A Capri, per Villa San Michele

Sullo sperone che domina Marina Grande, l’eclettico rifugio costruito dal medico e scrittore svedese Axel Munthe da più di un secolo affascina i visitatori. Pubblicato la prima volta in inglese nel 1929, il suo bestseller La storia di San Michele è tra i libri più venduti del Novecento, tradotto in 45 lingue, esperanto compreso.

La prima volta che Axel Munthe vide Capri fu in una fotografia: una striscia di poche case sull’acqua, Marina Grande, una decina di barche, due donne con lunghi abiti sugli scogli in fondo al paese. Quando ci arrivò in carne e ossa, sulla barca a vela della posta, era il 1876 e aveva diciannove anni. Da Capri, con l’asinella Rosina e una bella ragazza dagli occhi lustri, Gioia, salì i settecentosettanta ripidissimi scalini della scala fenicia, scavata nella roccia, e raggiunse il piccolo borgo di Anacapri. Una volta in cima ogni fatica fu ripagata: «Tutto il golfo di Napoli era ai nostri piedi, circondato da Ischia, Procida, Posillipo, guarnito di pini, la scintillante linea di Napoli, il Vesuvio con la sua rosea nuvola di fumo, la pianura di Sorrento protetta da monte Sant’Angelo e più lontano gli Appennini coperti di neve», scrive Axel Munthe, autore di uno dei bestseller di tutti i tempi, La storia di San Michele, racconto autobiografico della sua vita originale e avventurosa.

Dell’amore a prima vista per l’isola Munthe scrive fin dal primo capitolo del libro, in una prosa fiorita, un po’ ampollosa, e più distesamente nel capitolo Estate in cui racconta la costruzione di Villa San Michele. Camminando nella campagna, fra mirto e ginestre, si imbattè, in quella prima visita nell’isola, in un vecchio che scavava profondi solchi per le nuove viti nella terra. Era il falegname mastro Vincenzo che con le sue mani aveva costruito una casetta di sassi e mattonelle recuperate. Ovunque spuntavano dalla terra capitelli, pezzi di colonne, marmi. «Tutta roba di Timberio», dicevano i locali, pensando all’imperatore Tiberio che a Capri aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita. La casetta bianca di mastro Vincenzo si insediò da quel giorno nei pensieri del giovane Axel. Nell’estate del 1884, scoppiò un’epidemia di colera e i primi morti furono a Napoli. Munthe lesse la notizia su un giornale svedese e vi si precipitò. «Devo la poca felicità di cui godo all’Italia – scriverà – ci sono andato per ringraziarla».

A Napoli Munthe si dedica anima e corpo ai malati nei quartieri più poveri e derelitti. Nel 1880 si è infatti laureato in medicina e specializzato a Parigi con il grande psichiatra Charcot, lo interessa con lungimiranza l’intreccio fra malattia organica e sistema nervoso. Nel 1889 apre uno studio a Roma, ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti. Il suo talento mondano e alcuni incontri fortunati gli aprono le porte delle colonie svedese e francese e dell’aristocrazia romana, i pazienti, uomini milionari e mogli nevrasteniche, aumentano, insieme alla sua fama di medico intuitivo e ospite elegante, colto, interessante e originale. Qualche anno dopo, finalmente, realizza il suo sogno: avere una casa tutta sua a Capri, la casetta bianca di mastro Vincenzo. L’inverno con le fide sorelle anacapresi che lo accudiscono Giovannina e Rosina abita e lavora a Roma, l’estate si immerge nella trasformazione delle misere stanzucce nella costruzione che anno dopo anno diventerà Villa San Michele. «Non c’era altro che un rozzo schizzo disegnato da me con un pezzo di carbone sul muro bianco del giardino», ma fare tutto da solo fa parte dell’aspetto romantico ed eroico dell’impresa.

La sua fama di medico ha intanto raggiunto la corte svedese. Durante uno dei suoi soggiorni capresi viene convocato dalla principessa Vittoria, moglie di Gustavo Bernadotte, l’erede al trono di Svezia con cui ha avuto tre figli. Di salute molto cagionevole, infelice nel matrimonio, Vittoria, di passaggio a Capri, lo vuole conoscere. L’incontro è fatale, la principessa e Axel si scoprono uniti dalla stessa passione per l’arte, l’archeologia, la musica, l’amore per gli animali e per Capri. Quel giorno è nato un legame che durerà per sempre. Dal 1901 allo scoppio della guerra mondiale, la principessa passerà ogni anno lunghi soggiorni a Capri, che comincia proprio allora a essere scoperta dall’aristocrazia europea, oltre che da artisti e scrittori. Da Villa San Michele, tra i molti, passano Henry James, Oscar Wilde, il Kaiser Guglielmo II, cugino di Vittoria, il conte Zeppelin, celebre disegnatore di aerei, l’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, la zarina Alessandra di Russia, lady Ottoline Morrell, animatrice della società artistica inglese. Munthe acquista sempre nuovi pezzi di terra, perfino la montagna e il castello Barbarossa, a picco sopra la villa, per proteggere gli uccelli dalla caccia con le reti.

Ai primi del Novecento Villa San Michele è pronta: il folto giardino dove il suo eccentrico creatore portò anche due betulle dalla Svezia, la grande pergola, la terrazza con le colonne bianche, decine di oggetti eclettici, dalla Sfinge egiziana alla testa di Medusa del IV secolo, che Munthe raccontava di aver visto dall’alto della villa sul fondo del mare trasparente. Axel sposa l’inglese Hilda Pennigton Mellor, da cui avrà due figli, Peter e Malcolm. Vittoria diventa regina nel 1907 e celebra i venticinque anni di matrimonio con il marito Gustavo V, ma il sodalizio resta inalterato fino alla morte di Vittoria, nel 1930. Al capezzale, il marito e Axel le tengono le mani: «Vieni presto» sussurra lei a quest’ultimo.

Cieco, malato, Axel Munthe, vivrà a Capri ancora per molti anni e solo alla fine tornerà in Svezia, ospite di re Gustavo V, con un biglietto d’aereo per Napoli sempre pronto sul comodino: «A Capri anche morire è diverso». Morirà invece a Stoccolma nel febbraio del 1949. Nell’ultimo testamento, un anno prima, oltre ai molti lasciti ai poveri di Anacapri, alla società svedese per la protezione degli animali, alla famiglia di Rosina, affida Villa San Michele allo Stato svedese cui tuttora appartiene. Poeta, artista, per i suoi molti ammiratori e soprattutto per la folta schiera di ammiratrici, manipolatore, millantatore e disonesto per chi ne diffidava, Axel Munthe e il suo libro non hanno ancora smesso di attirare nell’isola tanto amata migliaia di visitatori incantati da La storia di San Michele e del suo autore.

Fotografie di Angelo Antolino