di Vittorio Emiliani
Nel parco della Maremma, non lontano da Marina di Alberese, l'abbazia benedettina di S. Rabano, su una sella alta 320 metri sul mare, fra Poggio Uccellina e Poggio Lecci, oggi restaurata, è tornata a nuova vita, tra spiagge deserte e macchia mediterranea
Ci andai una prima volta quando il parco regionale si chiamava ancora dell’Uccellina e non era allargato alla dimensione attuale della Maremma. Si camminava fra la macchia mediterranea, davvero splendida, e i resti delle torri di avvistamento, fra i ruderi potenti di più antichi castelli. Su questa spiaggia solitaria erano sbarcati i guerrieri del feroce pirata Barbarossa di Algeri per rapire nel Cinquecento la bellissima Marsilia dagli occhi viola e portarla a Solimano nel cui harem l’avvenente giovane sarebbe presto salita al rango di preferita. Sulle coste italiane rese deserte dalla malaria endemica alcuni rapimenti di bellezze locali sono realmente avvenuti anche nell’Ottocento e a uno di questi si riferisce il bel libretto di Angelo Anelli per la strepitosa Italiana in Algeri del ventunenne Gioachino Rossini.
In anni più recenti qualcosa di nuovo si è aggiunto al fascino già straordinario della macchia mediterranea e di quelle spiagge deserte dell’Uccellina dove si aggiravano buoi maremmani dalle lunghe corna ricurve oppure robusti cavalli bai di questa stessa regione. Ed è il restauro, attento e faticoso, della monumentale abbazia di S. Rabano (per anni interrata) da parte della soprintendenza.
La scarpinata per arrivarci da Pratini è lunga. Quasi otto chilometri di salita fra le roverelle. Però ne vale la pena. Pochi affacci dall’alto sul mar Tirreno sono affascinanti quanto questo dove prese dimora l’eremita Rabano. Dall’altura il terreno precipita a strapiombo fino all’arenile e poi al mare intensamente azzurro. Alle nostre spalle si leva il poderoso campanile dell’abbazia che attorno all’anno Mille fu edificata dai monaci benedettini in onore di Santa Maria Alborense venerata ad Alberese. È un romanico di proporzioni più forti di quelle toscane. Accade spesso con le abbazie che sorgono (come la splendida S. Antimo presso Montalcino) sulla via Francigena, poiché a esse lavorarono maestri lombardi.
Siamo su di una sella alta 320 metri sul mare, fra Poggio Uccellina e Poggio Lecci, il più alto, a 417 metri. Dopo il Mille l’abbazia fu fortificata, dotata di torri di avvistamento contro le scorrerie. La vita dei monaci vi era diventata precaria. Così difesa, costituì un riferimento strategico per l’area più a sud del Comune di Grosseto vivendo momenti molto alti nel Duecento. Ma la crisi del monachesimo benedettino sopravanzato dagli Ordini dei mendicanti e dei predicatori che andavano fra la gente investì anche questa abbazia ceduta nel Trecento ai Cavalieri di Gerusalemme.
La sua decadenza sarà parallela al rafforzarsi dell’abitato e della chiesa di Alberese e all’azione dello Stato senese contro l’abbazia ritenuta covo di ribelli e di fuorusciti. È in questa fase che vi prende dimora l’eremita Rabano (che non è il teologo Rabano Mauro di Magonza), in seguito beatificato, che dà il nome alla località. Di lui, in fondo, ben poco si sa. Ma che importa fra tanta bellezza?