di Andrew Lam - National Geographic Traveler
A 40 anni dalla fine della guerra il Paese del Sud-est asiatico sembra aver cancellato ombre e memorie e corre verso il domani alla velocità della luce.
Vent’anni fa mi aggiravo per le strade di Hanoi al buio. La città era senza elettricità e le nuvole oscuravano la luna. Nell’aria un vago profumo d’incenso mentre intorno a me strane ombre e lucine rosse segnavano la strada. Piano piano i miei occhi si stavano abituando all’oscurità e riconobbi le lucine rosse attaccate ai raggi dai ciclisti per vedersi ed evitare di scontrarsi. Il cuore del Vietnam era diventato un tempio fantasmagorico, pieno di fantasmi. Ma quella Hanoi, con il suo profumo di incenso e le sue ombre, oggi è un lontano ricordo. Oggi i neon illuminano la notte.
Quarant’anni dopo la fine della guerra, con la riunificazione del Paese e il riavvicinamento all’Occidente la popolazione è duplicata. I campi da golf hanno sostituito le risaie. Sono sorte nuove città là dove prima c’erano solo case coi tetti di paglia e i grattacieli caratterizzano le metropoli come Hanoi, Da Nang e Ho Chi Minh City, l’ex Saigon. Anche i vecchi abitanti fanno fatica a riconoscerle. E il posto un tempo temuto dai militari americani oggi è nella lista delle destinazioni preferite fra i viaggiatori zaino in spalla, amanti delle spiagge e sì, anche veterani o appassionati di viaggi nella nostalgia. Vengono per vedere le montagne coperte dalla nebbia del mattino e per le spiagge di sabbia dorata che brillano sotto il sole tropicale. Vengono anche per gustare la stuzzicante cucina e per godere della sensuale vita notturna. Vengono infine per nuotare nel mare scintillante e per comprare tessuti colorati.
Ho lasciato il Vietnam da bambino quando i carri armati di Hanoi attraversarono Saigon mettendo la parola fine alla presenza americana. Era il 28 aprile 1975. La mia famiglia era fuggita con la prima ondata di rifugiati. Avevo 11 anni. Sono cresciuto e sono diventato un cittadino americano, uno scrittore e un giornalista. Ma non ho mai dimenticato il Vietnam. Per questo sono tornato tante volte per osservare come la mia terra natìa stesse emergendo lentamente da dietro la cortina di bambù. Se storie di biciclette che girano al buio, di fango e di miseria, e di lunghe file per le razioni di cibo formavano il cuore delle narrazioni sul Vietnam fino a un quarto di secolo fa, la storia che racconto ora è completamente diversa. È quella infatti di un Paese immerso nella modernità e nel cambiamento, con una società integrata nella cultura globale e nell’economia. Ad Hanoi le biciclette sono state rimpiazzate da un pezzo da moto Honda.
Il vecchio quartiere storico con il suo reticolo di viuzze e vecchie case è pieno di sale giochi e bar con il karaoke, caffè e negozi che vendono caramelle e albicocche essiccate. Anche l’antico lago di Hoam Kiem brilla nella notte, illuminato a giorno da mille luci. A Ho Chi Minh City qualcosa del passato è rimasto: è ancora possibile passeggiare in piccoli quartieri caratteristici, con le case storiche, e incontrare anziani che bevono caffè e fumano in strada; è altrettanto possibile, alla sera, salire sulla cima della Torre AB dove c’è il Chill Sky Bar e guardare il tramonto sulle strade trafficate della città che sembrano fiumi dorati e furiosi visti dall’alto.
Il Vietnam è cambiato moltissimo ma rimane di una bellezza sconvolgente. Un Paese modellato tra montagne, fiumi e il mare dove, nonostante il governo comunista, i templi e le chiese sono sempre pieni. Tra i miei ricordi preferiti i pescatori di Pan Thiet che tornano a riva oppure il veleggiare sul fiume dei Produmi che conduce alla città imperiale di Hue, tra odori di fiori di loto e la melodia di una canzone tradizionale intonata da ragazze sulla riva.
Qualche giorno fa mi sono svegliato in albergo a causa del rumore del traffico e ho per un attimo messo in dubbio i miei stessi ricordi. Si può diventare nostalgici pensando a quello che si è perso. Oppure si può salire su una moto e farsi contagiare dall’energia di questo giovane ed eterno Paese. Ascoltare le risate dei ragazzi e il costante suono dei clacson. La nazione un tempo ferita è tornata sana e guarda avanti senza paura.