Il senso degli estoni per la musica

Nel piccolo Paese baltico chiunque impara i canti tradizionali fin nella culla e continua a cantarli per tutta la vita. Soprattutto in occasione del Laulupidu, il surreale festival della Canzone estone che si tiene a Tallinn ogni cinque anni. L'occasione giusta per scoprire l'incredibile senso degli estoni per la musica

ESCLUSIVA WEB - Guarda a destra la presentazione di Tino Mantarro, autore del reportage
ESCLUSIVA WEB - Guarda la gallery con le altre fotografie di Andrea Forlani Clicca qui!
ESCLUSIVA WEB - Leggi l'articolo "Tallinn fuori dalle mura", con consigli per una visita inedita della capitale estone dell'autore del reportage Tino Mantarro! Clicca qui!

Nel mezzo del lago, su una zattera alla deriva, una elegante pianista di nero vestita pigia i tasti di un pianoforte a coda. Il suo Caronte rema lento, quasi non volesse disturbare, usando un palo che appoggia sul basso fondale. Alle spalle ragazzi armati di torce incendiano covoni di paglia e stoppie disegnando una coreografia di fuoco che nasconde la luna. Seduto su balle di fieno il pubblico ascolta compiaciuto: nonne che sembrano aver appena tolto la crostata di mirtilli dal forno; uomini rubizzi con facce tonde e barbe da boscaioli; e poi famiglie giovani e bionde con bambini altrettanto biondi ascoltano quieti, seduti sull’erba, neanche fossero a un picnic. Un tramonto rosa sfuma in lontananza mentre sopra il Leigo lake music festival si accendono le stelle.In Estonia, soprattutto in estate, scene così sono pane quotidiano. Un po’ perché vivendo un inverno lungo, buio e gelido appena arriva la bella stagione gli estoni passano più tempo possibile all’aria aperta, quasi dovessero fare fotosintesi per immagazzinare ossigeno per i mesi a venire. E un po’ perché in Estonia la musica in tutte le sue declinazioni è passione nazionale quanto il calcio da noi.

«La musica folclorica è sempre stata parte della nostra esperienza, era il modo per tramandare le storie ancestrali, le nostre saghe, oltre che un supporto per farsi compagnia mentre si lavorava. Non era propriamente né parlare, né cantare, aveva qualcosa di sciamanico che non ha molti equivalenti in Europa. Qualcosa che è rimasto ben presente nelle radici culturali della nostra nazione, anche per via della particolarità della lingua estone» spiega Tõnu Kaljuste, direttore d’orchestra del Nargen festival e star della musica classica mondiale assieme al compositore minimalista Arvo Pärt, mentre ultima la prova generale di un’opera che andrà in scena di lì a poco in un ex hangar nella zona Lennusadam del porto di Tallinn.  

«La musica ha un ruolo centrale nell'identità del nostro Paese: quella corale è parte integrante della nostra eredità culturale e della lotta per l’indipendenza» racconta a Touring Ragnar Sill, sottosegretario di Stato alle Arti. Non a caso, a fine anni Ottanta, il processo che portò la piccola repubblica baltica fuori dall’Urss passa sotto il nome di Rivoluzione cantata. «In migliaia si riunirono per intonare canzoni patriottiche proibite per decenni, fu il primo segnale che qualcosa stava cambiando: gli estoni erano uniti, decisi a tornare una nazione libera» racconta Hirvo Surva, direttore del Laulupidu, il festival della canzone. A più riprese il prato del Lauluväljak, l’auditorium un po’ sovietico costruito nel 1959 in riva al mare a Tallinn, divenne teatro di adunate spontanee in cui 300mila persone (un quarto degli 1,3 milioni di estoni) si riunirono per intonare «Mu isamaa, mu õnn ja rõõm», «Mia terra natia, mio orgoglio e gioia», le parole dell’inno nazionale e altre canzoni di libertà. «Nel 1991 ogni sera in migliaia si incontravano pacificamente a cantare per recapitare un messaggio a Mosca» prosegue Surva.

Oggi il prato del Lauluväljak è l’epicentro del Laulupidu, festival di musica corale che si tiene ogni cinque anni. Dire festival è riduttivo: è un 25 aprile all’ennesima potenza, una festa nazionale e popolare in cui ogni estone è in qualche modo coinvolto. Quasi tutti una volta nella vita hanno calcato quel palco. Se non partecipi, o non sei estone, o non sei felice di esserlo. Da vivere è un’esperienza surreale e coinvolgente – l’ultima edizione si è tenuta a luglio –: due giorni di canzoni, abbracci, commozione e gioia. «Sul palco si stringono in 25mila, tutti in abiti tradizionali. Intonano un repertorio di canti che ognuno conosce  dall’infanzia davanti a 90mila attenti spettatori» spiega Surva. La prima edizione, datata 1869, si svolse a Tartu, dove si trova un piccolo museo che racconta la storia di questo festival nato negli anni del risveglio nazionalista grazie a Johann Voldemar Jannsen, il Mazzini baltico. «Per anni ci prepariamo facendo audizioni in tutto il Paese e istruendo gli oltre 500 cori che saliranno sul palco: chi canta ha tra i 6 e i 95 anni, quattro generazioni unite dalla stessa passione» prosegue Surva, direttore dal 1990. «È un momento per noi, per dire chi siamo, guardarci in faccia: stringerci, sentire la nostra lingua e celebrare la nostra libertà» aggiunge.
 

 

«Quando ero piccolo mia nonna cantava per me e io l’ho fatto per i miei figli: cantare aiuta ad andare oltre i tempi difficili e a divertirti» racconta Arne Saluveer, direttore del conservatorio George Ots aTallinn. Cantare per gli estoni è parte della tradizione e ha un ruolo preminente nell’educazione. «Fin dalle elementari abbiamo due ore di musica settimanali, ogni scuola ha il coro e gruppi musicali che suonano qualunque genere i ragazzi vogliano» spiega Saluveer. Nonostante gli oltre 1.500 cori, la musica e i festival in Estonia non contemplano solo questo genere, che per quanto sia un’immersione nella cultura locale alla lunga stanca. «Considerate le dimensioni, la scelta di eventi è assolutamente stupefacente: ci sono centinaia di festival e migliaia di concerti ogni stagione» sottolinea Sill. Così gli amanti dell’opera possono andare ai Saarema opera days su una grande isola piatta a un’ora dalla costa; chi preferisce il folk può partecipare al Viljandi folk music festival in un castello medievale nella cittadina di Viljandi e gli amanti della classica non possono perdere le sperimentazioni del Nargen festival che dà appuntamento sulla minuscola isola di Naissaar e in altre ambientazioni suggestive poco avvezze alla classica. «Questo è sempre stato un Paese di musica colta: classica, opera, corale, folk. Questi eventi punteggiano la stagione e fanno registrare il tutto esaurito» sottolinea Kaljuste.

Ma il panorama musicale estone sta cambiando. «Grazie all’esperienza di Tallinn Capitale europea della cultura 2011, abbiamo capito che anche noi possiamo creare eventi musicali che attirano pubblico dal resto d’Europa. Da allora le cose sono cambiate, il panorama si è dinamizzato e iniziamo a trovare il nostro posto sulla mappa musicale europea» aggiunge Madli Liis-Parts, responsabile di Kultuurikatel, una fondazione creata dal Municipio di Tallinn per promuovere eventi culturali. «C’è molta effervescenza: c’è chi vuole sentire e chi vuole suonare, le due istanze si incontrano e le cose accadono» prosegue Liis-Parts. Così capitando una sera a caso nella medievale Tallinn si rimane sorpresi dalla quantità di eventi che anima piazze, locali e giardini: accade di sentire Regina Spektor tra le aiuole dei giardini botanici, giusto dopo essere incappati in un trio di jazzisti che improvvisavano sotto le mura del centro, mentre al porto è di scena l’opera.

Così la musica dal vivo sembra essere la chiave migliore per avvicinarsi alla cultura estone, come il tango in Argentina o il jazz a New Orleans. «L’idea è di far conoscere al mondo i nostri gruppi tramite concerti ed eventi. Siamo un Paese piccolo, con un mercato interno minimo: per chi fa musica l’unica possibilità di sopravvivere è farsi conoscere all’estero» spiega Helene Sildna, anima della Tallinn music week, settimana in cui la capitale si popola di concerti rock/jazz/pop. Anche se non viene detto, quello cui si aspira è replicare il successo islandese. «In Islanda sono un quarto rispetto a noi, eppure i loro gruppi sono conosciuti in tutto il mondo e fanno una grande promozione per il Paese» racconta Sildna, che organizza eventi musicali. «Qui i grandi nomi del rock non sono passati; c’è ancora grande fame di eventi: quando venne Madonna erano in 70mila». Certo, ci vorrebbe una Björk estone per trascinare il movimento, ma per ora non se ne sono sentite. «In questo momento tutto è in fermento. I nostri musicisti vanno all’estero, fanno esperienze, migliorano tecnicamente, conoscono nuovi stili e si fanno conoscere. La gente viaggia e importa nuovi stimoli, contaminazioni che qui trovano terreno fertile per crescere» conclude Liis-Parts. La musica dal vivo è vista come un momento educativo fondamentale. «È importante che i nonni portino i nipoti ai concerti fin da piccoli, che gli passino i loro gusti e li incrocino con quelli dei loro figli» spiega Saluveer. Ma non disturberanno, i bambini? «I concerti devono essere un’esperienza familiare: se i bimbi piangono amen, la musica li calmerà».

In Estonia la musica dal vivo appartiene all’ordine naturale delle cose. Al lago Leigo, sperso tra le campagne tra Tartu e la frontiera russa, si tiene un affascinante microfestival. Ogni agosto per due sere una famiglia di agricoltori chiama a raccolta 1.500 spettatori. Vengono per sentire gruppi di progressive rock o l’orchestra di Stato di San Pietroburgo che si esibiscono su un palco in mezzo all’acqua. Perché lo fate? «Come perché?» risponde sorpresa Tiiu Tamm, timida ventenne che aiuta il padre nell’organizzazione. «Perché questa musica è bella e si addice allo scenario, non le pare?». Come darle torto?      

Foto di Andrea Forlani