Petra, due secoli di emozioni

Monica VinellaMonica VinellaMonica VinellaMonica Vinella

Nel 1812, un archeologo svizzero innamorato dell’Egitto la scoprì tra le gole montuose del deserto giordano. Oggi come allora, la città rosa scolpita nella roccia lascia senza fiato.

«Petra è il luogo più bello della terra» scrisse Lawrence d’Arabia. «Non per le sue rovine, ma per i colori delle sue rocce...» 

Ibrahim ibn Abdallah era un uomo fortunato. Quando il 22 agosto del 1812, con una guida locale si avventura nello stretto siq fra i monti della Giordania, ancora non immagina che quell’esplorazione lo porterà a compiere una delle più grandi scoperte archeologiche: quella di Petra, la città perduta dei Nabatei, scolpita nella roccia almeno sei secoli prima della nascita di Cristo, conquistata dai Romani nel II secolo d.C. e poi di nuovo scomparsa, risucchiata in un limbo fra realtà e leggenda. Ancora oggi, a 201 anni dalla scoperta, Petra regala le stesse emozioni.

Seguendo Jamal, la mia giovane guida, nello stretto canyon all’inizio del sito...

Seguendo Jamal, la mia giovane guida, nello stretto canyon all’inizio del sito, rischio più volte di inciampare perché cammino con il naso all’insù, osservando le venature della roccia e la sottile striscia d’azzurro sopra di me. Penso a quanto debba essere magico di notte, sotto le stelle, alla luce di centinaia di candele (tour organizzato tre volte la settimana). E quando, dopo l’ennesima curva cieca, mi trovo davanti la facciata di al-Khaznah, “il Tesoro”, il primo dei grandiosi monumenti di Petra, immortalato in mille libri illustrati e in molti film (in Indiana Jones e l’ultima Crociata era il luogo che custodiva il santo Graal), capisco quello che Ibrahim provò. Perché lo provo anch’io. E dallo sguardo di Jamal, che pure ci viene tutti i giorni o quasi, capisco che lo prova anche lui. «Questo è il Tesoro che ci hanno lasciato i nostri antenati, noi dobbiamo conservarlo e farlo conoscere al mondo», dice con orgoglio.

Vorrei restare qui, la bocca spalancata per lo stupore come un bimbo all’apertura dei regali: in un mondo in cui abbiamo già visto tutto, Petra riesce ancora a sorprendere. Oltre il canyon la valle di pietra si allarga, e la roccia regala mille venature di colori incredibili. Un articolato complesso di edifici sacri e palazzi scavati nella montagna, alte tombe di nobili e di re, e poi terme, mercati, una maestosa via colonnata di epoca romana. Recenti studi hanno ipotizzato che in origine Petra fosse non solo uno snodo carovaniero, ma anche un centro di culto legato al sole, la luna e lo scorrere del tempo. Un mistero che aggiunge fascino alla città. sembra incredibile che sia stato possibile costruire un luogo simile in una regione semidesertica, progettando complessi sistemi di irrigazione.

Sembra incredibile oggi come duecento anni fa, quando un archeologo svizzero, Johann Ludwig Burckhardt, convertitosi all’islam e ribattezzatosi Ibrahim ibn Abdallah, scoprì Petra. L’anno successivo, risalendo il Nilo, si imbatté per caso nel tempio egizio di Abu Simbel. Era un uomo fortunato, Burckhardt. Come lo siamo noi oggi che possiamo, ogni giorno, rivivere l’emozione delle sue meravigliose scoperte. 

Fotografie di: Monica Vinella
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