiume. I bambini ridono dell’ippopotamo, considerano goffi sia il suo nome sia le sue fattezze. Non sanno nulla dell’etimologia «cavallo di fiume», ma probabilmente quelle P ripetute lo fanno sembrare un nome-giocattolo, dentro al quale, oltretutto, si trova la magica parola «popò». L’enigmista, che è un bambino che un po’ di etimologia la mastica, si incuriosisce perché nel cavallo di fiume si ripete due volte il nome del fiume principale d’Italia: il «Po». Già. Perché il Po si chiama così? Nomi propri di due sole lettere non ce ne sono poi molti. Nessun nome di persona, almeno in italiano; qualche cognome (come Re, o Bo). Il nome antico del Po era Padus, volgarizzato in Pado, e dialettalmente eroso in Pao e finalmente Po. Da dove venga «Padus» è malcerto, ma tutti vi riconoscono la radice di «padano», da cui la trovata della «Padania», che non è del tutto un’invenzione leghista. A proposito di uso politico-propagandistico dei nomi dei fiumi: nel viaggio che la scorsa estate ha compiuto nei luoghi della Grande Guerra Paolo Rumiz ha raccontato che il Piave «si chiamava la Piave, ma nel 1918 Gabriele D’Annunzio decise che non poteva essere femmina. Maschio doveva diventare, se aveva respinto il nemico dopo Caporetto. Così, mentre in Francia i fiumi di guerra come la Marna o la Somme conservarono i loro nomi di ninfe, in Italia mille acque cambiarono sesso per imitare il Piave, in una moda patetica incoraggiata dal fascismo» (la Repubblica, 21 agosto 2013). Infatti noi cantiamo «La Canzone del Piave», ma Dante aveva scritto «In quella parte de la terra prava italica che siede tra Rïalto / e le fontane di Brenta e di Piava» (Paradiso, IX. 25-27); e nei dialetti veneti si dice ancora «la Piaf» o «la Piau».
E sempre Dante, ma all’Inferno, parla dei «Padoan lungo la Brenta». Vi piacerebbe di più parlare una di quelle lingue, come l’inglese, in cui non esiste il genere? Sarebbe certo molto più semplice. Il genere di sostantivi e aggettivi non serve a nulla, se non a confonderci le idee tra genere e sesso con parole come «la sentinella» e «il soprano» (per non parlare delle spinose decisioni da prendere su «ministro» o «ministra» ecc.). Però è difficile non avvertire anche il fascino che i generi grammaticali guadagnano proprio con la loro maledizione. La parte della linguistica che studia i nomi dei fiumi si chiama «idronimia» e spesso è alle prese con nomi transgender. Ci sono fiumi maschili e fiumi femminili, fiumi che hanno cambiato genere (come appunto la Piave) e fiumi grammaticalmente ermafroditi: il Bormida o la Bormida? Si può dire in entrambi i modi. In Francia e in francese non ci sono solo «fiumi»: ci sono i fleuves (maschile) e le rivières (femminile). I fleuves sono quelli che sfociano nel mare, le rivières sono i corsi d’acqua di media entità, e affluiscono nei fleuves. La Loire (femminile) è un fleuve (maschile). Il Loir (che si pronuncia come Loire) è maschile, ed è una rivière (femminile). Il Loir confluisce nella Sarthe, che poi forma la Maine che poi si getta nella Loire. Quindi, mentre la Piave femminile si trasforma nel Piave restando il medesimo fiume, il Loir maschile si trasforma nella Loire femminile diventando un fiume diverso. Come diceva Eraclito, non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume. È già tanto poter continuare a chiamarlo con lo stesso nome