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Andrea Salvucci / Archivio comunale città di FermoAndrea Salvucci / Archivio comunale città di FermoAndrea Salvucci / Archivio comunale città di FermoAndrea Salvucci / Archivio comunale città di FermoAndrea Salvucci / Archivio comunale città di FermoAndrea Salvucci / Archivio comunale città di Fermo

Mario Dondero è una delle figure più importanti del fotogiornalismo europeo. Genovese di nascita, ha vissuto per oltre cinquant’anni tra Milano e Parigi. Poi dal 1999 si è trasferito nel piccolo capoluogo marchigiano di Fermo. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare il perché di questa sua curiosa scelta: tutto iniziò con la scoperta di una meravigliosa biblioteca. Che pochi conoscono: del resto, Fermo è celebre soprattutto per gli outlet della calzatura, come Prada e Della Valle. Ma con la guida giusta, è facile scoprire i segreti della città, sopra e... sotto terra.

Mario sposta uno dei paletti che sostengono i cordoni di sicurezza nella sala del Mappamondo e si ritaglia un po’ più spazio per inquadrare, con l’inseparabile reflex, il gigantesco globo che dà il nome alla sala. Un luogo meraviglioso, custodito all’interno del polo museale di piazza del Popolo, che per lui è stato il punto di partenza di una nuova vita. L’ennesima di un grandissimo fotoreporter che ha viaggiato in Europa e in Africa. Ha immortalato Pier Paolo Pasolini, Maria Callas, Luchino Visconti, Samuel Beckett. Ha 84 anni Mario Dondero, ma non li dimostra. Nel fisico, e meno ancora nello spirito. L’occhio è ancora quello attento e curioso del grande fotografo. Non è mai stato fermo, e ora a Fermo, capoluogo marchigiano a una manciata di chilometri dal mare, ci vive.

Ironia della sorte? No. Anche perché quello di Dondero non è un buen retiro, un luogo di fuga o riparo dal mondo. Anche se Fermo glielo permetterebbe: densa di storia, è una città incorniciata, da ammirare dalle colline, con una piazza principale, piazza del Popolo, che si srotola come un lungo tappeto di pietre, fiancheggiato da portici e chiuso all’estremità opposta da Palazzo degli Studi e Palazzo dei Priori, quello che ospita i musei civici. E la sala del Mappamondo dove ci troviamo. E dove tutto è iniziato. Anzi, ricominciato.
 

«Nel 1986 fui invitato a Porto Sant’Elpidio per una mostra fotografica. Conoscevo poco o nulla della regione, a parte vaghi ricordi da militare a Falconara. Apprezzai subito gli spazi, il mare con le colline alle spalle e i paesini sulla sommità. Fui colpito dal calore e dall’accoglienza che mi fu riservata, e la presenza di tanti visitatori e di molte scuole mi diede l’impressione di un luogo molto vivace intellettualmente. In quei giorni la mia amata moglie Annie, visitando Fermo, ne scoprì la biblioteca. Lei era una studiosa della lingua italiana e trovò un patrimonio insospettato…  

Così comprammo una casa che però per diversi anni fu usata solo per la villeggiatura estiva». La biblioteca civica Spezioli è una delle dieci più ricche d’Italia: conserva preziosi codici miniati, circa 3mila manoscritti, 5mila disegni, 6.500 incisioni e 350mila volumi. Si sviluppa intorno ai 16mila volumi di Romolo Spezioli, fermano e medico di fiducia della regina Cristina di Svezia. La sua raccolta è custodita proprio nella sala del Mappamondo, visitabile e cuore della biblioteca civica di Fermo anche se è ospitata nell’edificio di fronte, Palazzo dei Priori.

«Nel 1999 una malattia mi costrinse a restare a Fermo e mi resi conto che questo è un luogo piacevole, una città d’arte senza pretenziosità, quasi senza volerlo. Abito in contrada Campolege, di origine romana. Questa è una città preziosa, con giardini segreti straordinari all’interno di case patrizie, magari senza nome, pensa». Già, penso. E penso che vale, per Fermo, quel che vale per gran parte delle Marche: una terra profondamente ospitale, accogliente, ricca di bellezze naturali e di storia, che non ha saputo e in parte voluto mettersi in mostra. Un po’ per pudore, un po’ perché non serviva: fino a ieri questo era un distretto industriale, il più importante d’Europa per quanto riguarda le calzature, e il turismo non era una priorità. Oggi invece le cose sono cambiate.

Lo conferma Ido Traini, fermano di Porto San Giorgio, consulente per le strategie energetiche: «Sto lavorando a un progetto ambizioso: far diventare questa provincia la prima in Italia a rispettare integralmente il protocollo di Kyoto, potenziando le quote di energia pubblica derivanti da fonti rinnovabili. Il territorio ha le caratteristiche ideali per densità di popolazione, consumi e presenza di risorse: questa è una regione verde per dna». Sarà pur verde, ma i turisti qui vengono, prima ancora che di mare e di colline, in cerca di buone occasioni. Gli outlet di Prada e Della Valle, tanto per citare i più noti, sono proprio in questa zona. Spiega il presidente della locale Camera di commercio Graziano di Battista: «I dati ci dicono che il paese di Montegranaro è quello più visitato della provincia, e lo è per gli outlet. Ma se fino a ieri il distretto calzaturiero era la motivazione esclusiva di viaggio, oggi vogliamo che sia l’elemento che attira i visitatori: sta a noi poi invogliarli a restare. Dopo il Micam (la Fiera della calzatura di Milano, ndr) un compratore portoghese è venuto qui con l’intenzione di fermarsi per affari tre giorni. Alla fine è rimasto nove giorni».

Chi da vent’anni almeno si adopera per fare sistema, riunendo a Fermo gli elementi di attrazione dell’eccellenza regionale, dal vino alle scarpe, dai cappelli alla pasta, è Angelo Serri, direttore e anima di Tipicità-made in Marche festival: «Nei suoi vent’anni di vita, il festival ha offerto al viaggiatore l’opportunità di conoscere le Marche, non solo da un punto di vista enogastronomico, ma nei tanti aspetti che caratterizzano questa regione. Tipicità ha il merito di aver proiettato l’immagine di Fermo in Italia e nel mondo».  

Occasioni, sconti e convenienza. Ma non solo: qui c’è un anima che è ancora intatta. Prosegue Dondero: «Io amo i “carruggi” di Fermo, quelle stradine quasi senza traffico che prendono le mosse dalla piazza del Popolo. Ci sono buone trattorie, come la Locanda del Palio, dove si respira un’aria di casa, ci si sente fra amici. Invece l’enoteca in piazza è un posto chic, parigino, per raffinati bevitori. C’è perfino un cinematografo che propone film d’autore in lingua originale, cosa che io amo molto. Qui ci sono persone speciali», continua il fotografo. Tra queste c’è un sindaco donna, Nella Brambatti, molto attivo. Ed è una donna anche l’assessore comunale al Turismo, Manuela Marchetti, che mi accompagna nella scoperta delle cisterne romane, luogo suggestivo nascosto dietro piazza del Popolo, con ingresso da via degli Aceti. «Sono tra le più grandi e meglio conservate d’Europa, e ci stiamo adoperando per farle riconoscere Patrimonio dell’umanità dall’Unesco».  Ho la piacevole sensazione di essere accompagnato non da una guida, ma da un’amica: una sensazione che ho provato altre volte, nelle Marche. E che mi conferma Dondero: «Dopo tanti anni, mi trattano ancora con quella cortesia che si riserva agli ospiti di riguardo».

Mentre lasciamo la sala del Mappamondo, mi cade l’occhio su uno degli opuscoli che ne raccontano la storia e ne descrivono, in quattro lingue, il contenuto. E scopro che tra i documenti conservati nella sala c’è anche una lettera autografa di Cristoforo Colombo. Nessuno me l’aveva detto. Ah, l’understatement marchigiano…  

Fotografie di: Andrea Salvucci / Archivio comunale città di Fermo,Guido Baviera / Sime,Massimo Borchi / Sime,Paolo Marini / Cuboimages,Maurizio Rellini / Sime
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