di Vittorio Emiliani
Il Museo nazionale della Siritide di Policoro è una sorpresa inattesa che racconta la storia del territorio dal 400 a.C.
Fra i “gioielli di famiglia” del Sud, dell’intero Mediterraneo, credo che un posto privilegiato spetti al Museo nazionale della Siritide sito a Policoro (Matera). Non è facile da raggiungere e però ne vale senz’altro la pena, sia per la ricchezza sfolgorante delle collezioni sia per l’esposizione integrale delle tombe ritrovate nelle necropoli circostanti (nella foto sopra, veduta aerea degli scavi di Herakleia). Un giorno che ero arrivato sin lì per girarvi un documentario televisivo dissi al regista Leandro Castellani, raffinato collezionista, di chiudere gli occhi e di riaprirli soltanto a un mio segnale. Cioè davanti alla tomba ricca di vasi fantastici del Pittore di Policoro (nella foto, Pelike a figure rosse). Dalla sua bocca sgorgò uno spontaneo «Oooh» di meraviglia. Un artista noto in tutto il mondo evoluto di allora, al pari del vicino Pittore di Pisticci. Secondo gli specialisti, le figure umane, disegnate di fronte o di tre quarti, con gli occhi sovente sbarrati, vestite con tuniche dai fastosi panneggi, sono personaggi delle tragedie di Euripide e quindi contribuiscono a datare i vasi attorno al 400 a.C. Vasi che tombaroli e mercanti fra ’800 e ’900 hanno spedito lontano, a ornare grandi collezioni come quella del British Museum. Per fortuna ne sono rimasti tanti, a figure rosse, grandiose come le imprese che ci tramandano, assieme a statue e statuette votive, crateri, vasellame di tutti i tipi, urne cinerarie, monete, raffinatissime intere “parures” femminili. Nell’ingrandito e riallestito Museo di Policoro – che risale al 1969 – troverete scandita la storia di quest’area: dal Neolitico all’Età del bronzo, sul 1000 a.C. con ceramiche micenee, a una civiltà osco-lucana ancora da esplorare, alla fondazione della città di Siris e poi, sulle sue rovine, della nuova colonia magno-greca di Eraclea rimasta nella storia per la vittoria di Pirro re dell’Epiro sui Romani nel 280 a.C. costata tanto da non poter essere considerata una vera vittoria. All’archeologia della Basilicata dedicò gli ultimi anni di una vita quanto mai operosa un autentico pioniere, il romeno di origine Dinu Adamesteanu, maestro di tanti archeologi della Magna Grecia, divenuto di questa regione il primo Soprintendente alle Antichità dopo aver ricevuto la cittadinanza italiana. Sugli scavi gli operai, prima in Sicilia e poi in Basilicata o in Puglia, lo chiamavano don Bastiano semplificando così l’impronunciabile Dinu Adamesteanu.
Una sera d’estate, eravamo a cena, si scusò perché doveva lasciare la compagnia molto presto. «Domattina devo essere alle 5 sugli scavi dove non ci sono alberi e il sole già alle 9 brucia. Però, nelle ultime settimane ho trovato più santuari osco-lucani di quanti ne ho scoperti in passato» disse con un filo di commozione. «C’è tanto materiale da decifrare, io lo so fare, tuttavia arriva da Marsiglia un mio amico specializzato in osco-lucano». Quando visiterete questo autentico gioiello del Sud, pensate per un attimo a don Bastiano che tanto vi ha contribuito fin dagli anni ’60. È morto a Policoro a 91 anni, naturalmente povero.
Info: Museo nazionale della Siritide, Policoro (Mt), via Colombo 8, tel. 0835.972154; policoro.eu/museo-nazionale-della-siritide.asp.