di Stefano Brambilla | Fotografie di: Girostart 2012,Visit Denmark,Stefano Brambilla,Orlando Salmeri
Il Giro d'Italia 2012 parte dallo Jutland, la penisola danese che si inoltra nel mare del Nord. A ospitare le prime tre tappe - il 5, 6 e 7 maggio - sono le sconosciute cittadine di Herning e Horsens. Siamo andati a vedere che cosa offrono ai visitatori. E abbiamo scoperto, tra musei d'arte contemporanea, prigioni riconvertite, dune battute dal vento e tante, tantissime piste ciclabili, quanto da queste parti la qualità della vita si sposi con l'offerta turistica.
Questo è un viaggio all’insegna del «chi l’avrebbe mai detto». Per esempio, chi l’avrebbe mai detto che, un giorno, il Giro d’Italia sarebbe partito dalla Danimarca. Potenza del dio denaro, naturalmente: se Herning e Horsens, semisconosciute cittadine dello Jutland centrale, non avessero sborsato 2,4 milioni di euro, certo dall’Italia non si sarebbero fatti convincere a portare così a nord tutto il carrozzone ciclistico (oltre 650 mezzi e 600 persone). Ma non siamo prosaici: non c’è forse nazione più della Danimarca che si merita cotanto onore.
Perché qui la bicicletta è una ragione di vita, uno strumento imprescindibile dal quotidiano, un investimento costante nello sviluppo di strutture e infrastrutture. E sorridiamo allibiti quando, al quartier generale del Girostart 2012, ci spiegano che cos’hanno in mente di fare in attesa del 5-6-7 maggio, ovvero i sospiratissimi giorni in cui la corsa inizierà con le tre tappe danesi. Ciclisti vestiti di rosa in giro per le città, orologi giganti che segnano il countdown, pasticcerie che sfornano dolci a tema, comunicazione di massa in tutta la Scandinavia e pure una canzone un po’ tamarra, cantata dalla biondissima Malene Mortensen, che riecheggia ovunque, pure nei toni d’attesa dei call center. Titolo: Beautiful Italy.
Insomma, l’evento è di quelli di massima portata, e non solo perché l’attenzione nordica verso il nostro Paese è sempre alta. L’obiettivo di tutta l’operazione si sintetizza con una sola parola: visibilità. Tanto che appena si sparge la voce che ci sono giornalisti italiani in visita finiamo addirittura in prima pagina sui quotidiani locali. Ci chiedono se eravamo mai stati in questa zona della Danimarca: la risposta è naturalmente no (se non per una gita a Legoland da bambini), siamo qui apposta, che cosa consigliate? Ci ritroviamo in un quartiere periferico di Herning ad ammirare arte moderna e contemporanea: chi l’avrebbe mai detto.
Collezioni interessanti, ripartite in due musei, finanziate da industriali-mecenati locali; opere gigantesche open-air, come il muro circolare del Carl-Henning Pedersen museum; e una bellissima struttura, l’Heart (che significa cuore ma anche Herning-art), progettata niente meno che dall’archistar Steven Holl. Qui c’è un’altra sorpresa: perché scopriamo che il museo conserva la più grande collezione al mondo di opere di Piero Manzoni, quello della Merda d’artista, per intenderci. Fu l’industriale Aage Damgaard a ospitarlo, tra il 1960 e il 1961, lasciando al giovane 27enne carta bianca (e assegni in bianco) per realizzare ciò che avesse voluto. Unica condizione, le opere sarebbero rimaste a Herning. Manzoni disse che in Danimarca si sentiva in paradiso: la sua arte concettuale non aveva confini. Sarebbe scomparso due anni dopo.
Quella dell’industria è una chiave di lettura importante per capire le due città. Ce ne accorgiamo ancor più a Horsens, che i danesi conoscono da sempre per due soli motivi: le fabbriche e la prigione. Non esattamente due bandiere turistiche, ma anche da questo si parte, basta crederci. Così è nato il locale Museo dell’industria, encomiabile per precisione e dimensioni della raccolta, dalle locomotive alle ricostruzioni delle case d’epoca, dalla tipografia ai laboratori del tessile (in questi mesi ospita anche una grande mostra sul Giro).
E così l’enorme prigione ottocentesca, dismessa sei anni fa, sta diventando non solo un museo, ma anche un hotel e un centro per meeting ed eventi senza precedenti. Chi l’avrebbe mai detto che tra i lunghi corridoi e le balconate in ferro battuto si sarebbero girati episodi di serie televisive e avrebbero suonato gruppi musicali pop. D’altronde, Horsens in pochi anni ha saputo reinventarsi in centro per eventi di grande portata, tipo Madonna e i Rolling Stones a distanza di qualche giorno (85mila persone per ogni concerto). La gente ne è orgogliosa, altro che fabbriche. Chi ha qualche dubbio che i danesi non ce la facciano per l’organizzazione del Giro è avvisato.
Ma i ciclisti, dove passeranno? Puntiamo verso la costa del mare del Nord, a ovest di Herning. Zero pendenze, qui si andrà molto veloci. A meno che non soffi il vento che c’è oggi, quell’aria oceanica che frange le onde grigie e porta a riva cumuli di spuma. Ginepri contorti, cottage nascosti tra i cespugli, lagune interne, gabbiani, spiagge infinite punteggiate di bunker ormai invasi dalla sabbia: dappertutto, un senso di estremo relax. E di attaccamento al territorio, come dimostrano i tanti volontari che, vento o non vento, tengono aperte le piccole grandi attrazioni della zona, il porto, il forno, il faro.
A proposito di fari, quello di Bovbjerg, alto su una scogliera, e di Lyngvig, con la sua scenografica spirale interna, sono meravigliosi e meravigliosamente tenuti da arzilli personaggi con i capelli bianchi. Non lontano, a Søndervig, in una piccola casetta gialla che sembra uscita da un libro di fiabe un’anziana signora ci fa vedere come lavora i ciottoli d’ambra portati dal mare. «Un’attività di famiglia, dal 1933» ci svela. Accanto, nel prelibato ristorante Sandgaarden, lo chef Kurt Kjær Jensen ci fa assaggiare una salsa che sembra venire da un altro pianeta. Non riusciamo a indovinare di che cosa può essere fatta. «È di rosa canina, la colgo tra le erbe che crescono sulle dune, proprio qui fuori». Chi l’avrebbe mai detto.