di Vittorio Emiliani
Prima dell’apertura della Via Francigena i pellegrini che andavano a S. Pietro si imbarcavano e arrivavano a Roma direttamente via Tevere
A Roma c’è ancora sul Tevere una Ripa Romea. Là finiva o cominciava la meno conosciuta e forse una delle più affascinanti fra le vie giubilari fin dal VII-VIII d.C.: la via fluvio-marittima. Situata sulla riva destra fra la Porta Portese e il maggior approdo tiberino: Ripa Grande dal ’700 dominato dalla mole del complesso del S. Michele, grande opera caritativa per gli orfani voluta da Clemente XI Albani. Con la Ripa Romea – alle cui spalle si alzano tuttora i capannoni dell’Arsenale Pontificio – siamo dunque a pellegrinaggi non ancora ufficiali, due o trecento anni prima che Sigerico venisse da Canterbury a Roma lungo l’itinerario della Via Francigena per ricevere il pallio arcivescovile da papa Giovanni XV.
I pellegrini provenienti dalla Provenza evitavano a volte la via di terra per sfuggire alla rapacità dei Longobardi o soltanto delle bande di briganti e si imbarcavano in uno dei porti liguri, spesso Genova, e raggiungevano Fiumicino. Da qui, lambendo Ostia Antica, risalivano il Tevere fino alla Ripa dei Romei, trasbordati su navi più piccole, di poco pescaggio, che venivano su controcorrente trainate per lo più da bufali fino a destinazione. Potevano subentrare anche i cosiddetti «pilorciatori», facchini che a braccia, con grosse funi, trainavano l’imbarcazione. Da pilorciatori verrebbe il termine spilorci, cioè «tirati».
La Ripa Romea. Sulla riva destra, è sostanzialmente opposta alla Ripa Graeca formatasi sulla riva sinistra del Tevere davanti al quartiere della Graeca, con le chiese di S. Maria in Cosmèdin (che vuol dire ornamento), quella della Bocca della Verità affidata ai monaci bizantini sfuggiti alle persecuzioni degli iconoclasti, di S. Anastasia, di S. Teodoro, di S. Giorgio al Velabro. Nella zona si era stabilita una comunità greca formata da marinai e pescatori del vicino porto.
La strada che porta al vicino Circo Massimo si chiama infatti tuttora Via della Greca. Nell’850 papa Leone IV, per timore di nuove incursioni dei Saraceni fece erigere una torre di guardia su entrambe le Ripe, demolite secoli dopo quando il porto venne ingrandito. Il trasporto mare-fiume veniva usato anche dai pellegrini provenienti dalla Sicilia.
Una volta sbarcati alla Ripa Romea seguivano un percorso prestabilito sino a S. Pietro, regolarizzato al tempo di Giulio II con le vie Lungaretta e poi Lungara dove si offrivano ai viandanti ogni sorta di soste e di servizi, fino a S. Spirito in Saxia e quindi a S. Pietro.
Le stampe e gli affreschi medievali ci mostrano com’erano attrezzati i pellegrini detti anche Romei o Francigeni facenti parte dell’Ordo Peregrinorum (fino a pochi anni fa l’Opera Pellegrinaggi si chiamava ancora Peregrinatio ad Petri sedem). Anzitutto la bisaccia nella quale il pellegrino custodiva quanto gli serviva per sopravvivere ed era frutto delle offerte raccolte lungo il cammino. Il bordone, cioè un bastone, arma simbolica contro le tentazioni diaboliche e per difesa e sostegno munito com’era di un puntale, contro vipere, volpi, cani selvatici o, peggio, briganti. Per questo i Romei formavano in genere gruppi numerosi, spesso coi mercanti che aprivano nuove strade ai commerci e magari disponevano di carriaggi e cavalli. Avevano una credenziale, cioè il foglio di viaggio che certificava l’identità della persona, la condizione sociale e gli intendimenti. Essa attestava coi timbri delle parrocchie il cammino percorso. Nel caso della via marittima il timbro certificava data e luogo di imbarco e sbarco. Il ciondolo è una sorta di insegna del pellegrino portava sul petto e che ne attestava la destinazione: le chiavi incrociate di S. Pietro o il volto della Veronica per coloro che erano diretti a Roma; una foglia delle palme di Gerico per chi andava in Terrasanta. Un cappello a larghe tese proteggeva gli uomini dalle intemperie o dal sole. Le scarpe, quando c’erano, erano di cuoio, a forma di zampa d’orso: più larghe davanti, con pattini di legno dove c’erano paludi o acque ghiacciate. Alla cintura una borraccia che spesso era una zucca vuota. Addosso una mantellina corta che in certe contrade del Nord si chiama ancora in dialetto ra piligréna, la pellegrina. Come a Voghera che è situata sulla Via Romea e ha per santo protettore un pellegrino provenzale, San Bovo, spentosi in quella città di ritorno da Roma.