di Riccardo Pasini | Fotografie di: Beth Wald
Cronaca di un viaggio d’autore in ferrovia nel regno degli antichi Inca, ai confini del mondo e ad alta quota, dal lago Titicaca a Cuzco e a Machu Picchu attraverso i villaggi sperduti dell’altopiano andino, estasiati da paesaggi mozzafiato
Era una domenica mattina, a Milano. Una di quelle domeniche in cui sembra di essere in vacanza: sole, negozi aperti, prima colazione in compagnia della persona che ami e di un imboscato, un passerotto a caccia delle briciole del mio cornetto. Un viaggio nasce quando meno te l’aspetti. Entrando in libreria mi faccio subito attrarre da un banchetto di libri sui viaggi.
Il libro 400 viaggi da sogno, edito dalla National Geographic è il primo che ci capita in mano. In realtà l’avevamo aperto per compiacerci e scoprire quante di quelle mete ambite già fossero nel nostro palmarès da viaggiatore. Invece il caso ha voluto che aprissimo il libro proprio su una foto piena di colori accesi, che rappresentava perfettamente il mio concetto di viaggio: ambizione, fatica, scoperta, isolamento. Era la foto di un treno su un tracciato di montagna: un percorso in salita, come se tendesse a una meta per altri irraggiungibile, ma per lui così vicina dopo tanto sferragliare. Mi sono subito immaginato l’atmosfera a bordo... La mia compagna di viaggio era lì con me, quindi perché non decidere subito? Saremmo partiti per viaggiare su quel treno. Avere come meta un treno?! La cosa mi divertiva già di per sé. Dove fosse quel luogo lo scoprimmo da lì a poco: era un posto da cartolina nel pieno del Sud America, in Perú. Quel treno collega il lago Titicaca a Cuzco, la città ai piedi di Machu Picchu. In sole tre righe c’era la conferma che quello era un viaggio da fare: il Titicaca è il lago navigabile più alto al mondo (si trova a quasi 4mila metri di altitudine). E poi la foto di Machu Picchu caratterizzava la copertina del mio sussidiario alle elementari: rappresentava per me bambino il simbolo di qualcosa di irraggiungibile perché tanto lontano.
Così ci siamo messi subito a cercare un volo, tanto le vacanze non erano lontane. La destinazione sarebbe stata Puno, un paese sulla riva del lago; qui c’è la stazione di partenza del treno. Avremmo potuto così visitare la riva peruviana del Titicaca e poi dirigerci verso Cuzco e la montagna sacra.
Organizzare il viaggio è stato comodo, ma non semplicissimo. Abbiamo infatti prenotato tutto via internet (grazie a siti chiari e affidabili), ma i sistemi di pagamento e di prenotazione ogni tanto fanno un po’ di capricci. Le loro connessioni infatti non sono molto stabili e spesso sul più bello l’operazione non va a buon fine. Occorre insistere e soprattutto procurarsi i biglietti del treno in tempo. L’affluenza è infatti altissima e, lungo il tragitto Cuzco-Machu Picchu Pueblo (il paese della montagna sacra), il treno è sempre molto affollato.
Una volta in volo ho fatto ciò che di solito non faccio mai prima di intraprendere un viaggio. Mi sono messo a leggere la guida (normalmente sono un lettore a posteriori, quando sono rientrato dal viaggio, per approfondire le curiosità suscitate). E anche questa volta avrei dovuto farlo dopo. Invece leggendo quanto dice la Lonely Planet ho scoperto che viaggiare in treno è la scelta meno opportuna da fare in quanto il costo del viaggio in ferrovia è 7 volte più caro del bus che segue un tracciato parallelo. Questa scoperta mi ha lasciato sconcertato e deluso facendomi perdere l’entusiasmo che avevo provato leggendo il libro. In realtà non è poi così perdente il viaggio in treno: il costo è davvero alto (200 dollari Usa, circa 170 euro, contro circa 25 euro), ma il treno taglia i mercatini di vari villaggi e sale su per i monti raggiungendo quota 4319 di altitudine, in scenari incontaminati. Temo che chi ha scritto la guida si sia limitato a verificare su una piantina il percorso della ferrovia, rinunciando a una vera esperienza di viaggio. Per vivere un viaggio d’altri tempi. Dalla cartina infatti sembra che i percorsi siano affiancati, ma in realtà il treno viaggia vicino alla strada solo per pochi tratti.
L’arrivo a Puno ci lascia perplessi. Quasi delusi. C’è un traffico da città e il conseguente smog, accentuato dalle strade strettissime e dalla rarefazione dell’aria causa l’altitudine elevata. Gli alberghi non sono curatissimi, al contrario di altre città del Perú, ma certo l’accoglienza è quella tipica sudamericana, molto cordiale e spontanea, e questo fa scordare ogni disagio subito. Il suggerimento è di organizzarsi il giro della città, come se fosse poco più di una passeggiata, da farsi nei tempi morti del soggiorno, dedicando il resto del tempo alle gite fuori porta: infatti i dintorni di Puno, dal punto di vista del folclore locale, sono molto interessanti. Per esempio,
con poche ore di barca sul lago Titicaca si arriva alle Isole galleggianti degli uros: questo popolo, dagli abiti coloratissimi e dai sorrisi contagiosi, ha sviluppato una tecnica grazie alla quale, utilizzando zolle di terra contenenti radici di una pianta simile al bambù, e unendole tra loro, riescono a costruire ex novo vere e proprie isolette, su cui poi abitano.
Gli uros sono giunti in questo luogo come fuggiaschi e costruire le isole fu per loro una necessità vitale. Infatti erano in fuga dalle tribù dei Collias e dagli Inca che volevano schiavizzarli. Oggi invece sono una vera attrazione turistica, a volte anche fin troppo abusata dalle agenzie.
Con un’altra ora di barca si può arrivare sull’isola naturale di Taquile. Da tener presente che il costo del viaggio è inversamente proporzionale alla sua durata. Quindi se si vuole fare l’escursione in giornata è meglio spendere un po’ di più, ma garantirsi una barca veloce, altrimenti con barche economiche ma lente rischiate di arrivare e di dover ripartire subito per il sopraggiungere della sera.
Arriviamo a Taquile nel pieno di una festa. Nella piazza centrale in cima all’isola (ci si arriva con un po’ di fiatone, a causa anche dell’altitudine), si svolge un ballo in costume. Danzatori e musicisti si spostano a ritmo di una musica coinvolgente. Trovarsi a sorridere guardando questo tripudio di colori, che contrasta con la pietra antica e il blu del cielo, è cosa normale. Tutt’intorno bancarelle con oggetti di artigianato locale, tra cui soprattutto guanti e cappelli. E, per pranzo, una trota alla piastra affiancata a saporitissimi tuberi non te la nega nessuno.
Trovarsi alla stazione di Puno è come fare un salto indietro nel tempo. Già vedere facchini in livrea occuparsi dei bagagli è preludio di un servizio molto attento e tradizionale. Quasi inimmaginabile. La convocazione nella sala d’attesa di prima classe (unica disponibile) è alle 7,30 del mattino. Controlliamo se disponiamo delle necessarie provviste per dieci ore di viaggio e ignoriamo bellamente ciò che ci sta accadendo intorno. Dopo uno sguardo alle carrozze non mi sarei stupito se fosse spuntato all’improvviso l’investigatore Poirot di Agatha Christie. L’atmosfera, in effetti, sembra proprio quella dell’Orient Express. Il personale del treno è più simile a quello dei maggiordomi, boiserie ovunque (bagno compreso, dove c’è anche un portafiori con delle rose fresche), poltrone da casa al posto dei soliti sedili, lampade in ottone e moquette come fosse un tappeto antico.
Il treno fischia e si mette in moto. È una partenza emozionante. Inizia il viaggio. Dal finestrino si susseguono prima le immagini della città al risveglio (il treno passa nel pieno centro come fosse un tram), poi il lago Titicaca illuminato da una luce calda che rende ancora più dorati i campi tutt’attorno. Il percorso è vario: più volte il treno attraversa i cuori dei mercati dei paesi e spesso gli ambulanti locali che stendono le loro mercanzie anche sulle rotaie sono costretti a veloci arretramenti appena sentono il fischio del convoglio in arrivo. La confusione è massima perché oltre al ritiro della mercanzia si deve interrompere anche la più fortunata trattativa. Molti poi salutano e dal treno si risponde al saluto. Mi convinco sempre più che questo non è un viaggio, ma una gran festa popolare. Allegria pura, supportata dai colori della natura e delle lane peruviane. Chi è a bordo come noi si cimenta dal finestrino nei saluti come se fosse la Regina d’Inghilterra all’ennesima sfilata: saluti, sorrisi e ancora saluti. Tanto entusiasmo ci fa distrarre e non si riesce nemmeno a fare tutte le fotografie che invece questi ambienti meriterebbero. Il percorso è di poco meno di 400 chilometri, ma il treno si muove lento e si ha tutto il tempo di far decantare tutte le emozionanti sensazioni vissute.
A bordo sia lo spuntino sia il pranzo sono da vera nouvelle cuisine. Il cameriere ci sottopone addirittura la lista dei vini (e pensare che nello zaino ci eravamo portati addirittura un bottiglione di acqua) e poi apparecchia il tavolino con le posate d’argento. Nel lento contemplare, c’è tempo anche di fermarsi e scendere per qualche minuto dal convoglio. Arriviamo a La Raya, il punto più alto del percorso della ferrovia. Il silenzio è assordante. La gente lungo i binari ci accoglie sorridente e incuriosita. Sembra finta per quanto è fuori dal tempo, come la nonnina che mi saluta per prima. Tante rughe da sembrare più che centenaria.
Sul treno c’è sempre più un’atmosfera di raccoglimento e serenità, come se la frenesia dei nostri tempi venisse stemperata dal passare di ogni lento chilometro. Il sole ci saluta con gli ultimi raggi, e quando è buio il treno entra in punta di piedi a Cuzco, come se non volesse disturbare la ritrovata civiltà.
Cuzco è stata la capitale dell’impero inca e ancor oggi è considerata la capitale storica del Perú. Merita una visita di qualche giorno: consiglio a ogni turista di dedicare parte del tempo a disposizione per camminare nei suoi vicoli acciottolati e rigorosamente in salita su cui si affacciano i numerosi negozi di antiquariato, ma anche di arte contemporanea. Gli stessi alberghi, in stile coloniale, sono spesso veri e propri hotel boutique, con grande attenzione a ogni dettaglio. Anche l’offerta dei ristoranti è per intenditori: propongono oltre a un’ottima cucina, anche ambienti accoglienti e ricercati. Per godersi l’atmosfera di Cuzco occorre però prenotare per tempo anche solo per un pranzo di mezzogiorno.
Da Cuzco parte il treno per Machu Picchu. Molti turisti scelgono di fare la gita in giornata, evitando di fermarsi la notte. Questo implica un ritmo molto serrato della visita, a partire da un’alzataccia mattutina. Machu
Picchu tanto è bello, quanto è attrazione turistica con tutti i difetti del caso. Occorre tener presente che, nonostante la fama mondiale, Machu Picchu Pueblo (il paese ai piedi della montagna sacra) noto anche come Aguas Caliente (così chiamato perché ospita piscine di acqua termale) non riesce a essere all’altezza delle aspettative. I ristoranti a prezzi fisso, per esempio, propongono tutti lo stesso menu, e l’ospitalità – salvo le dovute eccezioni – lascia spesso molto a desiderare.
Solo Machu Pichu fa la differenza e riesce a sorprenderti, anche se te lo aspetti, con le sue incredibili rovine. Nonostante l’inarrestabile fiumana di turisti è riuscito a conservarsi in modo quasi perfetto. La sua bellezza è intrinseca. E pensare che per me era solo la copertina di un libro