di Viviano Domenici
In epoca medievale i cartografi disegnavano il giardino dell’Eden in alto a destra. Oggi lo si cerca con Google maps
Dov’è il paradiso terrestre? «È in alto a destra!» avrebbe risposto un cartografo dell’anno Mille o giù di lì, quando le mappe in voga sistemavano l’Oriente in alto – dove noi oggi mettiamo il Nord – ruotando tutta la rosa dei venti di un quadrante in senso antiorario. Lo facevano seguendo il pensiero dei sant’uomini che sapevano a memoria la Bibbia e avevano idee precise su dov’era l’Eden: il Giardino si trovava a Oriente di Gerusalemme, agli estremi confini dell’Asia. Un posto lontanissimo, praticamente irraggiungibile.
I cartografi miniaturisti disegnavano i nostri trisavoli Adamo ed Eva, ignudi, pentiti e pudibondi, al margine superiore delle loro mappae orbis terrae, note oggi come mappe T-O, perché i continenti e i mari erano disegnati e disposti in modo da formare una T maiuscola all’interno di una O dove scorreva, per convenzione o convinzione, il grande oceano che circondava tutto il mondo. Anzi non proprio tutto, ma solo la parte settentrionale della Terra, poiché gli stessi sant’uomini ritenevano che sotto l’equatore non potesse viverci proprio nessuno per via del caldo. Accanto alle mappe T-O circolavano anche carte geografiche più credibili destinate a marinai e mercanti sempre pronti a partire per chissà dove, ma le prime piacevano di più a monaci, copisti e pensatori a vario titolo, gente con tanto tempo a disposizione per riflettere sulle cose di questo mondo e di quell’altro. Furono proprio loro a riempire rapidamente le T-O con mostri più ridicoli che brutti, angeli svolazzanti, apostoli vari, terre mai viste da nessuno e popoli improbabili che meravigliavano più degli alieni. E alcuni cartografi ricavarono uno spicchio sull’estrema destra delle loro mappe – dette Mappe Beatine – per sistemare agli antipodi, «regione sconosciuta a causa del calore del sole», gli sciapodi, individui con una sola gamba (per questo stavano sempre sdraiati) e un grande piede col quale si facevano ombra. Altri miniaturisti cominciarono a sostituire l’immagine dei nostri peccatori primigeni con quella della planimetria del Giardino: un rettangolo recintato, con una sorgente al centro e quattro fiumi disposti a X per portare l’acqua ai quattro angoli del mondo. Quasi un invito a mettersi in viaggio. In diversi partirono ma tornarono senza averlo trovato; solo un paio dissero d’averlo trovato e visitato. Ma pochi li presero sul serio.
Lentamente le mappe in questione caddero in disuso, lasciando il posto a mondi più credibili, così fu facile condannarle come simboli di oscurantismo. Con qualche ragione, in verità. Non foss’altro per aver lasciato credere a generazioni di uomini moderni che nel medioevo si immaginasse la Terra come un disco piatto. Così non era, perché se gli uomini di quell’epoca – almeno quelli che qualche libro l’avevano letto – l’avessero davvero creduto, Cristoforo Colombo non sarebbe mai partito per «buscar l’oriente par l’occidente». Il viaggio del genovese cambiò la fisionomia del mondo e cancellò per sempre dalle mappe il giardino dell’Eden e altre meraviglie. Ma quando ormai pochi credevano alla possibilità di ritrovare il paradiso in terra, tra Ottocento e Novecento, gli archeologi scoprirono in Mesopotamia tante tavolette cuneiformi che raccontavano la storia del diluvio universale e altre cose già lette nella Bibbia. Ma molto più antiche. Questo bastò per riaprire la caccia al giardino delle delizie. I nuovi esploratori lo cercarono sulle moderne carte geografiche e, dopo non averlo trovato fra Tigri ed Eufrate, lo immaginarono nell’America settentrionale, tra gli atolli delle Seychelles e perfino al Polo Nord. Senza mai trovarlo, perché i miti non lasciano traccia sulle mappe moderne. Ma qualcuno lo cerca ancora sulle carte geologiche disegnate dai radar dei satelliti, dove gli par di vedere qualcosa…