di Marco Restelli | Fotografie di Elena Bianco
Da Delhi parte un convoglio molto particolare, così come sono particolari i suoi passeggeri: moderni pellegrini nel Nord dell’India, verso i luoghi sacri di Siddharta
La piccola stazione ferroviaria di Safdarjang accoglie i viaggiatori in modo festoso: collane di fiori e un’orchestrina di musicisti indiani. Safdarjang è una stazione secondaria di Delhi, poco nota ai turisti, ma da qui partono treni speciali che conducono un ristretto numero di persone su itinerari indiani diversi dai soliti. Uno di questi è il Mahaparinirvana Express, il treno buddhista creato pochi anni fa dal Ministero del Turismo dell’India per collegare tutti i luoghi in cui nacque, predicò e morì Siddhartha Gautama, da venticinque secoli venerato con il titolo di Buddha, l’Illuminato. Viaggiare in treno è sempre stato un ottimo modo per conoscere l’India, ma prendere il Mahaparinirvana Express è davvero un’esperienza unica.
L’Espresso della Grande Illuminazione Finale (questo significa Mahaparinirvana) è un treno particolare in molti sensi. Anzitutto, compie appena una decina di viaggi all’anno, accessibili soltanto su prenotazione. Parte da questa stazioncina di Delhi, attraversa l’India nord-orientale toccando i luoghi in cui visse Buddha, fa un’unica tappa in Nepal (a Lumbini, suo luogo di nascita) per poi tornare a Delhi: un giro che dura otto-nove giorni.
Si entra in templi come quelli di Bodhgaya, sorti intorno all’albero sotto cui Siddhartha Gautama raggiunse l’illuminazione, e quello di Kushinagar, costruito dove Buddha morì. Si visitano siti archeologici come Sarnath, dove il giovane Siddhartha pronunciò il suo primo discorso pubblico che segnò la nascita del buddhismo, e le rovine di Nalanda, il grande monastero-università buddhista distrutto nell’XI secolo dagli invasori musulmani, che incendiarono la sua meravigliosa biblioteca. Si ammirano grotte sacre e luoghi panoramici come il Picco dell’Avvoltoio a Rajgir, dove Buddha si ritirava a meditare con i suoi seguaci. E si vive l’emozione di entrare nella cosiddetta “Betlemme buddhista”: la povera casa di Lumbini, appena oltre il confine, dove la principessa Mayadevi diede alla luce, durante un viaggio, il futuro Illuminato. Da 2.500 anni questo luogo è meta di pellegrinaggi; oggi è un sito archeologico immerso nella campagna nepalese, protetto da un padiglione al cui interno è vietato fotografare.
Il Mahaparinirvana Express ripercorre dunque, in poco più di una settimana, il giro che anticamente i pellegrini buddhisti, muovendosi a piedi, impiegavano anni a compiere. Alcuni di quei pellegrini sono passati alla Storia: come il monaco Faxian, che visitò questi luoghi nel V secolo per trovare testi originali da tradurre in cinese e così salvò dall’oblìo molti insegnamenti del Buddha, facendoli arrivare fino a noi.
Un’altra particolarità di questo tour è l’organizzazione della vita durante il viaggio. Il treno è costituito solo da scompartimenti a cuccette (di prima o seconda classe), tutti gli spostamenti si svolgono di notte mentre le giornate sono dedicate alla visita dei luoghi sacri del Buddha. Si mangia (scegliendo fra menu vegetariano e no) e si dorme nel proprio scompartimento, a eccezione di poche soste in alberghi lungo il percorso. Le visite avvengono sotto la guida di un esperto che è il responsabile di un gruppo: quello costituito dai passeggeri di uno stesso vagone. Per ogni vagone, insomma, una guida.
Infine, la terza particolarità del Mahaparinirvana Express è la sua atmosfera: i passeggeri arrivano da ogni angolo del pianeta e si rivelano spesso incontri interessanti. Sul treno del Buddha ho conosciuto ogni genere di persone: devote contadine cingalesi che da anni risparmiavano per permettersi il viaggio, un medico messicano che fa ricerca sulle staminali, e che mi ha detto: «Il buddhismo è una filosofia razionale che spinge alla conoscenza di sé; non c’è contraddizione fra scienza e meditazione, meditare mi rende uno scienziato migliore»; un businessman thailandese in crisi esistenziale («perché dovrei diventare ancora più ricco?»), due insegnanti britannici di meditazione e perfino un blogger musulmano che mi ha fatto una confessione sorprendente: «Che cosa ci fa un musulmano sul treno buddhista? Semplice: sono già stato in pellegrinaggio alla Mecca, ora voglio ampliare i miei orizzonti spirituali, voglio capire che cos’hanno in comune le religioni».
Se la gente vi incuriosisce, in un ambiente del genere è impossibile annoiarsi. Di fatto, i passeggeri del Mahaparinirvana Express sono lo specchio di ciò che è diventato oggi il buddhismo: una religione – anzi, una filosofia – globalizzata, con quattrocento milioni di seguaci in tutto il pianeta, Occidente compreso; una dottrina dimostratasi capace di aggiornarsi e stare al passo con la modernità, ma che conserva il senso di un rito antico: il pellegrinaggio.
La realtà del nuovo “Buddhismo globale” si coglie bene in una delle tappe più famose del viaggio: Bodhgaya, oggi è una cittadina immersa nella campagna di uno degli Stati più poveri dell’India, il Bihar. Fu qui che nel 530 avanti Cristo il giovane principe Siddhartha, dopo avere rinunciato alle proprie ricchezze si ritirò in meditazione sotto un albero di ficus religiosa e raggiunse l’Illuminazione; raggiunse cioè la comprensione della legge universale che condiziona la vita umana: l’esistenza del dolore, le ragioni e le conseguenze di questo dolore, e i modi per superarlo. Oggi qui esiste ancora un discendente di quel ficus, chiamato “Albero della Bodhi” cioè “dell’Illuminazione”; si trova sul retro del Mahabodhi Temple, il principale tempio della città, alto 55 metri, originario al VII secolo ma più volte restaurato. Intorno al Mahabodhi Temple sorge quella che alcuni hanno definito con azzeccata ironia Buddhalandia: una miriade di templi e monasteri molto diversi fra loro, una babele di stili architettonici e di tradizioni culturali differenti, il tutto circondato da una folla multietnica di visitatori e da una quantità di bancarelle di souvenir religiosi. Se quest’atmosfera a un certo punto può risultare fastidiosa, ci si può rifugiare nel Giardino della Meditazione: sotto e intorno all’imponente Albero dell’Illuminazione ci si trova a meditare, in perfetto silenzio, insieme a persone giunte da tutto il mondo proprio per questo scopo, sconosciuti in quel momento affratellati dalla pratica meditativa. Poi, lasciata la coloratissima e un po’ frastornante Bodhgaya, non mancheranno certo le occasioni di raccoglimento, nelle altre tappe del treno del Buddha.