Trinidad. Il ritmo segreto dei Caraibi

Aaron HueyAaron HueyAaron HueyAaron HueyAaron HueyAaron Huey

La perla più misteriosa dei Caraibi si scopre al suono dei tamburi e del canto di 450 specie di uccelli. Nel silenzio ammirato dei turisti

L’aria intorno a me pulsa e freme con il suono dei tamburi d’acciaio. Mi trovo al Queen’s Park Savannah, un grande prato verde nel cuore di Port of Spain, capitale dell’isola-nazione di Trinidad e Tobago e riesco a muovermi a malapena. Alla mia destra ci sono un centinaio di musicisti con i loro tamburi che muovono incessantemente e coreograficamente le braccia prima di colpire gli strumenti. Alla mia sinistra altri cento suonano, se possibile, con ancora più foga. Di fronte a me, un’altra orchestra fa a sua volta del suo meglio per competere con le altre. Siamo nel backstage delle finali di Panorama, la gara tra bande di tamburi più importante di Trinidad che si svolge ogni anno il sabato prima di carnevale. Sono dieci le orchestre che si sfidano e le mie orecchie cercano di assorbire l’incredibile scontro di melodie che seppur non amplificate rimbomba ovunque. La maggior parte delle persone associano immediatamente il suono dei tamburi alle isole caraibiche, come se fossero degli ombrellini da cocktail (altro stereotipo che viene subito alla mente pensando ai Caraibi). Ma questo strumento appartiene a Trinidad: l’idea improbabile di trasformare bidoni di benzina in tamburi in grado di creare melodie è stata concepita nei turbolenti e duri quartieri di Port of Spain. Provo a immergermi nella folla per ascoltare gruppi che mi sono familiari come i Phase II Pan Groove, i Supernovas e i Desperados Street Orchestra che sono anche tra i favoriti. Le loro storie sono storie di periferie, talvolta di povertà e violenza. Alcuni sostengono che la rissosità tra quartieri e zone di Port of Spain ha dato vita al Panorama, la gara di tamburi alla quale sto assistendo. Ogni tipo di rivalità meramente fisica è stata così trasformata in qualcosa di più creativo e produttivo già ai tempi dell’indipendenza ottenuta da Trinidad e Tobago dalla Gran Bretagna nel 1962. D’altronde sembra essere insita nell’anima degli abitanti dell’isola la competitività. Tra le gare che precedono il carnevale c’è quella per il Calypso King (per il miglior cantante di calypso) e quella per il Soca King (per il miglior cantante della variante pop contemporanea del calypso). I Trinis, come i locali amano chiamarsi, hanno pensato di mettere in competizione anche i canti degli uccelli e la cosa non sorprende visto che l’isola ne conta circa 450 specie e il Calypso King in carica si chiama Mighty Sparrow (potente passero, ndr).   

La mecca del canto degli uccelli è l’asa wright nature centre sulle montagne a est della capitale. Già mentre estraggo i bagagli dalla macchina comincio a sentire le prime melodie: dal rauco richiamo di gallinacci a quello che sembra il rumore di un clacson di un taxi parigino, il tutto con un sottofondo di grilli, rane, rami e foglie mossi dal vento. Birdwatcher da tutto il mondo sfoderano i loro binocoli per osservare la vallata lussureggiante con felci, palme e piante rampicanti, ma gli uccelli li identificano prima dalle loro canzoni che, in qualche modo, vanno a incuriosire il mio spirito musicofilo. Sento appena il grido sottile del Motmot dalle ali verdi che sembra quasi imbarazzato nell’emettere suoni. Gli usignoli intanto stridulamente chiacchierano tra di loro, ma per le mie orecchie, il più bello di tutti è il canto dell’oropendola dalla coda gialla che inizia come un tamburello giocattolo e si trasforma in un comico arpeggio. E dopo tanto ascoltare senza vedere scorgo l’ibis rosso, l’uccello nazionale di Trinidad, che passa all’Asa Wright, ma si raduna in grande quantità alla palude Caroni, una riserva a Sud di Port of Spain. Ce ne sono a migliaia qui. Si tuffano a pelo d’acqua velocemente e poi, altrettanto velocemente volano via verso le mangrovie. Per essere un posto lontano poco più di dieci chilometri dalla capitale la palude Caroni è un posto piuttosto remoto. La stessa cosa si potrebbe dire di Trinidad in sé. Poco interessati a puntare sull’industria del turismo, gli abitanti dell’isola non ci pensano nemmeno a rendere le cose più facili per i visitatori. Me ne accorgo alla baia Paria. Intanto per arrivarci è meglio farsi dare un passaggio in barca dai pescatori del villaggio di Las Cuevas invece che andarci in macchina. In qualsiasi altro Paese avrebbero costruito un’autostrada pur di far fruttare questo incredibile posto, ma qui il mantra è sempre lo stesso “Siamo una nazione non una destinazione turistica”. È evidente perché in spiaggia sono da solo. Fossi venuto in marzo avrei avuto almeno la compagnia di diecimila tartarughe liuto che arrivano qui per nidificare. e dire che la cultura di trinidad si basa tutta sulla socializzazione. Si sono anche inventati una parola per definire il loro modo di uscire: liming. Basta fare un tour di domenica nell’entroterra per ritrovarsi in mezzo a decine di persone che fanno pic nic (meglio con una guida locale perché spesso le strade qui sono piccole e poco segnalate).  

Famiglie intere che interpretano a modo loro il concetto di liming. Il lime è tutta una questione di amici e cibo per loro. Un altro modo per farlo è andare in giro durante le prove prima e durante il festival dei tamburi Panorama. Dalle nove di sera in poi è un continuo movimento di musicisti e appassionati. Le varie orchestre vanno avanti fino a notte fonda, ma nessuno si lamenta, è un liming che non si può mancare. Un’esperienza irriproducibile che solo alle tre del mattino vede finalmente l’incoronazione dell’orchestra vincitrice per quest’anno (l’ambito riconoscimento è andato ai Desperadoes Street Orchestra per la cronaca). In un’epoca in cui i produttori musicali cercano ovunque di catturare nuovi suoni autentici e forti, perfetti per soddisfare le esigenze della moda della world music, questi rimangono inafferabili, sfuggenti. Registrandoli è impossibile coglierli fino in fondo, perdono la loro autenticità ed energia; perdono il sapore e il lime. Le finali del Panorama festival lo dimostrano in ogni serata. Una cosa mi sembra ben chiara ora: è impossibile afferrare la musica dei tamburi fino a che non si ascolta dal vivo un’enorme orchestra che si esibisce in un enorme prato verde. E, a dirla tutta, questo è anche l’unico modo per capire Trinidad.                                 

Fotografie di Aaron Huey