Pamplona. Seguendo San Firmino

Giulio OldriniGiulio OldriniGiulio OldriniGiulio OldriniGiulio OldriniGiulio OldriniGiulio Oldrini

Sacro e profano, fiesta e pellegrini: il capoluogo della Navarra è l’unica città della Spagna a veder aumentare i turisti. Mentre il modello Barcellona è in crisi.

«Il turismo a Pamplona? Dobbiamo riuscire ad armonizzare il sacro e il profano». Così, con una battuta, Paxi Ramirez, il proprietario di uno dei migliori bar di pintxos – quelli che altrove in Spagna si chiamano tapas – sintetizza la situazione di una città che deve molto ai visitatori che la affollano a luglio per la festa pagana di San Firmìn e che la attraversano tutto l’anno nel Cammino, per molti spirituale, che da Roncisvalle porta a Santiago de Compostela.
A mezzogiorno del 6 luglio, il chupinazo dà il via, con lo sparo del razzo dal balcone del Municipio, a una festa senza regole che dura ininterrottamente per nove giorni. Molti conoscono el ensierro, la corsa dei tori per le vie della città vecchia. San Firmìn, però, è molto di più: processioni laiche e cattoliche, la corrida delle 5 della sera, musica e balli, concerti organizzati e orchestrine spontanee, le sfilate dei Re Giganti che affascinano i bambini e dei Kilikis che li inseguono colpendoli con mazze di gommapiuma, fuochi artificiali e giochi da boscaioli. E naturalmente fiumi di birra e di kalimotxo, una mistura di vino e Coca Cola. Fino all’ultimo corteo in cui la folla triste canta Pobre de mi, povero me (perché tutto è finito).
«Siamo molto riconoscenti a Hemingway che con il suo romanzo Fiesta ha fatto conoscere San Firmìn ovunque, ma soprattutto nei Paesi di lingua inglese» sorride Alex Mujica, il cuoco dell’Hotel La Perla, dove lo scrittore risiedeva a Pamplona. Costruito nel 1881, è il secondo albergo più antico di Spagna e vi hanno soggiornato re e toreri, attori e stelline. Una tappa irrinunciabile è poi il Caffè Iruna, inaugurato nel 1888 in plaza del Castillo, dove lo stesso Hemingway si trovava per solenni bevute con gli amici toreri. L’arredamento è ancora quello dell’epoca, legni e specchi, un grande bancone dove sono in bella vista pintxos di ogni tipo e tortillas irresistibili.
Sono decine di migliaia i turisti che arrivano a luglio a Pamplona. «In quei venti giorni guadagnamo per tutto l’anno» confessa Luis Osès, proprietario di un ristorante proprio dietro plaza del Castillo. Ma per i pamplonesi è una festa irrinunciabile. Ci si prepara settimane prima, si prendono le ferie, si programma con gli amici la partecipazione ai vari eventi. E tutti, dal neonato all’anziano, per nove giorni si vestono di bianco con un fazzoletto o una cintura rossa. È una grande festa pagana, anche se uno dei momenti più importanti è la processione col Santo portato a spalla, vescovo e sacerdoti in testa. Però il vero miracolo è che la città sia sempre sicura e sostanzialmente pulita: centinaia di studenti e stagionali, pagati o volontari assicurano controllo e pulizia 24 ore al giorno.

Pamplona è anche la prima grande città sul Cammino di Santiago de Compostela per chi parte da Roncisvalle e sceglie la “via francese”, la più antica e classica. Sono almeno 65mila i pellegrini che percorrono ogni anno questo cammino, quasi tutti a piedi. Entrano zaini in spalla superando il fiume Arga e passando sul ponte della Maddalena, del XII secolo. Poi, dopo una piccola salita, un altro fiume, l’Ultzama, che si supera sul ponte antico e subito dopo uno dei posti di sosta per i pellegrini, el Albergue de la Trinidad de Arre con la chiesa e il Batàn di Villava. Il Batàn è un mulino ad acqua che lavora tessuti: all’interno, i documenti attestano come sia stato costruito nel 1254 dai monaci di Roncisvalle. «Ne sono rimasti solo due in tutto il mondo, uno in Sardegna, e questo» spiega Alejandro Rico che si occupa del Parco fluviale, nato da pochi anni, ma già diventato una meta irrinunciabile. Oltre 12 chilometri di natura che si percorrono a piedi o in bicicletta e che attraversa i Comuni della zona, a partire da Villava, il paese del campione di ciclismo Miguel Indurain. In città i pellegrini entrano valicando la Porta di Francia con l’antico ponte levatoio e attraversano il Borgo della Navarreria. Per loro la scelta è se visitare la grande Cattedrale con l’ambulacro o più giù, in calle Mayor, la chiesa di S. Lorenzo dove si può ammirare la statua di San Firmìn. Chi fosse in realtà il santo attorno a cui ruota buona parte dell’attività culturale ed economica di Pamplona non è chiaro, ma pare evidente, a giudicare dalla sua effigie, che si trattava di un nero. Africano? Mulatto? Arabo? Nella penombra della chiesa ognuno può scegliere la risposta che preferisce.
Anche un pellegrino può cedere al fascino dei pintxos. Ma per convincerli a fermarsi, Pamplona punta molto sui monumenti storici restaurati in questi anni come la Cittadella che durante San Firmìn diventa la rampa di lancio per la gara internazionale di fuochi artificiali, o come le mura medievali col belvedere del Caballo Blanco. O anche sulle nuove strutture come El Baluarte, un grande teatro e centro congressi che propone spettacoli di musica, danza, balletti. Conciliare due mondi, il sacro col profano, è l’obiettivo di Pamplona. A giudicare dal fatto che mentre in Spagna nel 2014 il numero di turisti è sceso, qui è aumentato del cinque per cento, sembra che ci riesca.