L'angelo di Carditello

Tommaso Cestrone, il pastore che diede – letteralmente – la vita per difendere dal degrado e dalla malavita la reggia borbonica di San Tammaro, nel Casertano, è uno degli protagonisti del film «Bella e perduta», in cui si racconta il difficile salvataggio e recupero del capolavoro architettonico. Una storia italiana

Dalla cancellata mangiata dalla ruggine si intravede un’antica dimora agricola piantata in un parco dove, tra calcinacci, lamiere e pneumatici, spuntano fontane, obelischi e un tempietto circolare. Dentro, camini di marmo, arredi, affreschi e decorazioni in stucco sono stati portati via a pezzi. Nel silenzio di morte della campagna circostante avvelenata dai rifiuti tossici bruciati o seppelliti dalla camorra, c’è un tramestio: mani che lavorano e occhi azzurri che guardano dove accomodare, proteggere.
È il Real sito di Carditello, prima tenuta di caccia poi azienda agricola dei sovrani borbonici, oggi un fantasma nella Terra dei fuochi, Campania. Parte da qui il lungometraggio Bella e perduta del regista casertano Pietro Marcello, presentato in agosto al 68° Festival del Cinema di Locarno, in Svizzera.

Pietro, 189 centimetri di passione per 38 anni in bilico tra pittura e cinema, ha le tasche piene di riconoscimenti internazionali grazie anche a L’Avventurosa, società di produzione cinematografica indipendente, costituita sei anni fa assieme al regista Gianfranco Rosi e alla montatrice Sara Fgaier. Il primo film realizzato insieme, La bocca del lupo (2009), vinse quell’anno il Torino Film Festival e il Festival di Berlino.
Le riprese iniziano nell’autunno 2013 nella sua terra d’origine, il Casertano, dove Pietro ha trascorso l’infanzia tra mille avventure, nei casermoni abbandonati, tra le voragini delle bombe lanciate dagli americani, nelle chiese diroccate. L’idea è quella di girare un lungometraggio attraverso una narrazione corale e itinerante sull’Italia di ieri e di oggi così come Guido Piovene scrisse nel 1957 il suo Viaggio in Italia. C’è però un colpo di scena…

C’è però un colpo di scena: a San Tammaro, 15 chilometri da Caserta, dove si erge quel che rimane della reggia di Carditello, Pietro conosce un pastore dagli occhi azzurri, Tommaso Cestrone. Pietro rimane con lui tre mesi e la cinepresa diventa il braccio di una storia nella storia, più profonda e dolorosa, che dà il via al tutto. Tommaso vive per la reggia, che da tempo è in stato di abbandono così come il Tci ha denunciato ormai tre anni fa. Ogni giorno all’alba con la sua ruspa lavora in quel che resta delle corti agricole custodendo quel luogo in cui suo padre, quando lui era piccolo, affittava le stalle e «il fieno profumava ancora». Non importa se la zona pullula di camorristi latitanti che si nascondono, lui, Tommaso, ribattezzato dalla gente del posto “l’angelo di Carditello”, non molla, anzi spesso dorme nella roulotte che ha spostato nel giardino della Reggia, mentre la sua famiglia vive in una fattoria poco lontana.

Quando nel 2011 fu disposta la vendita all’asta dell’edificio, per il suo contributo volontario Tommaso Cestrone viene nominato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Ce) “ausiliario della custodia giudiziale del Real sito”. Si dispongono undici aste, ma tutte vanno deserte. Alla dodicesima, nel gennaio di quest’anno, accade il miracolo, ma intanto il tempo di Tommaso su questa terra è finito la notte di Natale del 2013: l’uomo è fulminato da un infarto a soli 48 anni, forse per il dolore di non poter fare di più, forse per la paura di essere ammazzato. Se ne va pochi giorni prima che lo Stato italiano acquisti Carditello scongiurando così il pericolo di un passaggio di proprietà nelle mani di organizzazioni criminali. È successo infatti che a ottobre 2013 Massimo Bray, all’epoca ministro dei Beni culturali, ha visitato il sito ed è rimasto colpito dal suo angelo. «Prima di entrare nella Reggia – ricorda Bray – Tommaso mi ha detto che di promesse in quel luogo ne erano state pronunciate tante. “Parole politiche davanti a televisioni; parole d’aria,” come le ha definite lui, che non hanno portato mai ad alcuna soluzione. Io gliene ho fatta una l’ultima volta che l’ho sentito, poco prima che se ne andasse: che non ne avrei mai fatte, se non avessi avuto la certezza di rispettarle.» E così è stato.

«Questa storia – racconta Pietro Marcello – è narrata nel film come una parabola che rappresenta il nostro tempo sullo sfondo del paesaggio italiano, bello e perduto. Anche Giacomo Leopardi descriveva il nostro Paese come “una donna che piange con la testa tra le mani per il peso della sua storia, per il male atavico di essere troppo bella”.» Realizzare progetti raffinati come questi richiede coraggio, ma la fortuna aiuta gli audaci e L’Avventurosa viene premiata. Mentre si cercano finanziamenti e sponsor ecco infatti apparire un imprenditore milanese di origini spezzine, Mario Gallotti, estimatore di Marcello, che stacca un assegno in grado di coprire parte dei costi del film. E il “ciak si gira” è assicurato.

Non vi raccontiamo come finisce il film perché non è bello svelare in anteprima un finale, specie quando un finale vero e proprio non c’è. Vi diciamo solo che in questo viaggio in Italia realizzato con la pellicola a 16 mm e non in digitale, (come a dire che la memoria del paesaggio perduto è anche memoria di un cinema che scompare) ci sono tante, troppe coincidenze: Pietro che incontra Tommaso tre mesi prima della sua morte, appena in tempo per registrare la sua storia e raccontarla; l’allora ministro che, pochi giorni prima della fine del proprio mandato, rende possibile l’acquisto di Carditello; il mecenate Mario che, pensate un po’, anni fa ha lavorato anni con il Tci che, a sua volta, si è impegnato anima e corpo per la Reggia di Carditello, e adesso supporta la realizzazione del film Bella e perduta. Dulcis in fundo, l’attuale ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini, ha dato il via alla Fondazione di gestione, che servirà a dare nuova vita al Real sito di Carditello insieme alle associazioni che da anni si battono per il suo rilancio.
Il cerchio si chiude. Che ci siano lassù due occhi azzurri che proteggono questo cammino? O è semplicemente l’Italia che va a forza di sacrifici individuali e volontariato?