Il Viaggiatore. Baudelaire e l'oceano

A vent’anni, Charles Baudelaire si ritrovò (suo malgrado) sulle isole tropicali di Mauritius e la Réunion. il loro fascino esotico ispirò la sua raccolta di poesie più celebre

Quando, il 1° settembre 1841, avevano gettato l’ancora a Port-Louis, capitale dell’isola di Mauritius, nell’oceano Indiano, Charles Baudelaire era sceso da un bel tre alberi, il Paquebot-des-Mers-du-Sud, una nave commerciale su cui la famiglia, preoccupata per le sue spese folli e le sue frequentazioni sconvenienti, aveva imbarcato a forza il ventenne, per allontanarlo dalla bohème parigina. Era stato un viaggio tempestoso e la nave era stata seriamente danneggiata. Tormentato dal mal di mare, il dandy si faceva calare in una scialuppa appesa alla fiancata, dove trovava sollievo solo esponendo il petto nudo al sole fino a scottarsi gravemente. Chiuso in se stesso – le rare volte che interveniva nella conversazione era per scandalizzare gli altri – Baudelaire cercava di estraniarsi leggendo. L’unica eccezione era stata una bella ragazza di colore, cameriera di una famiglia creola, invaghitasi di lui al punto da costringere il capitano, su preghiera di Charles, a tenerla chiusa in cabina.

Era stato difficile attraccare tra i cavalloni dell’oceano Indiano. Sordo agli avvertimenti, Baudelaire si era ostinato a sbarcare portando sotto il braccio un grosso libro di Balzac. Stava avanzando lentamente su una scaletta di corda traballante quando un’ondata lo travolse. Quando fu ripescato, il poeta, impassibile, teneva ancora stretto a sé il volume, mentre alcuni pescecani stavano addentando il suo cilindro.

Durante la sosta di 19 giorni a Mauritius (nella foto, la costa sud dell’isola), Baudelaire frequentò la famiglia di Autard de Bragard, avvocato di origine francese, all’8 della rue Guibert, nel quartiere di Pamplemousse, attratto soprattutto dall’avvenenza della signora Emmeline. Non si sa molto, invece, delle sue escursioni nell’interno dell’isola: di certo, ammirò le sette bellissime figlie del proprietario di una piantagione e visitò i rinomati vigneti di Constantia. Dall’ile Bourbon, poi ribattezzata La Réunion durante la rivoluzione francese, aveva mandato agli amici i versi che de Bragard gli aveva chiesto per la moglie. «Nel paese profumato che il sole carezza, / ho visto in un angolo di tamarindi ambrati / e di palme da cui spiove sugli occhi l’indolenza, / una dama creola dal fascino ignorato. / La sua pelle è pallida e calda; la bruna incantatrice / ha nel collo un’aria nobilmente manierata; / alta e veloce a camminare come una cacciatrice, / ha un sorriso tranquillo e lo sguardo sicuro.» Malgrado la nostalgia per la capitale francese, il poeta era rimasto colpito dal “profumo esotico” di quella “terra magnifica e sfolgorante” del “paese profumato carezzato dal sole”... Quella poesia era l’inizio di una fioritura di richiami a quel mondo esotico che in principio Baudelaire aveva ostentato di ignorare. Ma ormai il seme dell’esotismo da cui sarebbero nati I fiori del male aveva attecchito: «Quando, chiudendo gli occhi, in una calda sera d’autunno, / Respiro l’odore del tuo seno ardente, / vedo passare delle rive felici / Abbagliate dalla luce di un sole monotono…».