Farnesina aperta per voi

Giuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe Carotenuto

La collezione di arte contemporanea del ministero degli Esteri è visitabile ora grazie ai volontari del Tci 

Un ministero degli Esteri deve cogliere il nuovo. Deve tenere conto delle accelerazioni del mondo di oggi», l'ex segretario generale della Farnesina Umberto Vattani, con questa idea ben chiara in mente, decise, tra il 1999 e il 2000, che il palazzo che ospita il ministero doveva interpretare esso stesso questa attenzione. «Come in tutti i grandi palazzi istituzionali anche questo ospitava il passato. Ritratti, opere, reperti, tutti riflettevano le nostre eredità culturali e artistiche. Affascinanti certamente, ma costringevano in qualche modo tutti i dipendenti a essere custodi di un museo. Il mondo stava cambiando, nuove potenze si stavano affacciando sulla scena internazionale, poi la globalizzazione... Bisognava fare in modo che l’Italia mantenesse il suo rango per competere con tutto questo. Davide contro Golia, insomma; con fierezza bisognava essere ancora in grado di competere con i grandi, a modo nostro, puntando sulla cultura alta». Da allora lo straordinario edificio progettato da Enrico Del Debbio negli anni Trenta e inaugurato come sede del ministero degli Affari Esteri nel 1959 è diventato una curiosa galleria di quello che la creatività italiana ha saputo produrre a partire dal Novecento fino ai giorni nostri.  

Nei sei chilometri e mezzo di corridoi, nei saloni d’onore, nelle sale di rappresentanza, negli uffici, 400 opere di 250 artisti contemporanei hanno preso il posto che si meritano. «È stato un trauma necessario, anche per i dipendenti del palazzo, per spezzare l’inerzia e la passività da custodi del museo. Il ministero ospita regolarmente delegazioni straniere. Ricordo lo stupore di Madeleine Albright (segretario di Stato degli Usa di Bill Clinton), dell’economista Jeremy Rifkin, del politico francese Alain Juppé nel vedere le opere esposte in Farnesina». Vattani racconta la sua visione e come ha convinto poi artisti, eredi e galleristi a dare le opere in comodato d’uso gratuito: «Non abbiamo i soldi per acquistarle, né vogliamo farlo. Il comodato è la soluzione migliore perché ci permette di avere una collezione sempre nuova, viva. Ogni volta c’è qualcosa che cambia. È fondamentale avere un occhio sempre attento agli artisti più innovativi». A vagliare le tante candidature che arrivano al ministero un Comitato scientifico composto da otto esperti, in collaborazione anche con il ministero dei Beni culturali e turismo di cui fa parte Anna Mattirolo, ex direttrice del dipartimento Arte del Maxxi di Roma: «La nostra priorità è mantenere molto alta la qualità. Viste le caratteristiche architettoniche dell’edificio, che è di per sé un’opera d’arte, spesso siamo costretti a rifiutare candidature. In più non possiamo pensare a percorsi e allestimenti in stile museale, ma proviamo a raccontare per linguaggi, per gruppi. Le difficoltà non mancano soprattutto per ragioni di sicurezza (il ministero è comunque una sede istituzionale dove si lavora e deve sottostare a precise procedure), ma siamo convinti che lavorare circondati dall’arte faccia bene anche ai dipendenti».  

Già perché la Farnesina ospita nelle sue 1.300 stanze circa cinquemila persone. Quelli che arrivano in macchina già al parcheggio possono ammirare la scultura di Arnaldo Pomodoro Sfera grande. Varcano le porte d’ingresso e, dopo i controlli di sicurezza, si trovano faccia a faccia con mosaici, installazioni, sculture. Forse con già i pensieri alle prime incombenze della mattina non ci fanno troppo caso. Forse invece un po’ si riconoscono nei personaggi dei mosaici delle Storie italiane di Sandro Chia, oppure controllano se sono in ordine nello specchio che, insieme alla statua in bronzo che replica l’Arringatore Aulo Metello, compone l’opera L’etrusco di Michelangelo Pistoletto. Per ora i piani del palazzo coinvolti nella visita sono quello rialzato, con l’atrio d’ingresso e quello d’onore, il primo, il secondo e il quarto. Il progetto però è in costante ampliamento e la speranza, quasi pronta a trasformarsi in realtà, è di riuscire ad allargarsi al quinto dedicando spazio anche alla fotografia, sempre Made in Italy, ovviamente. «La Collezione della Farnesina è una delle componenti di quella che definiamo promozione integrata», spiega nel suo ufficio anch’esso ricco di opere Vincenzo De Luca, direttore generale per la promozione del sistema Paese e prosegue: «Dall’industria alla creatività il nostro sforzo è di far conoscere e capire ovunque nel mondo la varietà e la ricchezza del ‘Vivere all’italiana’, perché siamo fermamente convinti che la cultura sia essa stessa fonte positiva per il Pil e l’attività economica», e prosegue: «È fondamentale valorizzare il nostro modo di essere, la nostra capacità di capire quanto la circolarità dei cervelli sia un cardine per l’evoluzione». Anche in questo caso la ferma volontà è di far capire che, nonostante lo straordinario patrimonio del passato, l’Italia vive sul futuro, pronta a conquistare il mondo anche con la contemporaneità.  

Ed è qui che entra in gioco l’alleanza con il Touring Club Italiano. «La Farnesina è il luogo che esprime l’idea di un Paese che si rapporta sistematicamente con il mondo, con le diversità sociali, culturali e storiche», sostiene il Presidente del Tci Franco Iseppi: «In questo contesto la specificità del nostro lavoro è contribuire a rafforzare il valore delle istituzioni che possono diventare bene comune quando la comunità decide di impossessarsene e di prendersene cura. Questo è il nostro modo di fare cultura. Lo facciamo attraverso i Volontari per il patrimonio culturale, 2.100 in tutta Italia, che operano in 70 luoghi tenuti aperti in 27 città». Da qui l’accordo che prevede, per ora, ogni ultimo venerdì del mese (a partire dal 27 gennaio), visite gratuite firmate Tci. Nella pratica poi sono Fulvia e Alessia a farci scoprire come funziona l’iniziativa. «Sono volontaria Touring dal marzo 2015. È stata mia madre a farmi scoprire l’iniziativa e l’ho trovata subito appassionante», racconta Alessia, giovane laureata in Storia dell’Arte entrata nella squadra composta da una trentina di volontari molto giovani, solari, pieni di entusiasmo e voglia di raccontare le opere sui due percorsi di visita previsti. Per entrambe la prima esperienza di volontariato culturale con il Tci è cominciata al Quirinale, un successo (200mila ingressi nel primo anno e mezzo) che ha dimostrato l’interesse degli italiani per i palazzi delle istituzioni, per proseguire ora tra i corridoi e le sale del ministero degli Affari Esteri, un’esperienza diversa. «Ogni volta si scopre qualcosa di nuovo perché la collezione cambia», interviene Fulvia, «e anche la visita cambia perché chi arriva rimane incuriosito da un’opera piuttosto che un’altra e quindi il percorso che seguiamo è tutte le volte originale e speciale». Già perché l’arte contemporanea attrae persone completamente diverse fra loro. Ci sono gli esperti e semplici appassionati che chiedono di poter vedere opere specifiche della collezione, e chi per la prima volta si avvicina ai misteri della creatività di oggi. Per tutti la curiosità ulteriore di varcare la soglia di un palazzo visto mille volte nei telegiornali, apparentemente freddo e distante nella sua esteriorità, ma intenso e imprevedibile al suo interno.

Umberto Vattani cita Scipione Borghese per spiegare ulteriormente l’importanta della collezione e la sua bellezza: «Questo è qui perché tu lo veda. Noi alla Farnesina dobbiamo avere le antenne in tutti i campi. Dobbiamo stupire i nostri interlocutori politici. Solo così saremo grandi abbastanza per poterci sedere al tavolo dei grandi e parlare di cose importanti. A partire dai diritti dell’uomo. Un esempio evidente è quello dei popoli migranti. Chiunque attraversi il Mediterraneo porta con sé un’identità e un’eredità culturale. Sono spesso gli unici testimoni rimasti delle loro civiltà. Solo ridando loro dignità culturale non si rischia di lasciarli ai margini. Questa è la nostra sfida e deve essere quella anche dell’Europa intera». Per questo motivo quando arrivano i capi di Stato del Mediterraneo il tavolo delle trattative utilizzato è quello di Michelangelo Pistoletto intitolato Love difference. Un tavolo a specchio che ha la forma del nostro mare circondato da sedie tutte diverse fra loro, colorate e dalle forme improbabili (qualcuna sembra pure scomoda). La superficie specchiante può mettere in soggezione o costringere a guardarsi in faccia prima di scrutare gli altri e parlare. Non c’è un posto d’onore. Nessun Davide contro Golia. Solo la riflessione di quanto l’arte possa ispirare pensieri migliori. Fulvia e Alessia, le volontarie Tci, ci credono fermamente e sono pronte a dimostrarlo.

Info e prenotazioni: www.collezionefarnesina.esteri.it

Fotografie di Giuseppe Carotenuto