Tibet patria dello spirito

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Come sta cambiando lo Stato con le montagne più elevate del mondo da quando la Cina lo ha occupato? Un viaggio al suo interno per scoprire quanto poco è rimasto di autentico.

La caricatura di se stesso. questo è il Tibet oggi. Una caricatura spettacolare a uso dei turisti. Il reportage di Monika Bulaj, che ha visitato in lungo e in largo la regione Amdo, nel Tibet orientale, ce lo dimostra, purtroppo. «La presenza massiccia cinese anche qui come a Lhasa sta colonizzando la regione in una sorta di globalizzazione made in Pechino. I pastori nomadi che abitavano questo esteso altopiano sono confinati in baraccopoli che ricordano i campi di concentramento». La cultura tradizionale e la stessa lingua tendono a essere cancellate a favore di quelle cinesi. Già patria della spiritualità (il Dalai Lama è originario di questa regione), oggi i monaci che si trovano nei nuovi monasteri, ricostruiti dopo la furia delle guardie rosse di Mao che li misero a ferro e fuoco, sono costretti a improvvisare litanie a uso turistico. «La spettacolarizzazione della tradizione tibetana è in atto e sembra aver imboccato una strada senza ritorno». Sull’altro piatto della bilancia c’è l’associazione italiana onlus (www.asia-ngo.org) che opera a favore del mantenimento della cultura, distribuendo yak alle tribù nomadi più povere, rinnovando la razza delle greggi, collaborando nell’educazione dei giovani con l’insegnamento della lingua. Ma non c’è da essere ottimisti. Il Tibet è diventato un grandioso lunapark al cospetto delle montagne più alte del mondo.

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Fotografie di: Monika Bulaj
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