di Stefano Brambilla | Foto di Marco Raccichini
Il Paese al di là dell’Adriatico non offre soltanto le trasparenze del Mediterraneo. Poco lontano dalla costa, si scopre un mondo vergine di laghi cristallini, foreste e cascate
Konrad viene dalla California e forse è il più sorpreso di tutti. Continua a ripetere «unbelievable» e «amazing» e «gorgeous» nel modo in cui solo gli americani sanno dirlo. Non riesce a capacitarsi di non aver sentito mai parlare di Plitvice prima d’ora. «Ma com’è possibile? Dovrebbe essere incluso in un qualsiasi tour europeo, altro che città d’arte o Mediterraneo, questa è la vera meraviglia». Non si può dargli torto: l’acqua dei laghi, stamattina, sembra voler competere con quelle palette di colori con cui si scelgono le tinte per i muri o le sfumature delle piastrelle. Acquamarina, smeraldo, giada opaca, cobalto, turchese: in alcuni punti, sembra che qualcuno abbia buttato barattoli di vernice azzurra alla sorgente. «Dipende tutto dai minerali e dagli organismi presenti nell’acqua, dalle condizioni atmosferiche e dall’angolo della luce del sole» spiega una guida a un gruppo di anziani che si affanna a trovare l’inquadratura giusta per fotografare le cascatelle tra un laghetto e l’altro. «È un gioco di Madre Natura che si ripete dalla notte dei tempi» aggiunge con fare poetico.
Tutto vero. Ma se non ci fosse stato l’uomo a proteggere questo capolavoro chissà se Plitvice sarebbe giunto fino a noi nella sua meraviglia. Perché è dal 1949 che questo territorio della regione della Lika e di Segna (Senj), comprendente un’area di foreste e montagne molto più estesa di quella occupata dai 16 laghi, è tutelato da un parco nazionale. E non uno qualunque: il Nacionalni park Plitvicˇka jezera, com’è chiamato in croato, è sempre stato un modello di conservazione dell’ambiente invidiato e imitato in tutt’Europa. Complice il fatto che tutto fa capo a un unico ente statale – la gestione del parco, gli alberghi all’interno dei suoi confini, i servizi per i turisti – si è riusciti a conciliare la tutela di un patrimonio unico con l’afflusso di migliaia di visitatori, assicurando nello stesso tempo la ricerca scientifica e realizzando le infrastrutture indispensabili per il turismo. E anche a ricavarne profitto: perché a Plitvice ci guadagnano tutti, dagli albergatori all’esterno del parco allo Stato, che fa pagare un biglietto d’ingresso per l’entrata non proprio economico (24 euro in alta stagione).
Ma si paga volentieri per poter immedesimarsi, anche solo per un giorno, in Alice nel Paese delle meraviglie. «Guarda, mamma, quanti pesci! Posso nuotare con loro?» esclama una bimba italiana mentre camminiamo sulle perfette passerelle che si snodano tra le dighe naturali create dal travertino, in mezzo alla foresta di faggi e di abeti, tra lo scrosciare improvviso delle cascate e il mormorio più lieve dei torrenti. Niente è lasciato al caso: sentieri ben segnalati secondo itinerari circolari con diversi tempi di percorrenza; un battello e un trenino, entrambi elettrici, compresi nel prezzo; zone picnic, tavole calde e bar. Tutto è concepito nel rispetto dell’ambiente (quasi un miracolo che non sia mai arrivato un qualche imprenditore pronto a trasformare Plitvice in un parco acquatico); e tutto è così ben organizzato che nessuno ha voglia di uscire dal tracciato e lasciare al caso la sua esplorazione. Proprio quello che vuole il parco: così gli orsi e i lupi possono vivere felici ben lontani dal chiasso delle torme in visita, nelle foreste vergini lasciate al corso naturale. Qualcuno aveva temuto che la guerra potesse compromettere per sempre il delicato equilibrio uomo-natura: proprio qui, il giorno di Pasqua del 1991, si contarono i primi morti del conflitto. I serbi occuparono Plitvice e la regione circostante fino al 1995 e la maggior parte dei croati che si incontrano oggi furono evacuati lungo la costa come rifugiati. Oggi quei tempi sembrano già lontanissimi.
«Vuoi provare il kayak? o il rafting? O la mountain bike? O tutti insieme?» mi chiede a Korana, villaggio a qualche chilometro dai laghi, un simpatico ragazzo bravissimo nel suo ruolo di imbonitore. «Pensiamo a tutto noi! Una settimana di puro divertimento! Dai, vedrai che non ti annoi, costa pure poco». Sono molti i tour operator che propongono sport per tutte le gambe e tutte le età: perché se a Plitvice è permesso solo camminare, appena fuori dall’area protetta il parco giochi è di quelli immensi (e a giocare non c’è praticamente nessuno). L’acqua è altrettanto azzurra e cristallina nel canyon di Mrezˇnica, dove si fa kayak tra cascate e pozze che nulla hanno da invidiare a quelle del famoso vicino, e lungo il fiume Una, dove si scende con i gommoni da rafting, lungo il confine tra Croazia e Bosnia Erzegovina. Sembra che da queste parti l’inquinamento non esista, tanto tutto è trasparente e lussureggiante. Forse perché il paesaggio, laddove abitato, è ancora rurale, non toccato dalla modernità industriale. Lo vedi nelle tante case che offrono camere per i turisti, nelle mani contadine della gente, nelle bancarelle che offrono dolci tipici e ruote di formaggio, nei mulini che hanno sfamato generazioni di agricoltori e che ancora girano sull’acqua. Come a Rakovica e a Slunj, poco a nord del parco nazionale, piccoli paesi dove l’acqua rimane sempre la protagonista e fa da sfondo a cartoline che corrispondono perfettamente alla definizione di locus amoenus. A Slunj, il nucleo antico di Rastoke è senz’altro un po’ turistico, ma talmente grazioso nella sua perfezione, con decine di cascatelle dai nomi evocativi – Coda di cavallo e Capelli di fata, tanto per fare qualche esempio – che si rimarrebbe ore a perdere tempo tra i torrenti e le casette di legno. «Dopo aver visto le Incoronate, l’Istria e le isole di fronte a Spalato ero convinto che i colori più belli fossero quelli della costa» commenta un signore tedesco, mentre addentiamo una masnica (la sfoglia ripiena di uovo e formaggio tipica della Lika) guardando i ruscelli. «E pensa un po’: proprio mi sbagliavo».