Gioielli di famiglia. A Massafra

Franco Spuri Zampetti

Questo mese Vittorio Emiliani ci guida in un canyon carsico nel Tarantino, ricco di flora e di fauna, abitato dalla preistoria fino al XV secolo. Una Puglia poco conosciuta e tutta da scoprire. Lontano dai luoghi comuni.

Se volete godervi un grande spettacolo naturale recatevi, prima del grande caldo, in una delle trecento gravine in Puglia, soprattutto nel Tarantino: canyon nostrani di rocce carsiche in questa stagione abbelliti, specie quelli sul mar Ionio, da ogni sorta di fiori spontanei emergenti fra tante sfumature di verdi.

Ve ne propongo in particolare una, nei pressi di Massafra, detta in antico la Tebaide d’Italia, a ovest di Taranto: la gravina della Madonna della Scala, già della Cerva, sorta dove si venerava Artemide cacciatrice. Un vallone ricchissimo di specie vegetali, di fiori e di erbe anche officinali: addirittura seicento, catalogate dal solito studioso svizzero-tedesco.
Nelle gravine l’uomo ha abitato nel neolitico e nell’età del Bronzo creandovi città rupestri. Furono riutilizzate nel III secolo d.C. quando, tramontata la Pax Augusti, sono divenute lo stabile rifugio dalle scorrerie piratesche e barbariche.

Veri e propri habitat sorti attorno a santuari rupestri, prima pagani e poi cristiani, a insediamenti di monaci italo-greci, fra il VI e il VIII secolo d.C. Qui infatti è stato rintracciato un tesoretto di monete in uso presso i Vandali e i Bizantini. Questa come altre gravine fu stabilmente abitata fino al secolo XV. Poi vennero abbandonate e la natura rigogliosa le ha di nuovo invase. Visitatele soprattutto nella stagione della fioritura. La Madonna della Scala a me si presentò sopra una marea verdeggiante, piena di fiori e di colori insoliti, che scoscendeva verso l’azzurro dello Ionio, inframmezzata da rocce di tufo di un giallo caldo, densa di «occhi» scavati che sono stati per secoli residenze, con cisterne per le acque, con mangiatoie e stalle per gli animali.

Nelle gravine pugliesi furono sovente ambientate storie di riti stregoneschi, di maghi e di masciare. Di fianco alla Madonna della Scala balza agli occhi una faglia rocciosa segnata da grotte: la chiamano la «farmacia» del leggendario Mago Greguro che qui avrebbe operato, attorno al­l’anno Mille, con la figlia Margheritella, in dodici cavità fra loro comunicanti. Insieme raccoglievano e catalogavano le tante erbe curative.

Molti anni fa un giovane gesuita massafrese, Cosimo Damiano Fonseca, divenuto poi medievalista di grande spicco, appoggiato a un muro interno di S. Maria della Scala, affacciata sulla gravina, batté forte con le nocche sulla parete alle sue spalle. Gli rispose l’eco forte, sonora di un inequivocabile vuoto. «Qui dietro», disse Cosimo, «c’è una chiesa rupestre.» Emersero gli affreschi colorati che, molti anni dopo, si possono ammirare in quel luogo.

In questi canyon pugliesi si sono salvate alcune delle specie più minacciate del Mediterraneo: il raro capovaccaio, il falco pellegrino, il lanario, il gufo reale, il corvo imperiale, il gheppio, il passero solitario. Fra i lecci, dentro la macchia, vi striscia il colubro leopardino, il più colorato dei serpenti europei, e nelle cavità umide e fresche compaiono volpi, faine, tassi, istrici.

Fotografie di: Franco Spuri Zampetti
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