di Marco Ansaloni | Fotografie di: Marco Ansaloni
Vitoria negli ultimi anni ha puntato sul verde, mescolando orti e scale mobili, biciclette ed energia pulita, scommettendo su un futuro sostenibile. E nel 2012 è stata eletta Capitale verde europea. Viaggio nei Paesi Baschi alla scoperta di una città sorprendente e incredibilmente a buon prezzo.
Chi avrebbe pensato che da quel piccolo villaggio di capanne chiamato Gasteiz, edificato nell’VIII secolo sulla parte più alta della pianura di Álava, la futura Vitoria sarebbe entrata, secoli dopo, a far parte della memoria europea e diventare un riferimento per la ricerca urbana e per l’ambiente? Per capire come sia stato possibile, bisogna partire da lontano. Le strutture urbanistiche delle prime colonie umane qui studiate, in pratica intatte fino al nuovo piano regolatore del 1781, indicano che la città basca è cresciuta attorno ad appena nove strade durante un periodo di circa cinque secoli. Un modello che, come si è dimostrato a distanza di quasi un millennio, si è rivelato essere vincente. «Uno sviluppo lento, intelligente e strategico che seppe calcolare, per esempio, il problema delle falde acquifere locali e il possibile impatto umano sulla natura circostante», chiarisce Juan Carlos Escudero Achiaga, responsabile del Cea (Centro de Estudios Ambientales) del municipio di Vitoria-Gasteiz. E che ha messo le basi per un successo inaspettato: il riconoscimento di Capitale verde europea per l’anno 2012.
La nascita di quest’ambiziosa iniziativa, nata nel seno della Commissione europea nel 2008, deriva dall’esigenza di analizzare il difficile momento sociale e demografico che il pianeta sta attraversando. Le città continuano a crescere a un ritmo vertiginoso, attirando sempre più gente e creando problemi metropolitani, sanitari e di convivenza che devono essere affrontati. Ecco allora il bisogno di trovare esempi virtuosi cui anche altre metropoli possano ispirarsi: al premio possono candidarsi città con più di 200mila abitanti che propongano una lunga e seria traiettoria in difesa dell’ecologia e della società. Quali sono, allora, i dati che hanno contribuito al successo della piccola capitale alavese, sbaragliando quest’anno grandi (e verdissime) città come Norimberga, Malmö o Barcellona?
I numeri, di fatto, parlano da soli. Circa 40 parchi e 130mila alberi in zone urbane con più di 150 specie diverse. Il 73 per cento degli edifici con pannelli fotovoltaici. Un’equazione abitante/verde di 45 metri quadrati che, tradotta, significa che ogni cittadino ha una zona verde a meno di 300 metri dal suo domicilio. E 100 chilometri di Bidegorri (le piste ciclabili) e di trasporti pubblici ecologici. I dati alla mano sono già una garanzia, anche se la carta vincente di Vitoria è stata quella di scommettere per un futuro sostenibile che vada ben oltre il 2012. Uno dei più rappresentativi macroprogetti, già terminato, è stato l’Anello verde, oggi percorribile nella sua interezza: 622 ettari circolari per unire i punti verdi attorno alla città, integrandoli con le zone urbane. Parchi, boschi e cemento, legati in un tutt’uno. Un freno quindi all’edilizia selvaggia (uno dei più gravi problemi della Spagna pre-crisi) e un buon risultato per l’ecologia. «Il collegamento tra parchi e zone rurali come Zabalgana, Salburua, Olarizu o Armentia, sembrava una follia» spiega Erika Díaz de Argandoña, una delle responsabili del progetto, «però adesso è lì. E funziona! A meno di 3-4 chilometri dal centro città si può usufruire di campi, orti pubblici a rotazione, attività sportive per tutti e osservazioni di fauna e flora» continua Díaz dal suo ufficio nella bella sede di palazzo di Zulueta, nel parco della Florida.
Il centro d’interpretazione naturalistica Ataria, aperto al pubblico presso il popolare quartiere di Salburua, è un esempio perfetto per spiegare le caratteristiche di questo successo. A pochi metri dagli edifici, nati nell’ultima fase del boom economico, si trova una delle zone naturali più importanti per la riproduzione di volatili del Paese Basco. Dal moderno osservatorio e dal museo annesso, il cittadino ha la possibilità di avvicinarsi sensibilmente alla natura. Serpenti, cervi e altre specie di mammiferi, tra cui il visone europeo (oggi in via d’estinzione) usufruiscono di uno spazio unico di 200 ettari protetti, a pochi passi da colorati palazzi periferici.
Diversi laboratori di ricerca, inoltre, lavorano per preservare e catalogare le diverse specie vegetali presenti sul territorio. L’utilizzo indiscriminato, in epoche passate, d’abbondanti dosi di fertilizzanti e prodotti chimici, ha generato serie pressioni genetiche su alcune specie. Nel parco naturale di Olarizu si trova il centro Germoplasma, guidato da Agustí Agut. Commenta il biologo: «Qui ci prendiamo cura e conserviamo tutta la flora locale, non solo quella a rischio di sparire per sempre. Cerchiamo di ritrovare quell’equilibrio tra natura e uomo che è stato letteralmente stravolto nel XX secolo».
Sì, equilibrio. Una parola che unita a ricerca, ecologia e coesione sociale forma il quartetto base che può spiegare meglio la qualità di vita e il successo di Vitoria. Passeggiando tra gli antichi edifici della mandorla medievale del casco antiguo (a forma appunto di mandorla) o per le larghe avenidas alberate, in effetti, ci si rende conto dell’assoluta tranquillità e accessibilità della città. Le aree pedonali, il silenzioso Eusko tran (simbolo di un trasporto pulito ed ecologico) e le scale meccaniche a cielo aperto, contribuiscono a creare armonia con le zone periferiche. Si ha l’impressione di una provincia sana e funzionante. Le facciate barocche e i palazzi rinascimentali si fondono nei famosi arquillos, uno dei portici più rinomati dell’architettura nordica spagnola. La piazza della Virgen Blanca, vero salotto cittadino, è in continuo fermento per le attività lavorative e di svago. Le medievali strade della Cuchillería, Zapatería, Herrería o Correría, ricordano a residenti e turisti i luoghi dove gli artigiani praticavano i loro mestieri. E poi c’è la cattedrale di S. Maria, oggetto da dieci anni di un’affascinante lettura archeologica e urbanistica (talmente affascinante che Ken Follett s’ispirò ai lavori in corso per la sua novella Mondo senza fine): il progetto Abiertos por obras, ovvero Aperto per lavori, continua a snodarsi tra impalcature, passaggi nascosti e diversi livelli stratigrafici da interpretare. Partire dal centro città (patrimonio monumentale dal 1997) è il punto perfetto per scoprire Vitoria, prima di spostarsi verso le periferie rimodellate dall’Anello verde. Se alle iniziative verdi uniamo l’offerta culturale di buon livello, come dimostrano il Festival di Jazz internazionale o l’Azkena Rock Festival che ogni anno radunano le migliori performance del settore, si scopre, ancor più, una città viva ed energica.
Le proposte museali consentono, poi, di comprendere meglio la città e le tradizioni basche. Accanto all’Artium (museo di arte contemporanea), espressione degli artisti locali e non solo, il centrale Museo Bibat racchiude il singolare e unico Museo de Naipes (carte da gioco) e il moderno Museo archeologico di Álava. Tra monumenti, musei, passato e futuro, in definitiva, Vitoria si è presentata preparata, mostrando un modello da seguire. Il percorso è stato il frutto di una buona semina che la città ha saputo aspettare con pazienza. Durante gli ultimi trent’anni, infatti, tutti i partiti politici cittadini, indipendentemente dai loro schieramenti, si sono sostenuti a vicenda per affrontare un’unica, forte politica ambientale. Un sintomo di dinamismo e lungimiranza. Adesso, nel 2012, dopo aver ricevuto il testimone da Amburgo, Capitale verde nel 2011, la città basca vive il suo momento più intenso. Con nuove sfide e con un obiettivo comune: sensibilizzare ancor di più i già entusiasti cittadini, per far sì che continuino a sentirsi parte di una ricchezza e di un’eredità comune.