San Remo, la città riaperta

Zoe VincentiZoe VincentiZoe VincentiZoe VincentiZoe VincentiZoe Vincenti

Dietro lo sfarzo del Festival e del Casinò c’è un altro mondo: un’affascinante spirale di vicoli per anni abbandonati a se stessi. Alla scoperta della Pigna, nucleo storico a metà strada fra la Genova di Fabrizio De Andrè e la casbah di Algeri, accompagnati da guide molto speciali: quelli (e quelle) che non l’hanno mai abbandonata, rimboccandosi le maniche per farla rinascere. Anche con l'aiuto di un artista di fama internazionale: Michelangelo Pistoletto

Tutti conoscono San Remo, la città dei fiori, del festival e del casinò. Perfino i numerosi turisti russi che arrivano per rivivere i fasti della belle époque, sulle tracce dell’imperatrice Maria Alexandrovna, moglie dello zar Alessandro II. Pochi sanno, però, che cos’è la Pigna. E ancora meno sono quelli che l’hanno visitata. Eppure è questo il suo quartiere più antico, il primo nucleo, cuore e memoria storica della città.
«Io ero della Riviera di Ponente; dal paesaggio della mia città San Remo cancellavo polemicamente tutto il litorale turistico, lungomare con palmizi, casinò, alberghi, ville, quasi vergognandomene; cominciavo dai vicoli della Città vecchia...». Scriveva nel 1947 ne Il sentiero dei nidi di ragno Italo Calvino, che fino alla giovinezza abitò a Villa Meridiana, sede della stazione sperimentale di floricoltura diretta dai genitori, frequentando le scuole proprio alla Pigna.
Finita la guerra vennero gli anni della ricostruzione, quando i sanremesi sedotti dalla modernità si trasferirono in massa nelle anonime palazzine del boom economico, e la città vecchia fu abbandonata. Rimasero solo gli anziani e arrivarono quelli che non potevano permettersi di abitare altrove.

Da allora la Pigna si fece una brutta fama. Addirittura la gente temeva di avventurarsi nei suoi vicoli tortuosi, raggomitolati attorno alla collina fino ai giardini della regina Elena e al santuario barocco della Madonna della Costa, nelle sue piazzette ombreggiate dove gorgheggiano fontane antiche, fra i fugaci tagli panoramici sul mare e le terrazze segrete, invase dalle radici mostruose di ficus centenari.
Varcare le porte di S. Stefano e dei Vallai per immergersi nel­l’oscurità delle Rivolte di S. Sebastiano equivale a entrare nella pancia della balena: dall’altra parte aspetta la fontana di piazza dei Dolori e un altro mondo, dove le automobili non sono mai arrivate. Impossibile fare loro spazio fra i muri delle case che sembrano inchinarsi, dove i raggi del sole scivolano dritti per raggiungere i vasetti di basilico sui davanzali e la biancheria stesa ad asciugare.

Per molti anni incuria, povertà e pregiudizio hanno ridotto questa città nascosta nella città quasi a un ghetto nel retrobottega dello sfavillante teatro Ariston. Oggi invece chi si spinge fin qui non può che aggirarsi a bocca aperta per la meraviglia e perdersi fra le viuzze acciottolate a dorso di mulo, imbattendosi in un portoncino che si apre sugli affreschi di una minuscola cappella o in una scaletta che finisce con i piedi nell’acqua di una cisterna dimenticata. Oppure, come è successo a me in una sera d’estate, si ritrova invitato a cena nel giardino segreto di una casa privata. Bisogna aver la fortuna di incontrare uno degli eterni ragazzi dell’associazione culturale Pigna Mon Amour, ma non è difficile: sono spesso affaccendati a sistemare sedie e palcoscenici per un concerto o uno spettacolo in piazzetta dei Ferri o in piazza S. Brigida. Da quando ci sono loro ogni sera d’estate c’è qualcosa da fare.

Alla Pigna si respira il profumo affascinante della casbah maghrebina, del borgo medievale intatto e, finalmente, anche dell’inizio di una nuova vita. La rinascita – non poteva essere altrimenti – è cominciata dall’amore, quello di appassionati residenti per un luogo incantevole che incredibilmente nessuno voleva più ricordare. Un movimento che viene dal basso, dai cittadini alle istituzioni, e che vorrebbe portare con sé tutte le anime del quartiere, immigrati compresi. Un laboratorio sociale che ha ripulito stradine, sgombrato rifiuti, organizzato eventi e coinvolto artisti di fama internazionale. Come Michelangelo Pistoletto, che fra questi carruggi continua a tornare per le sue operazioni di arte partecipata, coinvolgendo bambini, anziani, sciure milanesi in vacanza, stranieri e giovani artisti di tutto il mondo inseriti nel progetto Unidee. Questa primavera Pistoletto porta a Parigi anche un pezzetto della Pigna, inserendo nella sua mostra personale al Louvre le immagini del Terzo Paradiso realizzato qui. E quest’estate, tutti i venerdì di luglio e agosto, arriveranno anche le azioni speciali inserite nei programmi della Summer School per tutte le età del dipartimento educazione del Castello di Rivoli in collaborazione con il locale museo civico.
 

Come nel labirinto di Alice nel paese delle meraviglie, sembra proprio che in questo dedalo di viuzze si concentrino energie speciali e attendano grandi ispirazioni. Lo sanno bene Chicca e Carlo – avvocato lei, restauratore lui – che ci sono tornati a vivere con i loro bambini, aderendo con entusiasmo all’associazione Pigna Mon Amour, che oggi conta più di duecento soci. Oppure Natale e la moglie, che di giorno fanno un altro lavoro, ma la sera nel loro minuscolo ristorante in piazza Cassini si dedicano alla loro passione, il recupero delle ricette dimenticate dell’antica cucina ligure.

O ancora le signore capitanate da Gladia (nella foto) del progetto Il filo della memoria, che a palazzo Gentili Spinola organizzano laboratori di musica per i bambini e insegnano alle donne maghrebine del quartiere a ricamare e a scrivere. E non soltanto a loro, perché Agata a settant’anni, quasi tutti vissuti alla Pigna, è da poco tornata sui banchi di scuola, scoprendo che non è mai troppo tardi per imparare, come ha spiegato con orgoglio ai giornalisti della televisione venuti per intervistarla.

Di piccole grandi scoperte, a San Remo, ce ne sono anche altre. Per esempio, da qui salpano spedizioni giornaliere in barca per avvistare balene e delfini. E ancora: a due passi dal mare, dove passava la vecchia linea della ferrovia Genova-Ventimiglia, oggi c’è una pista ciclabile: 24 km di percorso, facile e accessibile a tutti, da Ospedaletti e San Lorenzo al Mare, passando per Arma di Taggia e San Remo, attraverso piccoli borghi e tratti costieri un tempo inaccessibili. Lungo il percorso numerosi punti di noleggio biciclette e ristoro.

Secondo il diritto internazionale di guerra, il termine «città aperta» si riferisce a una città ceduta alle forze nemiche senza combattimenti, per accordo tra le parti belligeranti con lo scopo di evitarne la distruzione per il suo particolare interesse storico o culturale. Allora la Pigna è una città aperta due volte. La prima ceduta senza resistere all’oblio e al degrado, la seconda pacificamente invasa da cittadini di buona volontà e dall’arte come motore di trasformazione sociale attiva.
Nessuno può prevedere dove porterà quest’aria nuova, se alla speculazione immobiliare o alla città ideale aperta a tutti. Ma è un emozionante nuovo inizio, un’iniezione di ottimismo per chi ha voglia di venire a scoprirlo.

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Fotografie di: Zoe Vincenti
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