di Marta Calcagno Baldini | Fotografie di: Dave Yoder
Civitella del Tronto e Castelbasso, frazione di Castellalto, sono due paesi dell'entroterra teramano che, grazie all'iniziativa di associazioni private guidate da appassionati d'arte, e con l'occhio benevolo delle rispettive amministrazioni comunali, hanno saputo rinascere perchè sono oggi meta di un turismo culturale dove l'arte contemporanea si coniuga alle tradizioni millenarie dei luoghi.
«Io sono di Caramanico, ma vivo a Castelbasso da quando ho 41 anni. Ora ne ho 87». La signora Apollonia («Ma per tutti sono Millina») racconta la sua storia con una delicatezza leggermente riservata ma coinvolgente. Sediamo nella piazza centrale di Castelbasso, borgo abruzzese frazione di Castellalto (Te) che conta meno di cento anime e che sorge su una ripida collina del versante sinistro della vallata del Vomano, da dove si gode un panorama che abbraccia l’Adriatico, la Maiella e il Gran Sasso: «Io gli piacevo. Sapeva che non mi ero ancora sposata. Così è venuto al paese e ha avvisato mia sorella che sarebbe passato sotto al mio balcone. Se volevo mi potevo affacciare, e vederlo. Ma io... no, no. Certe cose non le faccio. Certo che non mi sono affacciata. Però curiosa di vederlo sì, eccome se lo ero. E quindi sono andata alla festa del paese giorni dopo. E lì ci siamo innamorati, e poco dopo sposati. Ecco perché mi sono trasferita a Castelbasso, mio marito è di qui».
Farsi annunciare e presentarsi passando sotto un balcone sperando di catturare le attenzioni della donna che si vorrebbe avere in moglie, riuscire a conoscerla e subito sposarsi, per passare una vita in un villaggio di appena un centinaio di abitanti. Idee d’altri tempi. E cosa ci faccio io, da Milano, seduta un venerdì sera nella piazza di Castelbasso a conoscere e interessarmi della storia della signora Millina? Il motivo è semplice: sto per assistere alla rinascita del borgo in nome dell’arte e della cultura.
Poco distante dal muretto di pietra su cui siedo con la signora Millina c’è Giacinto Di Pietrantonio, professore abruzzese e direttore della Gamec, Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo, che parla con Osvaldo Menegaz, ideatore della fondazione Malvina Menegaz a Castelbasso, nata per diffondere la cultura come mezzo di sviluppo per il borgo, e Gino Natoni, che ha avviato l’associazione culturale Naca Arte a Civitella, per sviluppare eventi e promuovere il territorio. L’obiettivo si allarga, e si vedono dalle finestre di palazzo Clemente, sede della fondazione Menegaz, i quadri della mostra dell’artista trapanese Carla Accardi dal titolo Smarrire i fili della voce, curata da Laura Cherubini, mentre da quelle vicine di palazzo De Sanctis, ecco le opere della mostra Radici, a cura di Eugenio Viola, che comprende lavori di artisti come Marina Abramovic´, Alfredo Jaar, Santiago Sierra, Mariangela Levita e altri.
Artisti, giornalisti, collezionisti e curatori stanno partecipando, con gli abitanti del paese e della zona, ai quattro mesi di Castelbasso/Civitella. Cultura contemporanea nei borghi, la rassegna si svolge a Castelbasso fino al 2 settembre e a Civitella del Tronto, nella fortezza e nel Museo delle armi fino al 31 ottobre. Un progetto che per la prima volta unisce due borghi antichi e che nasce per la devozione e la cura di alcuni abruzzesi verso il loro paese, primi fra tutti Menegaz, Natoni e Di Pietrantonio.
Cultura, arte contemporanea e tradizione si mescolano per creare una rassegna rivolta assolutamente a tutti. Uno sforzo congiunto di privati con la collaborazione dei Comuni, che ha permesso di organizzare due mesi dedicati all’arte contemporanea in due piccoli borghi storici, per portare l’attenzione anche sulle meraviglie architettoniche e paesaggistiche di due luoghi per lo più dimenticati dell’Abruzzo. Un’area, quella fra Castelbasso e Civitella del Tronto, che ha subito anche gravi scempi architettonici, soprattutto negli anni ’70-’80: «Ora c’è una maggiore coscienza, creata anche dal generale arricchimento economico della zona» assicura Sebastiano Strummia, 52 anni, architetto romano con un’azienda agricola a Tortoreto. A organizzare gli eventi d’arte per valorizzare le proprie zone e fungere da richiamo stanno pensando i cittadini, persone e gruppi individuali, senza finanziamenti pubblici.
I Comuni, però, sostengono le operazioni con agevolazioni e contributi concreti. A Castelbasso, ad esempio, è appena stata rinnovata l’illuminazione pubblica «e, negli scorsi anni, abbiamo rifatto tutti i pavimenti, e tolto i cavi elettrici aerei» dice Bruno Delli Compagni, 48 anni, assessore comunale ai Lavori pubblici. «La volontà di recuperare il borgo è partita già nel 1988-89, quando Menegaz ha aperto la sua fondazione». Una scossa di rinnovamento che è arrivata, con una ventina d’anni di ritardo, anche a Civitella del Tronto, paese che dista una quarantina di chilometri da Castelbasso e che ha in Gino Natoni e nell’associazione Naca Arte i suoi mentori. E così per la prima volta, nel 2012, Castelbasso e Civitella del Tronto hanno collaborato insieme per la valorizzazione del loro territorio.
Passando per strade a curve quasi interamente in mezzo ai campi, si arriva a Civitella, borgo abitato già nell’anno Mille, quando nel Sud Italia inizia la dominazione normanna: con i suoi 196 abitanti, era relativamente più grande di Castelbasso. Anche qui per la prima volta quest’estate domina l’arte contemporanea: nella fortezza (una delle più imponenti opere d’ingegneria militare d’Europa, luogo mai espugnato fino all’unità d’Italia), si può visitare la mostra Visioni. La fortezza plurale dell’arte a cura di Di Pietrantonio e Palestini che raccoglie opere di Vanessa Beecroft, Maurizio Cattelan, Enzo Cucchi e molti altri artisti italiani contemporanei. Umberto Palestini ha curato nella ex chiesa della fortezza, adibita a cinema, una rassegna di film con artisti internazionali quali Steve McQueen, Mimmo Paladino, Julian Schnabel e altri. Certo, i tempi cambiano.
Nel 1500 Civitella, la Fidelissima (fu ultimo baluardo del regno delle Due Sicilie ai confini con lo Stato pontificio), circondata da mura angioine, contava 941 fuochi, ovvero famiglie, e quindi un numero considerevole di abitanti. Aveva molte chiese (ne sono rimaste attive tre), e altrettanti monasteri (di frati francescani, di clarisse e di cappuccini). I cappuccini videro confiscato il proprio monastero dal Comune nel 1860, e si stabilirono fuori dalle mura, dove si trovano ancora oggi. Il monastero confiscato invece divenne un hotel, sempre di proprietà del Comune, che è chiuso e abbandonato dal 1999. Le monache si possono vedere passeggiare in città, pur non avendo più il convento: un piccolo gruppo è rimasto e vive in case di Civitella. Tra i cartelli attaccati fuori dalle abitazioni che, tutti scritti e disegnati a mano, segnano il nome di chi le abita, e tra i cinque cagnolini che attualmente girano liberi per il paese e vengono nutriti dai civitellesi (qualche forestiero li abbandona e automaticamente vengono adottati da tutta la città), tra l’unico vigile urbano che cammina per Civitella, scherzosamente chiamato Comandante dagli abitanti, e l’hotel Zunica, il più antico della zona (1880), Civitella del Tronto è un luogo a cui dedicare almeno due giorni di permanenza, che potrebbero aumentare per gli eventi artistici organizzati per quest’estate.
Sicuramente merita una visita e un soggiorno l’hotel Zunica, albergo di grande pregio ed esperienza, e allo stesso tempo punto principale di ritrovo per tutto il paese: arredi eleganti, servizio raffinato come ci si potrebbe aspettare da una struttura con più di un secolo di vita alle spalle, ma allo stesso tempo il luogo dove tutti gli abitanti di Civitella del Tronto sanno di poter trovare un buon caffè o un bicchiere di vino per scambiare due chiacchiere. Il palazzo è di proprietà della famiglia Zunica dal 1614: «Arrivammo dalla Spagna come capitani di ventura – spiega Daniele Zunica, l’attuale gestore, 53 anni. I miei avi furono dei condottieri, ed ebbero in premio varie terre e palazzi, tra cui questo che già dal 1880 abbiamo trasformato in un hotel». Il ristorante è anche uno dei migliori della zona, insieme al ristorante Beccaceci di Giulianova Lido. Una cucina di carne e pesce allevati o pescati sul territorio, e di verdura e frutta fresca e di stagione. Il piatto più caratteristico della zona del Teramano sono le chitarre con polpettine, ovvero spaghetti fatti a mano con un sugo di polpette di manzo, ma sono da non perdere anche gli gnocchi con porcini e tartufo, o le crespelle attorcigliate e ricoperte di brodo. C’è pure il pesce, ma si trovano più frequentemente piatti di carne (spezzatino di agnello, maialino in crosta e spalla di vitellino). Ancora tra i primi sono speciali della zona di Teramo le melanzane alla parmigiana che però, invece che piatte, vengono arrotolate. Una sorta di involtino.
«Con questi mesi dedicati all’arte contemporanea vogliamo trasmettere l’amore per la nostra terra – dice Menegaz –. L’arte è il primo mezzo che abbiamo a disposizione per farci conoscere: inseriamo l’arte contemporanea in luoghi che da sempre sono nella Storia. Vogliamo che la cultura sia un volano per una nuova crescita e una maggiore consapevolezza». Vedendo i giovani che a ogni ora lavorano nei musei, non si stenta a credere che queste operazioni abbiano un importante risvolto di crescita economica per la zona: «L’arte qui contribuisce a restaurare i palazzi, a dare una sempre maggiore identità ai luoghi e far nascere nuove idee» aggiunge Di Pietrantonio. «Guardiamo anche all’apertura serale dei musei, per esempio. Chi fa le vacanze al mare, nei paesini di Giulianova, Roseto o Pineto ad esempio, potrà salire al tramonto dalle parti di Castelbasso e Civitella, vedere le mostre, o il cinema proposto in Fortezza, prendere un po’ di fresco e fermarsi anche a cena. È una dimostrazione di quanto le buone idee ne generino sempre di nuove, e le cose si riescono a fare se ci sono la sintonia e volontà».