Cile. In fuga tra i vulcani

Pablo Corral VegaPablo Corral VegaPablo Corral VegaPablo Corral VegaPablo Corral Vega

Nato come diversivo di una mamma annoiata, questo viaggio on the road a sud di Santiago diventa una sorprendente avventura tra crateri, fiumi (d’acqua e di lava), cascate e tradizioni indie

Sono una mamma in fuga. Forse è meglio che mi spieghi. Recentemente mio marito mi ha annunciato che stava organizzando un viaggio per sé e nostro figlio. Una cosa da uomini, insomma. Ho colto la palla al balzo e ho deciso di partire anche io, all’avventura. Sì, ma dove? Per allontanarmi dalla quotidianità di mamma ero in cerca di natura, cultura, storia, buon cibo e un pizzico di avventura. Il suggerimento del mio amico Uli è stato prezioso: «Adesso vivo in un luogo che sembra la Toscana, la Baviera e il lago di Como mischiati insieme con in più i crateri dei vulcani. Prova a cercare su internet la regione dei laghi e dei vulcani a Sud di Santiago del Cile». Lui ci si è trasferito per inseguire i suoi sogni, io lo raggiungo per soddisfare la mia sete di avventura. Ed eccomi qui sul vulcano Villarrica che mi faccio strada ai margini di fiumi di lava. La mia guida mi informa che siamo su una delle formazioni più interessanti della terra, una grotta vulcanica che si è formata quando un fiume di lava incandescente si è raffreddato e indurito a contatto con l’aria trasformandosi in un guscio duro e resistente. Sapere che il vulcano è ancora attivo mi fa pensare ai miei “uomini”. Sono sicura che non stanno vivendo niente di simile nel loro viaggio on the road.  

«Ci sono ospiti che continuano a dire che la vista sul lago Villarrica gli ricorda i laghi italiani» mi racconta Rony Pollak, proprietaria dell’hotel Antumalal mentre il vulcano sbuffa alle nostre spalle, e prosegue: «I miei genitori si sono trasferiti qui da Praga nel 1930. Un posto perfetto, vulcano a parte. La prima guesthouse era sul ghiacciaio della montagna, ed era molto amata dagli appassionati di sci. Poi nel 1949 una slavina distrusse tutto». Ma il vero pericolo rimane la lava del vulcano. La cittadina di Pucón è proprio ai suoi piedi, in una zona pericolosa, ma mentre passeggio per le sue strade non ho la sensazione di precarietà e pericolo. Mi viene spontaneo chiedere ai locali perché hanno deciso di stare qui e la risposta è: «Per avere intorno tutto questo. Qui il pianeta è vivo». Il giorno dopo mi dirigo verso Curarrehue, una cittadina mapuche i cui abitanti portano avanti le tradizioni dei loro antenati, dalla gastronomia, con l’utilizzo di prodotti locali e il rispetto di ricette del passato, fino alla tessitura. Juanita Becerra è una giovane del posto che lavora la lana dall’inizio alla fine: dalla pecora, che tosa personalmente, alla tessitura appunto. Sono tentata dall’acquisto di una sciarpa viola per mio figlio, ma poi desisto e mi dirigo verso la laguna Huinfuica. La vegetazione cambia e mi trovo circondata da alberi di aurancaria che resistono millenni e sembrano arrivare direttamente da un mondo primordiale, per questo sono piante sacre per i Mapuche. Dopo una breve passeggiata in compagnia di grandi lucertole che incontro sul cammino, arrivo alla laguna: una piscina naturale circondata da tre lati da montagne. Alle mie spalle si erge il vulcano Lanín e le uniche impronte nel terreno sono le mie. Per quanto mi possa mancare la mia famiglia, alla fine sono contenta di avere tutto questo solo per me.  

Il giorno dopo il mio viaggio prosegue verso sud alla volta della cosiddetta montagna magica, il vulcano Mocho-Choshuenco che si trova all’interno della riserva biologica Huilo Huilo, un’area dedicata al turismo sostenibile con sentieri, un museo, lodge di varie dimensioni, compreso il Nothofagus, curioso albergo dalla struttura a montagna rovesciata. Poco lontano sorge il villaggio di Neltume dove le donne fabbricano manualmente talismani e bamboline che dicono essere magici. Come magico è il miele che producono nel retro del negozio. Ma se l’artigianato locale racconta la tradizione e le favole del luogo, la maggior parte delle persone vengono qui per fare sport. Dal trekking alla mountain bike fino al kayak. Opto per un’escursione sul ghiacciaio del vulcano. «Il Mocho-Choshuenco fa parte dell’anello di fuoco del Pacifico», mi racconta la guida mentre ci arrampichiamo sulla montagna. Intorno a noi il ghiacciaio che, purtroppo qui come altrove, si sta ritirando. «Da qui si possono vedere otto dei nove vulcani principali che hanno formato questa parte di Cile», prosegue Leandro prima di scortarmi verso l’esperienza adrenalinica che mi ero ripromessa di fare in questo viaggio. Qui c’è uno dei voli dell’angelo più belli di tutto il Sudamerica. Si chiama il Condor e in men che non si dica mi ritrovo imbragata a volare sopra una gola chiamata El Abismo (l’abisso o inferno, ndr). L’emozione del volo mi accompagna anche mentre procedo ancora più a Sud, verso il lago Llanquihue e il vulcano Osorno. Scopro rapidamente che qui vive una comunità tedesca emigrata nell’Ottocento in cerca di quiete e natura selvaggia. Ed è di origini tedesche Ulrich Bader, direttore artistico del Teatro del Lago di Frutillar, una struttura in legno nota per la sua straordinaria acustica. «Vorremmo fare di Frutillar la Salisburgo del Sudamerica. Qui vicino c’è anche una scuola di musica per dare anche ai bambini un’educazione adeguata», racconta Bader. Le trasformazioni in corso in questa parte di Cile sono vulcaniche, come mi aspettavo. Non posso quindi che ringraziare Madre Terra per questo viaggio. La Madre di tutto quello che racconterò a mio figlio.

Foto di Pablo Corral Vega