In Costa Brava con Dalì

Una Catalogna lontana dalle folle di Barcellona. Discreta, autentica, amata da artisti e scrittori, segnata da una costa selvaggia, parchi naturali, borghi, castelli e grandi vini e spazzata continuamente da un vento che, pare, stimoli la creatività e... la follia

Dimenticate Barcellona, le folle in coda sulle ramblas zeppe di giocolieri e venditori di cianfrusaglie, la marea di turisti in fila alla Sagrada Familia e nel Barrio Gotico e le montanti polemiche sul rischio di veder snaturare una piccola città per eccesso di visitatori. 
Questa è una Catalogna completamente diversa e con un sapore decisamente più autentico. E stranamente poco affollata. Eppure l’area che va dal confine con la Francia e si ferma poco a nord di Barcellona e la costa (Brava) del Mediterraneo, è da quasi un secolo una delle più amate da un genere che oggi definiremmo i fan del turismo lento, e che gli stessi catalani hanno ribattezzato sendereros, frequentatori di sentieri. 
Il nostro tour alla scoperta dei luoghi e dei tesori nascosti di questo territorio non può che cominciare dalla sua capitale, Girona (che gli spagnoli non catalani pronunciano Ghirona): un nucleo storico che risale ai Romani – ci arrivarono con la via Augusta, prosecuzione della consolare Aurelia – i quali usarono questa città come base per la conquista di tutta la penisola iberica, spingendosi fino a Cadice in Andalusia. 
Girona è un gioiello davvero ben conservato, fortificato da una cerchia di antiche mura, con un grande ghetto che testimonia la presenza di una nutrita comunità ebraica intorno al Carrer de pou Rondo, antichi bagni turchi, ex terme romane e numerose chiese tra cui la cattedrale, grandiosa e ricca (annesso il museo del tesoro) che sembra sfidare i canoni della statica e dell’architettura tanto è ampia. Girona si sviluppa in piazze, vicoli e porticati così caratteristici che inevitabilmente hanno attratto i produttori di cinema e serie tv. Ecco perché Girona è diventata il set ideale di film come Il profumo e Mission Impossible 5, e di serie tv come Il trono di spade (la prossima stagione, la sesta) e Segreti di famiglia. 
Sarà anche per questa memoria visiva inconscia che si ha la netta sensazione di esserci già venuti quando si gira per negozietti o cantine, o si attraversa uno dei tanti ponti, magari quello delle Vecchie pescherie, in ferro rosso, ordinato nel 1877 all’archistar dell’epoca, Gustave Eiffel, lo stesso della torre, e costato alla città 22.500 pesetas. Ma Girona non ha attratto solo le troupe in cerca di set originali. Qui passano i viandanti e i pellegrini diretti da sud verso il Camino de Santiago. Qui è passato, travolgente, Napoleone diretto in Portogallo, qui ha abitato a lungo il ciclista americano Lance Armstrong. 
Che ci troviamo in un luogo riservato e al tempo stesso aperto al mondo lo si capisce anche dalla toponomastica – c’è piazza Federico Fellini e i giardini John Lennon; dalla presenza di un museo del cinema; da librerie come Geli nel Carrer Argenteria; da ristoranti ai vertici della gastronomia spagnola come quello dei fratelli Rocas, che nei pressi della plac¸a de la Independència hanno anche aperto una rinomata gelateria, Rocambole.

Lasciamo Girona con la promessa di tornare per la grande esposizione dei fiori, l’evento della primavera (seconda settimana di maggio) che vede coinvolta tutta la città così come la festa di San Narciso, il patrono, che si tiene a ottobre.
Prossima tappa Castelló, nel parco naturale del Aiguamolls de l’Empordà. Frutto di una reazione a una dissennata speculazione edilizia che voleva ricoprire di cemento la costa Brava (definizione data da un giornalista, Ferran Agulló: vuol dire selvaggia, ma con il tempo è diventata sinonimo di territorio di bassa qualità ambientale) ora il parco circonda Empourdà, uno dei porticcioli turistici più grandi e protetti al mondo (4 km di lunghezza, 25 km di canali, 5mila ormeggi per 2.500 barche) e si può attraversare in bici per ammirare la fauna lacustre lungo sentieri attrezzati affacciati su quattro splendide baie sotto la protezione dell’Unesco. Abitata dai coloni greci di Marsiglia, deve il suo nome a Emporion che divenne Emporium dopo la conquista dei Romani di Scipione Africano nella seconda guerra punica che diede il via alla romanizzazione della penisola iberica. E di tutta questa storia millenaria si conservano innumerevoli tracce nel vasto sito archeologico. Oggi Empordà vuol dire sia grandi vini doc ma anche una certa condizione di spirito leggermente alterato, effetto, pare, della tramontana che spira spesso e che provocherebbe appunto effetti sulla psiche (si narra che in passato alcune persone accusate di delitti siano state assolte con questa motivazione). 

Non si sa se per colpa dell’Empordà o per una sua naturale predisposizione ma in questa zona nacque, prosperò e visse il pittore, artista, filmaker, scenografo e divo del surrealismo Salvador Dalí. Quale migliore occasione per seguirne le tracce tra la nativa Figueres, il suo buen retiro sul mare a Cadaqués, tra i suoi musei i suoi indirizzi preferiti i suoi locali e la sua casa di Port Lligat? Il porticciolo di pescatori di Cadaqués, che si raggiunge a fatica con una strada a tutta curve, sembra rimasto intoccato dal turismo di massa. Qui veniva il piccolo Dalí in vacanza, qui portò Gala, una donna russa, più anziana di lui e all’epoca moglie del poeta Paul Élouard con grande scandalo della famiglia e del padre notaio, liberale e antifranchista ma non così lungimirante da tollerare la sua compagna e poi musa ispiratrice fino alla fine.
Qui venivano a trovarlo da Parigi gli amici surrealisti come il regista Luis Buñuel e il poeta Federico García Lorca. Qui giovanissimo fu notato da Picasso (racconta Dalí). Qui giocava a scacchi con Marcel Duchamps, seduti a un tavolino del cafè Meliton, sulla spiaggia di fronte al quale ora si erge una grande statua di bronzo di Dalí, spalle al mare, con bastone da passeggio e gli immancabili baffetti all’insù. 
Cadaqués vive ovviamente ancora oggi del mito del suo pittore che pure da vivo fu costretto dal padre a lasciarlo e a ritirarsi in una piccola baia vicina, a Port Lligat, un borghetto di pescatori dove solo una vedova, tale Lidia, acconsentì a vendergli una rimessa di barche sulla spiaggia. Con il tempo il pittore la trasformò in una riconoscibilissima casa-museo, la quintessenza della sua arte e del suo narcisismo (sul tetto spiccano enormi uova, in Spagna simbolo di machismo, e due figure di amanti che si baciano). E sempre qui tornò per tutta la vita, di passaggio tra Parigi e New York e durante la lunga costruzione del suo museo personale nella nativa Figueres.

A Figueres, un giovanissimo dalí aveva esposto per la prima volta i suoi quadri, e qui volle costruire il proprio museo, che è l’attrazione numero uno della zona perché non è un semplice contenitore di opere d’arte, ma è esso stesso un’unica e irripetibile opera d’arte. Entrare nel museo Dalí è come tuffarsi in un universo in cui tutto cambia e si trasforma: il ritratto anamorfico di Gala nuda di schiena diventa, se visto da una certa distanza, il ritratto del presidente americano Abramo Lincoln; una poltrona e due quadri si trasformano nel volto della diva di Hollywood Mae West, la barca che fu di Gala pende dal soffitto del giardino di quello che fu il teatro di Figueres ed enormi gocce di acqua blu sembrano cadere su una vecchia Cadillac, lo stesso modello che fu di Roosevelt ma anche di Al Capone, con una statua che ricorda i vecchi tappi del serbatoio della benzina. E poi siepi che formano la lettera G di Gala, figure dorate che alludono alle statuette degli Oscar cinematografici, una Venere di Milo omaggio al torero Manolete, riferimenti continui alle sue amate corride, lampade stile déco della metropolitana di Parigi e sulle pareti esterne, rosso mattone, tanti simil pagnotte di pane, simbolica allusione alla sua panera, disegno che fu utilizzato per pubblicizzare il piano Marshall in Spagna nel secondo dopoguerra. Insomma un viaggio onirico tra “pitture paranoiche” che ha bisogno di tempo per essere compreso, digerito, assorbito. 

Quale migliore sistema per rimettere i piedi per terra che una sosta nella cantina dell’hotel ristorante Duran, in carrer Lasauga 5, che – combinazione – era la seconda casa di Dalí durante la costruzione del museo: la sua stanza era sei mesi l’anno sempre la stessa, la 101-103. Qui è possibile assaggiare i suoi piatti preferiti, parte di una cucina saporita a base di carne e paella (Dalí era decisamente carnivoro).
Per smaltire surrealismo e prosciutto pata negra niente di meglio che tornare sul mare e raggiungere la vicina Palamós per assistere, al tramonto, ai grandi pescherecci di ritorno dai banchi nel golfo del Leone, alle aste elettroniche per la vendita del pescato e poi al vicino mercato del pesce, dove tonnetti e ricciole, spatole e gamberi vengono esposti sui banchi dalle mogli dei pescatori con un gusto estetico raffinatissimo.

La sera è di rigore una sosta nell’hotel Trias, una storica tappa di una vera ruta leteraria, dove lo scrittore americano Truman Capote, in perenne vagabondare per i Paesi del Mediterraneo, allora quasi sconosciuto, si fermò e tornò più volte e cominciò a scrivere il suo capolavoro A sangue freddo. Sempre l’hotel Trias, intatto nel suo stile anni Cinquanta, fece lo sfondo a sussurrati incontri calienti tra la diva Ava Gardner e l’attore Mario Cabré, con lei nel cast di Pandora, un film del 1951 sulle corride. Incontri che scatenarono la gelosia del fidanzato di Ava, nientemeno che Frank Sinatra, il quale corse fino a Palamós per riconquistarla e poi (infelicemente) sposarla. Chi divenne felice fu proprio la costa Brava, che da allora accolse troupe di kolossal (uno fra tanti: Improvvisamente l’estate scorsa, del 1959, con Liz Taylor, Montgomery Clift e Katharine Hepburn) e divenne meta prediletta, e talvolta residenza, dello scrittore Manuel Vázquez Montalbán, del coreografo e star della danza spagnola Antonio Gades con la moglie, l’italiana Elsa Peretti, del mito del flamenco spagnolo Carmen Maia e di tanti altri, noti e meno noti. 
Anche l’entroterra della costa Brava, tornata a essere considerata meta di vacanza di qualità, è disseminato di luoghi di interesse. Dagli intatti paesi medievali di Pals, primo borgo recuperato e restaurato negli anni Sessanta, e di Peratalada; ai Paradores (le case-albergo statali) a picco su una costa rocciosa e spettacolare come il Parador de aiguablava (acqua azzurra), al vicino castello e al centro storico della panoramica Begur, un borgo di piazzette assolate e di bar all’aperto, ideali per una sosta gastronomica a base di tapas e picada, un pesto catalano fatto con nocciole, aglio e prezzemolo, e circondato da case indiane, chiamate così perché costruite e abitate dagli emigranti catalani di ritorno dalle Indie, ovviamente solo un sinonimo per indicare le Americhe.

Foto di Vittorio Giannella