di Piero Carlesi
Cento anni dopo la Grande Guerra le opere di difesa in Trentino sono diventate contenitori per l'arte collegate dal Sentiero della Pace
L’Autobrennero, dopo aver superato la piana veronese presto s’infila nel solco scavato dall’Adige ed entra in provincia di Trento. Il passaggio è sottolineato non solo dal diverso scenario, con montagne al posto delle colline, ma anche dai coltivi: le candide fioriture dei ciliegi cedono via via il passo ai vigneti e ai meleti, pure loro in fiore. Maggio è uno dei mesi più belli per le fioriture e il Trentino si sta agghindando al meglio per chi vi giunge.
Eppure... cento anni fa qui infuriava la guerra. Proprio nel mese di maggio del 1916 si scatenò la cosiddetta Strafexpedition, la spedizione punitiva austriaca.
In breve, dopo Ala e Avio ecco che si profila la piana su cui si adagia Rovereto, la seconda città del Trentino, meta turistica di grande rilevanza grazie al Mart. Oggi però non siamo diretti al Mart, né a Trento anche se è in corso (si conclude l’8 maggio) la 64ª edizione del Trentofilmfestival, la storica rassegna di film di montagna. Siamo qui con l’intenzione di ripercorrere tratti di sentieri di guerra oggi uniti in un grande itinerario che ha un nome sicuramente più propositivo: il Sentiero della Pace, che dal passo del Tonale, attraverso tutto il Trentino, con un percorso di 520 chilometri raggiunge la Marmolada.
Rovereto. Proprio alle spalle della città di Rovereto si aprono gli altipiani, dapprima trentini (di Folgaria e Lavarone) e poi veneti dei Sette Comuni o di Asiago. Nel 1916 questi ultimi furono individuati dall’alto comando austriaco come il tratto più favorevole per uno sfondamento delle linee italiane, in quanto con rilievi più dolci rispetto, ad esempio, al confine molto più tormentato delle Alpi.
A distanza di un secolo rimangono sul terreno abbondanti avanzi degli scontri, in prevalenza trincee e forti. Questi ultimi, tutti austriaci perché gli Asburgo temevano un’invasione da Sud (non a caso i più antichi sono stati edificati subito dopo l’Unità d’Italia), erano di diverse tipologie. C’erano le tagliate vallive, ossia degli sbarramenti che potevano interrompere la strada di accesso (edificati tra il 1859 e il 1871), i forti leggeri costruiti tra il 1880 e il 1883, le fortezze di montagna, più compatte e massicce, nate tra il 1883 e il 1900, e infine i forti corazzati, a ridosso della linea di confine, poderosi, in calcestruzzo e acciaio costruiti tra il 1907 e il 1915, ultimati a ridosso della discesa in guerra dell’Italia.
A più di 100 anni dall’inizio delle ostilità fra Austria e Italia il territorio resta ancora ricco di testimonianze storiche e certamente il tema della memoria è quello più caratterizzante; tuttavia è lo stesso ambiente naturale circostante a trasmettere grande suggestione al visitatore che ripercorre questi luoghi.
Il Museo storico. A Rovereto si trova il Museo storico italiano della guerra, ospitato nell’antico castello; è il primo, evidente, documento di quanto è successo un secolo fa: una tragedia immane. Il Trentino ebbe 21mila case distrutte, decine di migliaia di persone sfollate e 11.400 soldati trentini caduti. Qui è molto interessante da vedere la sezione sulle artiglierie della Grande Guerra che si trova nel rifugio antiaereo ai piedi del castello.
Poco sopra Rovereto, a Castel Dante, ecco il cilindrico Sacrario militare che custodisce le spoglie di migliaia di soldati; è raggiungibile con la strada carrozzabile. Poco sopra sorge sul colle di Miravalle la Campana dei Caduti, detta Maria Dolens, ottenuta per fusione dei cannoni in bronzo. Massimo simbolo di pace fra i popoli, ogni sera i suoi rintocchi risuonano nella valle dell’Adige per ricordare i caduti di tutte le guerre.
Verso il Pasubio. Seguendo il Sentiero della Pace ora siamo diretti al Forte Valmorbia, detto più comunemente Pozzacchio, a Trambileno, unica opera realizzata su una linea difensiva che prevedeva la costruzione di cinque fortificazioni austriache, dislocate sul monte Pasubio, a Pozzacchio e sui monti Zugna, Vignola e Altissimo di Nago allo scopo di fare da cerniera tra i settori fortificati del lago di Garda e degli altipiani di Folgaria-Lavarone. Rimasto incompiuto per lo scoppio della guerra nel 1914, fu sicuramente la più moderna e avanzata macchina da guerra degli Asburgo. Il Forte si articolava su due livelli di gallerie interamente scavate nella roccia.
Oggi, Forte Pozzacchio è ancora lì al suo posto come una sentinella silenziosa. Nuovamente visitabile – grazie a un attento lavoro di restauro e recupero –, mantiene intatto il fascino di luogo austero immerso in una natura ancora selvaggia, alle pendici del monte Pasubio, con una posizione dominante sulla Vallarsa e un panorama suggestivo che, superando l’antico confine tra impero austro-ungarico e Regno d’Italia di Pian delle Fugazze, si apre sulla pianura veneta.
Scendiamo di nuovo verso Rovereto e ci dirigiamo verso gli altipiani di Folgaria e Lavarone. Qui in breve da Lavarone toccando Oseli raggiungiamo il Werk Gschwent, oggi noto come Forte Belvedere, raggiungibile anche a piedi con il Sentiero della Pace. Una leggera brezza ci accarezza il viso.
Il nome è tutto un programma e non ci delude di certo: siamo su uno sperone di roccia calcarea a 1177 m che sporge a strapiombo sulla val d’Astico, quindi sul vecchio confine di Stato. Il forte, concepito per resistere a massicci attacchi, era completamente autosufficiente e aveva una copertura di calcestruzzo spessa oltre 2,50 m nella quale erano immerse putrelle d’acciaio da 400 millimetri. Oggi, completamente restaurato, ospita un interessante Museo della prima guerra mondiale (fortebelvedere.org) con installazioni multimediali.
Al cospetto delle Dolomiti. Lasciamo ora il basso Trentino e puntiamo più a nord seguendo l’Autobrennero fino al casello di Egna/Ora; da qui, superato il passo di S. Lugano scendiamo in val di Fiemme, che risaliamo fino a Predazzo. La magnifica val Travignolo si apre sulla destra, ricca di abetaie e praterie: entriamo così nel parco provinciale di Paneveggio-Pale di S. Martino. Sopra Paneveggio con il Sentiero della Pace raggiungiamo il Forte Dossaccio, che insieme al Forte Buso componeva lo sbarramento delle valli di Fiemme e Fassa. Costruito fra il 1886 e il 1900 a 1838 m di quota sul monte omonimo, Forte Dossaccio era una casamatta costruita in conci di porfido e calcestruzzo. Lungo tutto il perimetro la fortificazione era protetta da un fossato profondo, nonché da fasce di reticolati larghe 12 metri. Il forte, dipinto in grigio-verde per garantirne il mimetismo, era dotato di tre osservatori corazzati e la guarnigione constava di quasi 200 soldati.
Un baluardo sul lago di Garda. Il nostro breve tour per i forti della Grande Guerra in Trentino volge al termine, ma tornando verso la pianura vogliamo visitare la zona dell’alto Garda, pure linea di confine un secolo fa con l’Italia e quindi ben munita di postazioni militari.
Raggiungiamo a Riva del Garda località Porto San Nicolò. Anche qui troviamo un’opera fortificata. La struttura, in pietra calcarea, serviva principalmente come “tagliata” della litoranea Riva-Torbole: la chiusura della strada era infatti possibile con un portone in ferro dotato di fuciliere e di una postazione per mitragliatrice rivolta verso Torbole. La nostra meta è però Forte Garda, a monte.
Dal Porto San Nicolò una strada militare sale sul monte Brione. Risalendo il sentiero che corre lungo il crinale, si aprono spettacolari panorami sul lago. Dal porto lungo la cresta del Brione, si raggiunge villa Favancourt, nel cui piazzale si apre la Felsbatterie S. Nicolò che fu utilizzata anche durante la seconda guerra mondiale. In breve si raggiunge Forte Garda, che poteva ospitare una guarnigione di 150-200 uomini.
Si possono ancora ammirare al suo interno i pavimenti piastrellati e la colombaia che lo rendevano il principale forte del monte Brione. Per nasconderlo alle artiglierie nemiche e mimetizzarlo, Forte Garda era stato scavato nella roccia, tanto che la parte anteriore rivolta verso il lago è più bassa di quella posteriore dove si trova l’ingresso. Il tetto e le parti esposte erano protetti con uno strato di cemento armato spesso circa 3 metri. Il forte era dotato di un vasto sistema sotterraneo, costituito da una lunga galleria che partiva dal fossato di ingresso. Più a monte, avendo tempo, si possono raggiungere altre postazioni dove erano posizionate le Batterie.
Per completare la conoscenza del territorio si può anche visitare il Mag, Museo Alto Garda (museoaltogarda.it) collocato all’interno della Rocca di Riva del Garda: la sezione storica ospita un approfondimento dedicato alle fortificazioni di quest’area ed espone reperti della prima guerra mondiale.
Quando il sole cala sull’orizzonte siamo di nuovo sull’Autobrennero. L’assaggio del tour dei forti finisce così.