Norvegia, tra i cacciatori di aurore

Luca GiordanoLuca GiordanoLuca Giordano

Sull’isola di Senja stanno tutti con gli occhi al cielo per ammirare le luci boreali del Nord, mentre i giapponesi sperano in una prole fortunata

Un vero cacciatore di aurore boreali in quest’ora propizia non starebbe seduto al ristorante a pensare quanto è incredibilmente buono questo salmone al forno con crema di formaggio kvarg ed erba cipollina. Un vero cacciatore d’aurore boreali starebbe scalando la montagnola dietro il porticciolo di Hamn i Senja, per cercare un angolo scoperto di alberi e sufficientemente lontano da ogni fonte di luce in cui sistemare la potente attrezzatura fotografica. Tutto con un unico obiettivo: immortalare quella che qui in Norvegia chiamano polarlys, la luce del Nord. Non che sia difficile trovare un angolo buio sull’isola di Senja, la seconda più grande della Norvegia, giusto qualche grado oltre il Circolo polare artico. Per chilometri non c’è presenza umana, solo boschi di larici, distese di betulle e rocce che si buttano senza eccessiva drammaticità nelle calde acque del mare del Nord. Caldo relativo, certo. Ma sufficiente a non far gelare le acque di questo tratto di mare e a rendere il porticciolo di Hamn i Senja un comodo riparo per chi si avventurava a pescare i merluzzi che poi venivano messi a seccare al vento sui graticci di legno posti davanti alle case rosse come prescrive l’iconografia nordica. L’iconografia di queste terre polari prevederebbe anche le aurore boreali e il loro contorno, dicono, di stupore.

Ma ammettiamolo, da ingenui san Tommaso della fisica: che spettacolo potrà mai essere questa aurora boreale? Sarà una luce distante, al massimo un bagliore tremulo in lontananza. Qualcosa tipo la fiammella dello scaldabagno che rischiara l’oscurità del tinello nella notte. Poesia poca, ignoranza scientifica tanta. Invece ad Hamn I Senja, dove il piccolo porto è stato trasformato in confortevole resort, sembrano tutti eccitati dall’idea che questa sera si possa vedere la luce del Nord. Del resto, e non sono gli unici, sono arrivati fin qui per questo. Ma che cosa sono scientificamente le aurore boreali? Volendo essere letterari si potrebbe dire che un’aurora boreale è energia cosmica in libera uscita. Una scia danzante di ossigeno ionizzato e atomi di azoto che giocano nel cielo e si sfidano come divinità combattenti. Detto in termini tecnici sono il risultato dell’interazione delle particelle solari con l’atmosfera celeste. Un’interazione complessa tra il pulviscolo solare e l’atmosfera che avviene a oltre 100 chilometri di altitudine sopra la superficie terrestre. L’impatto dei due elementi genera gas che bruciando creano una rifrazione luminosa percepita dal nostro occhio come verde, ma può essere anche rossa o azzurra, a seconda dell’altezza cui avviene. Questo per la fisica. Per quel che concerne la geografia invece le aurore si vedono solitamente ai due Poli. Le particelle solari in realtà cadono lungo tutto il globo, ma si concentrano agli estremi a causa della geometria del campo magnetico terrestre. La fascia in cui si vedono comprende la fascia dei Circoli polari artici. Nel nostro emisfero può arrivare ben a Sud, fino alla Scozia e ancor più giù. Ma la vera terra d’elezione per i cacciatori di aurore è la Scandinavia

E oggi le condizioni sono ottimali: cielo sgombro da nubi per miglia, foschia non pervenuta, luna mancante. Anche la temperatura è piacevole, qualche grado sopra lo zero; vento, assente. A tavola si raccontano le leggende che a ogni latitudine circolano sulle aurore boreali. Alcune sono poesia pura. La più bella dice che le aurore altro non sarebbero che le lacrime delle donne che non possono avere figli. Tra i Sami, gli abitanti originari della fascia polare della penisola scandinava, sarebbero le luci emanate dai corpi degli antenati defunti. Dei fuochi fatui celesti che vengono trattati con immenso rispetto, al punto che i Sami per tradizione rimanevano al chiuso durante le aurore. Un’antica leggenda vuole che siano le code delle volpi in fuga, mentre per i cinesi – che hanno un diverso immaginario animale – altro non sarebbero che il soffio vitale dei dragoni. Per i Vichinghi erano i riflessi provocati dalle armature delle valchirie, le donne guerriere. Mentre una leggenda più contemporanea vuole che per i giapponesi siano un simbolo di fertilità e fortuna. Si mormora di coppie di turisti nipponici in cerca di prole che in questi ultimi anni avrebbero preso a frequentare la Norvegia per concepire gli eredi sotto la luce del Nord. Qualcuno avrebbe addirittura costruito camere con il tetto in vetro per favorire il lieto evento. Ma trattasi di leggenda, assicurano infastiditi i norvegesi.

L’aurora boreale è cosa seria, e neanche il salmone riesce a distrarre i commensali quando arrivano le prime avvisaglie che qualcosa sta accadendo. «Ooohhh», «uuuhhh» e l’«amazing» dell’immancabile americano. Che sarà mai? Sarà qualcosa per cui si sarebbe ricreduto anche San Tommaso. Un balletto infinito di luce verde e capricciosa che copre il cielo da un capo all’altro, stringendosi e allargandosi quasi fosse il vestito di una prima dama della Scala che danzando gioca con l’abito lungo. Ora sembra un cappello che tutto copre, ora pare estinguersi quasi avesse perso energia. Poi invece torna, si infiamma e si accende disegnando greche e ghirigori. Sembra l’occhio di un ciclone maestoso, o la scia di un serpente di cartapesta. Qualcosa per cui è valsa la pena arrivare fin quassù e lasciare il salmone a freddare nel piatto.

NOTIZIE PRATICHE

L’isola di Senja dista circa due ore dall’aeroporto di Tromsø o di Evenes/Harstad. Per arrivare ad Hamn i Senja ci sono diverse opzioni: in auto una volta sull’isola di Senja si deve seguire la statale 86 per Gryllefjord. Ci sono anche collegamenti in bus da Finnsnes (www.tromskortet.no).
Prezzi: da 187 € per la doppia con possibilità di cucinare.
Info: www.hamnisenja.no; www.visitnorthernnorway.com.

 

Foto di Luca Giordano