di George W. Stone - National Geographic Traveler
Durban è la terza città del Sudafrica: mecca dei surfisti, ma anche punto di partenza per safari sulle tracce dei big five
«Sei pronto per un’iperstimolazione sensoriale?» mi chiede Dane Forman, un surfista e videomaker dotato di baffi da hipster. Mi sta conducendo al Warwick Junction, il frenetico epicentro della zona del mercato di Durban. Tra galli che scorrazzano liberi, montagne di patate, musica dei sobborghi, copricapi zulu e spezie indiane è evidente l’incontro di civiltà che ospita la terza città più grande del Sudafrica. Spesso messa in secondo piano rispetto a Johannesburg e Città del Capo, Durban vive proprio del continuo contatto e scambio tra la cultura tradizionale zulu e quella orientale, frutto di decenni di immigrazione di massa dal Subcontinente indiano. “Durbs”, come la chiamano i locali, è sulla cresta dell’onda e lo dimostrano i tanti creativi che ci vivono, i nuovi locali, ristoranti e mercati con prodotti a chilometro zero e una certa energia nell’aria. E poi intorno c’è la natura selvaggia. L’oceano, certamente, ma anche le montagne, il bush, le cascate...
Il parco Isimangaliso Wetland: la terra dei rino
«Rinoceronti sulla strada!». Tre parole che chiunque abbia fatto un safari vorrebbe sentir dire, ma che diventano sempre più rare. Oggi tuttavia quello che ci separa da loro sono cento metri di ghiaietta e una buona dose di timore reverenziale. Solo i leopardi sono più difficili da avvistare da queste parti. L’uMkhuze Game Reserve (ex riserva di caccia o area protetta, ndr) è una vasta prateria molto amata dai birdwatcher e popolata di pachidermi vari, giraffe, leoni, zebre, scarabei stercorari. Ma il problema è come scovarli. È la guida a trovarli per noi e infatti in un attimo indica un’aquila coronata che svolazza sopra le nostre teste e un branco di cani della prateria. L’uMkhuze fa parte del parco iSimangaliso Wetland, il primo parco sudafricano a essere entrato nella lista Unesco del Patrimonio dell’umanità, che comprende otto ecosistemi diversi, dall’Oceano indiano alle praterie. Il suo nome significa miracolo e stupore e si capisce perché pagaiando su un kayak che solca le acque del lago St. Lucia, il più grande estuario d’Africa. Per ora però sono solo stupito per il miracolo di non essermi capovolto nelle acque piene di coccodrilli. Vediamo martin pescatori giganti, aironi, uccelli tessitori gialli e altri ippopotami che si riposano. Pare che amino aggirarsi per la città di notte alla ricerca di erba per cena.
Drakensberg, la montagna incantata
Ci vogliono tre ore in macchina da Durban per raggiungere la regione di montagna di Drakensberg che immediatamente ricorda la Terra di mezzo del Signore degli anelli. D’altronde J.R.R. Tolkien era nato in Sudafrica e aveva una passione per questa zona e si capisce perché. All’alba la nebbia sale e le montagne del dragone come le chiamavano gli Afrikans sembrano una bestia mitologica che si risveglia da un sonnellino. Anche il nome Zulu è evocativo: uKhahlamba ovvero la barriera delle lance appuntite. Il Southern Berg, regione intorno al Sani Pass, valico che raggiunge quota 2900 metri, conserva decine di pitture murali; nel Central Berg gli escursionisti hanno a disposizione 25 diversi tracciati per raggiungere la montagna chiamata Giant’s Castle (3315 metri); nel Northern Berg protagonista assoluta è invece la rocciosa montagna Anfiteatro a lasciare tutti senza parole. È talmente monumentale e imponente che è da qui che sgorgano le seconde cascate più alte del mondo, le Tugela Falls.
La costa nord: dalla città alla spiaggia
In pochi lo sanno, ma Durban è considerata internazionalmente una delle capitali mondiali dell’art déco anche se a prima vista sembra un guazzabuglio di architettura anarchica. Dipende dalle politiche separatiste dell’apartheid: la città era disegnata per escludere. Oggi sta cambiando e per includere sono organizzate numerose passeggiate di architettura per far conoscere agli stessi cittadini quello che di bello c’è. Ovviamente si finisce in spiaggia. A partire dalla passeggiata di più di un chilometro che va dal porto al fiume Umgemi. Dall’alba al tramonto è un costante via vai di surfisti, famiglie con bambini, turisti, fanatici della corsa, o solo di persone che vogliono godere del panorama e della bellezza che li circonda.
iSithumba, il villaggio zulu che si apre al mondo
Gli Zulu sono il gruppo etnico più numeroso del Sudafrica e le loro comunità sono praticamente ovunque nel Paese. Per scoprirle la guida Thabo Mokgope conduce in tour appositi pensati per creare connessioni: «Attraverso i colori noi ci esprimiamo, quindi io porto le persone da una casa colorata all’altra. Non si tratta di invasioni di campo, anzi. Si parla, si mangia e si ride tutti insieme». Mogkope racconta l’epopea zulu con passione, spaziando dal regno di Shaka del 1818 alle tradizioni artigiane della popolazione. A due ore di distanza da iSithumba c’è il set della serie tv Shaka Zulu (andata in onda nel 1986) ora trasformato in un parco dove assistere a balli, ascoltare musica e assaggiare anche specialità locali come l’Umqombothi, una birra di mais e porridge di saggina.