Il viaggiatore. Presepe o Caravaggio?

Giovanni PorzioGiovanni Porzio

Tra la tanta paccottiglia di provenienza cinese, a San Gregorio armeno a Napoli è possibile scovare ancora i veri artisti della tradizione scultorea che si ispira a Michelangelo Merisi. Come il maestro Ulderico Pinfildi

«Napul’è mille culure» cantava Pino Daniele. E dai suoi colori si può essere travolti camminando «inte viche miezz’all’ato» tra Spaccanapoli e San Gregorio Armeno dove, tra pizzerie, bancarelle di libri usati e imponenti palazzi barocchi, si affacciano le botteghe degli artigiani del presepe. C’è in vendita molta paccottiglia da due soldi: capanne di plastica, statuette di Maradona e di Matteo Renzi, Re Magi made in China e pastori usciti dallo stampo. Gli scultori della creta, i maestri della ceramica e della terracotta sono sempre più rari. Ulderico Pinfildi, sommo artista presepiale, è oggi il più vigile e creativo custode di un’alta tradizione popolare avvilita dal mercato. Ma prima di entrare nel suo laboratorio converrà fare due passi.

Qui si cammina sulla storia. Via dei Tribunali, il decumanus maior dei Romani, ricalca la plateia della città greca. Tra la basilica di S. Lorenzo e quella di S. Paolo sorgevano l’agorà e il santuario dei Dioscuri. Via S. Gregorio Armeno, nota ai napoletani come S. Liguoro, incardinava il decumano maggiore a quello inferiore (l’odierna Spaccanapoli) e l’omonima chiesa, edificata nel 930, fu eretta sulle rovine di un tempio dedicato a Cerere. Alla dea della terra, nume tutelare dei raccolti e delle nascite, si offrivano come ex voto piccole statuine di terracotta fabbricate nelle adiacenti botteghe: donde, nel corso del Settecento, si sviluppò l’arte del presepe napoletano.

Di questa storia sono nutrite le opere di Pinfildi, un artista che ha la creta nel sangue. «Mio padre» racconta «era ceramista. Fin da bambino ho visto i miei fratelli, le sorelle e mammà lavorare alle terraglie cotte e dipinte. Ho seguito l’onda del fiume che mi ha generato». Non è vero, ha fatto di più. Ha letto, studiato, osservato. Ha assorbito le luci e le ombre della sua città. Ha fotografato i volti delle popolane nei vicoli e ha contemplato a lungo i dipinti di Caravaggio. «Sono andato apposta a Malta per vedere La decollazione di San Giovanni Battista», dice. E il suo negozio, in via S. Biagio dei Librai, dista pochi isolati da un altro capolavoro a cui Pinfildi si è ispirato per realizzare l’ignudo di una Sacra Famiglia: Le sette opere di misericordia, dipinte da Caravaggio nel 1606-1607 per l’altare maggiore della chiesa della confraternita del Pio Monte della Misericordia, «dove Napoli», ha scritto Renato Guttuso «appare come era, come è, con il suo frastuono, la sua azione».

La dirompente pittura “al naturale” del Merisi, che anche nelle opere religiose osava ritrarre personaggi della strada, nobili e pezzenti, santi e prostitute, angeli e monatti, irradia le sculture presepiali di più alto livello artistico, quali quelle di Pinfildi. Del resto si può azzardare che il presepe settecentesco napoletano compia una rivoluzione caravaggesca quando trasporta la nascita di Cristo dal Medio Oriente ai vicoli della città borbonica, trasformando la Natività in una commedia di vita partenopea: gli attori-pastori si aggirano tra grotte muschiate e case popolari, nobildonne e contadini, banchi del pesce e ceste di frutta, ballerini di tarantella e piatti di friarielli. Nelle sculture di Ulderico Pinfildi ogni dettaglio è il risultato di una ricerca accurata: dalle sete ricamate dei nobili al lino rifinito a mano delle lavandaie, dagli occhi in vetro soffiato agli arti in legno policromo. Le sue opere sono state esposte a New York, Mosca, Praga, Londra, Washington, Parigi, Strasburgo.
Ma solo in questa bottega di Napoli possono venire al mondo.