Ras Al Khaimah. Formato famiglia

Isabella BregaIsabella BregaIsabella BregaIsabella BregaIsabella BregaIsabella Brega

È arrivato per ultimo ma promette bene. Lontano dal gigantismo e dalla mondanità degli Stati vicini offre ospitalità con un ottimo rapporto qualità/prezzo, oltre a cultura, sport e relax. E punta sull’ecoturismo

Tutto conosciuto, tutto visto? Il mondo di oggi è sempre più piccolo e il turismo al contrario sempre più dinamico, curioso ed esigente. Bulimico di nuove mete e nuove “scoperte” mentre, a causa dell’instabilità politica e sociale e della paura del terrorismo, molte destinazioni finiscono per risultare off-limit per i turisti. Se alcuni mercati si chiudono, altri se ne aprono. Nuovi Paesi si affacciano alla ribalta, pronti a sfruttare le proprie eccellenze e fare tesoro degli errori di quelli che li hanno preceduti. Fra gli ultimi a proporsi nell’arena turistica Ras Al Khaimah, l’emirato di 2.900 chilometri quadrati che da qualche mese è collegato all’Italia da un volo Qatar Airways via Doha. Uno dei sette Stati che dal febbraio 1972 fanno parte delle federazione degli Emirati Arabi Uniti (UAE), fondata nel dicembre del 1971 e che comprende anche Abu Dhabi, Dubai, Sharah Sharjah, Ajman, Umm Al Quwain e Fujairah. Situato all’estremità settentrionale della Penisola Arabica Ras Al Khaimah offre 65 chilometri di spiagge bordate di sabbia finissima, un deserto roccioso punteggiato di capre e arbusti spinosi, strutture per attività sportive, parchi di divertimento per grandi e piccini, una manciata di centri commerciali e negozi trabordanti di profumi intensi e sontuosi e tessuti luccicanti. Il Paese, fra i maggiori porti del Golfo e fino agli anni Sessanta una landa desolata ai piedi dei monti Al Hajjar dedita a un’agricoltura stentata (solo il 3 per cento del territorio è infatti coltivabile) e alla raccolta delle perle, ha conosciuto una rapida modernizzazione, dando vita a centri abitati senza pretese estetiche, innestati su piazze ornate quasi sempre da fontane o sculture, accerchiate da una scia di auto bianche con i volanti coperti di pelliccia sintetica, il ritratto dell’emiro sul cofano e i vetri oscurati. Un’emirato formato famiglia, tranquillo e ordinato, sicuro e accogliente. Elogio della normalità in chiave orientale. Niente architetture eccentriche e aggressive, firmate da archistar capricciose, sgomitanti nell’orizzonte cittadino. Niente grattacieli vertiginosi a caccia di primati, locali mirabolanti e centri commerciali tentacolari. Ras Al Khaimah non ama il gigantismo sfacciato. Non aspettatevi la mondanità, il lusso sfrontato (e i prezzi) degli altri emirati. Per i turisti qui tutto scorre secondo ritmi lenti, fra giornate fatte di sole (tanto), mare, sport, attività all’aria aperta, parchi acquatici, avventure nel deserto, buon cibo, hotel eccellenti e con un buon rapporto qualità/prezzo.

Se cercate un centro benessere eccezionale lasciatevi coccolare da quello del Banyan Tree Al Wadi Resort, una struttura lussuosa nel deserto dove è anche possibile assistere a esibizioni di falconeria, sicuramente una tra le più antiche e tradizionali forme di caccia. Se invece volete confrontarvi con la cultura e il folclore locali non mancate l’esperienza offerta dal campo beduino Bassata, dove provare la cucina dell’emirato e ammirare danze ed esibizioni con il fuoco e le spade. Per gli sport acquatici, diving, parasailing, così come per giri in barca c’è l’elegante marina. Per gli appassionati di golf il Tower Links Golf Club e l’Al Hamra Golf Course disegnato da Peter Harradine con 18 buche, e per il tempo libero l’Al Qawasim Corniche, che copre un’area di 41mila piedi quadrati con caffé, ristoranti, negozi, giardini, lussuosi condomini. Al di fuori di quella espressa nei resort non vi è nessuna architettura di particolare pregio ma come in pochi altri emirati qui è possibile entrare in contatto con il passato della Penisola Arabica. Quella che si ritrova nei resti sbocconcellati dal tempo e dal sole dello Sheba Palace, nelle torri di avvistamento lungo la costa e nei forti calcinati dal sole appollaiati sulle alture dei monti Al Hajjar, come quello di Dhayah, una fortificazione militare del XVI secolo che domina il villaggio di Shimal. Sede di importanti ritrovamenti archeologici, con tombe risalenti a più di tremila anni fa, ma anche luogo dell’ultima battaglia nel 1819 fra le truppe locali e quelle inglesi inviate qui da Bombay per eliminare la pirateria nel Golfo. Al Jazirat Al Hamra è invece un villaggio disabitato costruito nel XIV secolo da pescatori e cercatori di perle che lo abbandonarono negli anni Trenta a causa della crisi dell’industria perlifera. Ma il più significativo esempio del passato di Ras Al Khaimah è costituito dal museo nazionale, nella città vecchia, che espone importanti manufatti archeologici ed etnografici, documenti, monete, manoscritti. Il forte del XVIII secolo che lo ospita, costruito come le case tradizionali in pietra corallina, fino al 1964 è stata la residenza della famiglia reale Qawasim, poi trasformata in raccolta museale nel 1987. L’edificio, con un vasto cortile e giardino interni, vanta una massiccia torre rettangolare, la più antica della costruzione, con fondamenta del XIX secolo, mentre il resto fu ricostruito dopo l’attacco delle truppe inglesi nel 1819. Non manca neanche la torre del vento, progettata in modo da incanalare l’aria fresca in estate, le cui condutture in inverno venivano chiuse con blocchi di pietra. Fra gli oggetti più preziosi monete romane, una splendida collana d’oro e una serie di porte intagliate di squisita fattura. Inconsueto anche il museo dedicato a Ben Majid, poeta e navigatore omanita del XV secolo che aiutò Vasco de Gama a trovare la rotta dall’Africa all’India. E poi lo spettacolare Wadi Bih, il Grand Canyon degli Emirati, con montagne alte fino a 800 metri, da esplorare a piedi o con la mountain bike. Perché c’è ancora tanto da scoprire nel mondo.

Foto di Isabella Brega