Il viaggiatore. Brixton. La nuova Notting Hill?

A Londra per raccontare la rinascita di un quartiere dalla pessima fama, tornato a essere vibrante e godereccio. con sapori e gallerie multietniche

Andare a Londra e non visitare Brixton È perdere un’esperienza unica. È il secondo posto di maggior traffico della città (dopo Oxford Street) – 35 linee di autobus, una stazione ferroviaria e il terminal della Victoria line – eppure Brixton raggiunse fama e notorietà mondiale come un quartiere violento, in cui mafia giamaicana e gang giovanili spacciavano droga e ammazzavano, durante i moti contro
la polizia del 1981, ripresi in diretta tv.  Ignara, a tre chilometri di distanza, io cenavo a casa tranquilla. «Brixton è in fiamme, tu stai bene?» amici di Roma, Boston e Mumbai chiedevano ansiosi.
L’indomani mattina, io e tutti gli altri che avevano uffici e negozi nella zona colpita ci ritrovammo insieme a ripulire i nostri posti di lavoro danneggiati dai moti. Brixton era pronta a risorgere. E ritornò a essere un quartiere vibrante, godereccio e un centro musicale di prim’ordine.
Nel 1976 era avvenuto lo stesso a Notting Hill, altro quartiere nero dove la polizia fu presa di mira da giovani che si sentivano vittimizzati dalle forze dell’ordine del loro stesso quartiere. Da allora, e per via del bel film dallo stesso nome, il quartiere di Notting Hill si è trasformato in meta turistica, con il vecchio mercato di antiquariato al centro.

Ora, forse, È il turno di Brixton? Spero bene. Se lo merita, anche il suo percorso è stato assai più difficile. I moti seguenti e la crisi finanziaria del 2007 colpirono pesantemente Brixton. Nel 2009 l’amministrazione comunale, i proprietari del mercato e un benefattore anonimo (si fa il nome di David Bowie, un brixtoniano) ebbero un’idea geniale: restaurarono il mercato coperto, gli diedero un nuovo nome, Brixton Village,
e offrirono trenta negozi gratis a piccoli imprenditori per tre mesi di prova. Era il primo esperimento dei Pop-up: attività giovanili (bar, ristoranti, gallerie, negozi di designer) che occupano uno spazio commerciale per poco tempo e fanno marketing attraverso i social media. Fu un gran successo. Molti dei Pop-up e la loro clientela si sono affezionati al vecchio mercato. E oggi è di rigore andarci a fare shopping e mangiar bene e a poco prezzo.

il village È facile da raggiungere: basta uscire dall’underground, girare a sinistra e percorrere Electric Avenue, la prima strada illuminata di tutta Londra, fiancheggiata da edifici di mattoni rossi.
Io preferisco andarci attraverso la Reliance Arcade, la mia galleria preferita: stretta, piena di negozietti africani che vendono tutto, dalle candele voodoo alle schede telefoniche, e di tanti Weawing shops, negozietti con appena lo spazio per due sedie di plastica dove i capelli non si lavano e non si tagliano ma si intrecciano per ore con capelli finti. Rimasta intatta da decenni, Reliance Arcade sbocca dirimpetto a un’altra galleria, Market Row. Franco Manca, il pizzaiolo italiano, domina l’ingresso. C’è di tutto: ristoranti, pescivendoli, drogherie, mercerie, macellai, gelatai, antiquari. Tutto a buon mercato, più o meno. Gente di tutte le età ed estrazioni sociali passeggia e compra, rilassata. In armonia.

 

Il macellaio halal non batte un ciglio all’esposizione del collega caribico: piedi e code di porco color rosa confetto. Pesci da tutto il mondo sono esposti sui banchi di marmo come se fossero quadri; battono quelli della Food Hall di Harrods e fanno odore di pesce fresco, al contrario di quelli che sembrano trattati con deodorante.
Il continuo successo di Brixton Village è dovuto all’alto rapporto qualità-prezzo del cibo e ai social network che lo hanno adottato. Si mangia molto bene dovunque: da Mama Lan, per i dumpling cinesi; da Honest Burger, per l’ottima carne; da Kaosan, zuppe thailandesi servite dal travestito piu efficiente del mondo; e dalle botteghe caribiche: roti, saltfish dumplings e pies. I giovani si incontrano passeggiando e mangiando per il Village, famiglie con bambini incluse. È di moda a Londra passare la serata tampasiando, come si direbbe a Palermo, da un ristorante all’altro, e con gente diversa: antipasti al tapas bar, birra al pub, chow mein dal cinese, insalata dal greco, dolce e caffè dall’italiano. E poi, per i nottambuli, di nuovo al pub e poi ad ascoltare musica a un club privato.