I capolavori nascosti. Raffaello, Bramante e gli altri "sopravvissuti"

Tredici Tiziano, quattro Piero della Francesca, 17 Tintoretto, due Tiepolo, 11 Lotto, tre Raffaello, quattro Caravaggio. E ancora opere di Carlo Crivelli, Cosmè Tura, Mantegna, Veronese, Rubens, Guardi, Canaletto, Perugino. Dallo Sposalizio della Vergine di Raffaello al Cristo alla Colonna del Bramante, da Il Giudizio Universale di Beato Angelico alla Tempesta di Giorgione. E poi il meglio delle ceramiche di Pesaro, i piviali di Fermo e di Ascoli, gli arazzi di Ancona e di Fabriano, porcellane, pezzi archeologici, sculture, da Brera, dal Poldi Pezzoli, dal Castello Sforzesco di Milano, dall’Accademia Carrara di Bergamo, il Tesoro di S. Marco da Venezia. L’elenco dei quasi ottomila pezzi che l’Operazione Salvataggio mise al sicuro da razzie e bombardamenti o impedì che venissero portati in Germania è impressionante.

L’impresa di Pasquale Rotondi si concluse senza alcun danno per le opere, che vennero restituite ai rispettivi musei. Nel corso della guerra molto si era salvato ma molto era andato perso (come dimenticare la distruzione di Montecassino o la devastazione del Camposanto di Pisa, che bruciò gli affreschi del Buffalmacco) o rubato. Rotondi passò idealmente il testimone a Rodolfo Siviero, che per 40 anni ebbe un ruolo fondamentale nel recupero delle opere depredate, insieme al Nucleo tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri e ai membri della commissione Fiorilli, cui va il merito di aver riportato in patria quasi 200 opere. Ora le regole per la protezione dei Beni culturali durante i conflitti armati sono regolati dalla Convenzione dell’Aja del 1954.