Il viaggiatore. Oscar Wilde a Napoli

Dopo il processo per omosessualità e la prigione, Oscar Wilde si ritirò in Campania con il suo amante, dove fra spiagge, caffé e hotel via via sempre più modesti non mancò di regalare aforismi e... dare scandalo

Nel 1897, sulla passeggiata a mare di via Caracciolo, a Napoli, si poteva incrociare un uomo di mezza età, evidentemente straniero, imbolsito dagli anni. Una paglietta proteggeva dal sole i corti capelli castani. Dalla cravatta di raso nero emergeva appena una piccola perla. Da una tasca dell’abito blu, a un solo petto, sbucava una copia del Figaro. Un bulldog d’avorio coronava il bastone d’ebano, stretto dalla mano guantata. Sull'anulare dell’altra si stagliava un enorme anello episcopale, con un’ametista incastonata nell’argento. Solo da quest’indizio era possibile riconoscere quanto era rimasto di Oscar Wilde, uno degli artisti più celebri del tempo, travolto da un rovinoso processo per sodomia e distrutto dal carcere. Da allora aveva errato per l’Europa sotto falso nome. Wilde era arrivato a Napoli insieme a lord Alfred Douglas, detto Bosie: era stato proprio il padre del giovane a denunciare lo scrittore, ma Oscar era ancora innamorato di quel fragile, capriccioso giovanotto. Dopo un breve intervallo all’Hotel Royal, la coppia si era trasferita a Villa Giudice, in via Posillipo 37. «Abbiamo una bella villa sul mare e un buon pianoforte. Prendo lezione di conversazione italiana tre volte alla settimana». Malgrado la tranquillità, Wilde non riusciva più a scrivere perché non sopportava che l’umiliazione e la sofferenza subite in prigione potessero generare arte. I due erano diventati fedeli frequentatori delle spiagge napoletane e dei caffè, specie del Gambrinus, ma gli inglesi di Napoli erano scandalizzati da quella coppia e Bosie fu avvertito che avrebbe fatto meglio a stare lontano da Oscar che si limitò a commentare: «La mia stessa esistenza è uno scandalo». Per fortuna i napoletani non avevano alcun problema a invitarli.

A Capri, Wilde era andato «per deporre qualche semplice fiore sulla tomba di Tiberio». Malgrado la celebre tolleranza dell’isola, la clientela inglese del più famoso albergo del posto, il Quisisana, aveva accolto gelidamente i due e presto l’ingombrante scrittore e il suo amante erano stati messi alla porta. «Mi hanno negato il pane», commentò laconico. Per fortuna una celebrità dell’isola, lo scrittore e medico Axel Munthe, li invitò a cena. Le famiglie di entrambi, indignate da quella scandalosa convivenza, tagliarono i fondi: presto lord Douglas chinò il capo e si allontanò dal compagno. Alla fine dell’anno il console inglese scrisse che Wilde sembrava «molto avvilito» e viveva ormai in un completo isolamento. Durante una gita a Taormina per incontrare il fotografo Wilhelm Von Gloeden venne derubato di tutto. Per risparmiare si trasferì a palazzo Bambini, in Santa Lucia 31 (nella foto, il quartiere in una foto d’epoca). Ormai aspettava nei caffè i viaggiatori inglesi per farsi offrire le consumazioni e le guide portavano i turisti al tavolo dove erano sicuri di incontrare lo scandaloso compatriota. Alla fine, Wilde lasciò Napoli alla volta di Parigi, dove sarebbe morto, abbandonato da tutti e indigente, meno di tre anni dopo, a soli 46 anni.