di Giacomo Fè | Foto di Giacomo Fè
Protagonista suo malgrado della saga del dopo naufragio della nave Costa Concordia, la perla dell’Arcipelago toscano ritrova il suo fascino discreto, forte di natura, di mare, ma anche di feste e tradizioni
Il Giglio si raggiunge con il traghetto da Porto Santo Stefano (Gr). Prima di attraccare qualcuno indica lo scoglio delle Scole (quello dove Schettino ha sbattuto) e mentre il traghetto entra nel porto, i vecchi del paese, all’ombra del faro, osservano lo sbarco dei turisti che fotografano Punta del Lazzaretto, dove si era adagiata la Concordia. L’isola conta tre paesi: Giglio Porto, Giglio Castello e Il Campese.
Porto è da scoprire anche nei vicoli oltre il lungomare: se vi imbattete in un vecchio isolano sarà felice di raccontare aneddoti del luogo, perché qui ognuno ha una storia da raccontare. Come Argentino, 76 anni, che siede sotto l’ex-voto fatto da suo padre di ritorno dalla guerra. In fondo tutti vogliono superare il ricordo del disastro. «I turisti venivano, facevano la foto ricordo davanti al relitto e poi alla svelta salivano sul primo traghetto per tornare a casa», racconta Claudio che ha fatto della riscoperta culturale culinaria dell’isola quasi una missione di vita. Ha un ristorante e crede nel circuito Slow Food, non ha un menu perché cucina quello che porta un pescatore locale.
Il sentiero che dal Porto sale fino a Giglio Castello ha ancora scavati nella roccia i segni degli zoccoli degli asini che qui hanno servito militari e vignaioli. Le mulattiere hanno permesso di sviluppare percorsi guidati alla riscoperta dell’isola grazie al circuito di guide che accompagnano escursionisti e studenti provenienti da tutta Italia. Si fanno così esperienze didattiche di botanica, storia, geologia o biologia marina in collaborazione con un laboratorio di ricerca tedesco che ha base al Campese.
Giglio Castello è in alto, a 400 metri, raggiungibile con una strada fatta di tornanti panoramici che lasciano vedere tutto il territorio maremmano. Per i gigliesi oggi sono importanti il recupero e la riscoperta delle tradizioni partendo dalla riapertura di sentieri archeologici e operando il restauro delle vecchie fonti di acqua sorgiva. «Le antiche vigne terrazzate che qui chiamano greppe sono una presenza importante del paesaggio e vanno riutilizzate per mantenerle vive», così dice Cesare, 35 anni, da sette tornato sull’isola. È ingegnere e ha deciso di investire in questo territorio: sognava un vitigno autoctono e ora è quasi pronto per essere piantato.
Ma al Giglio la gente è semplice, si sporca le mani e suda quando lavora. Nelle vecchie cantine del Castello incontriamo chi il vino non lo fa per lavoro ma per passione. C’è il signor Danei, 82 anni, sta seduto a un tavolo al centro di una cantina con le pareti scavate nella roccia. Erano e sono, oggi come ieri, luoghi di incontro, come quando si tornava dalle vigne o dalle miniere di pirite. Dalle mura del Castello la vista spazia sul Tirreno e si riconoscono l’isola d’Elba, quella di Montecristo e la piccola Pianosa; chiude l’orizzonte la Corsica.
Campese sul versante opposto del Porto, è allungato sulla spiaggia chiusa tra la Torre medicea e il Faraglione. Stefano Feri, presidente dell’associazione albergatori dell’isola e consigliere del parco nazionale dell’Arcipelago toscano, ci racconta che l’anno peggiore per il turismo è stato il 2012: dopo il naufragio la gente aveva paura del disastro ecologico. Fortunatamente il mare è rimasto pulito e i suoi fondali sono tornati ad attrarre di nuovo turisti da tutta Italia. La costa è ricca di spiagge: la più scenografica è quella di sabbia bianca delle Cannelle. L’isola, tornata alla normalità, punta ora sul suo patrimonio culturale e paesaggistico.
Il Giglio è vera natura mediterranea. Una riprova si ha andando, magari in mountain bike, dal Castello alla punta del Capel Rosso, sul versante più selvaggio. Paolo Sorrentino girò qui l’ultima scena di La grande bellezza. Il vento di scirocco che sale dal mare ci porta il profumo del mirto. All’orizzonte, l’isola di Giannutri, ma questa è un’altra bella storia.