di Tino Mantarro
La storia di padre Alberto De Agostini, a tutto noto come Don Patagonia. Missionario salesiano, esploratore e giornalista che raccontò il Sud America sul giornale del Touring negli anni Venti.
Molto prima che Bruce Chatwin scoprisse dov’è la Patagonia c’era padre Alberto De Agostini. Per tutti, semplicemente Don Patagonia. Biellese di Pollone, missionario salesiano, fratello minore di Luigi De Agostini – fondatore dell’omonima casa editrice, quella degli atlanti –, Don Patagonia era un piemontese vero, chiuso e tutto d’un pezzo. Austero e silenzioso, smilzo e allampanato, vestiva sempre con una tonaca lunga e un basco sulla testa. Padre De Agostini aveva un amore vero verso la montagna.
Se gli chiedevano di qualche cima, o della Patagonia dove aveva messo piede per la prima volta nel 1910, si apriva subito. Iniziava a parlare e non la smetteva di raccontare. Si sentiva un gran scalatore, e lo era: a oltre 60 anni organizzò la spedizione che portò alla conquista del monte Sarmiento. Si sentiva un gran esploratore, e lo era: scoprì il fiordo della Terra del Fuoco che oggi porta il suo nome. Era anche un pastore di anime, particolarmente attento alla situazione delle tribù indigene patagoniche; oltre che un divulgatore d’eccezione (scrisse quasi 60 libri in più lingue), un fotografo instancabile (il suo archivio conta circa 40mila immagini, a destra quattro tra quelle conservate negli archivi Tci) e un cineasta d’avanguardia: già nel 1933 realizzò il documentario naturalistico Terre Magellaniche con diverse riprese aeree. Negli anni Venti iniziò una collaborazione con le riviste del Touring Club Italiano per cui scrisse diversi articoli e pubblicò fotografie.
Nel febbraio del 1924 pubblica su Le Vie d’Italia e dell’America latina un lungo reportage (13 pagine tra testi e foto) in cui prende parte alla prima crociera turistica nella Terra del Fuoco. A Bordo del transatlantico Cap Polonio, della Compagnia marittima amburghese, viaggia da Buenos Aires fino a Ushuaia e ritorno, facendo scalo a Comodoro Rivadavia e poi a Punta Arenas, la città dove ha trascorso la maggior parte della sua vita. Ai soci del Touring De Agostini racconta di «una terra magnifica e spoglia, di una nave davanti alla quale si svolgono sempre nuovi ed affascinanti spettacoli: immensi fiumi di ghiaccio che scendono maestosi dai monti e spiccano singolarmente per il candore delle nevi e l’azzurro dei gelidi crepacci». Esattamente novant’anni dopo abbiamo ripercorso in piccola parte quel viaggio.