di Tino Mantarro
Il museo del calcio milanese è tra i più visitati della città, ma attrae soprattutto stranieri
Il padre di Nina è stato categorico: «Non tornare a casa se non hai visto San Siro». Diligente e infreddolita, la prima mattina del suo viaggio a Milano Nina è sul piazzale con la madre. Arrivano da Tbilisi, Georgia, e il primo monumento che visitano è lo stadio. Inter o Milan? «Non sono tifosa. Ma secondo mio padre è lo stadio più bello del mondo», racconta. «È mai stato a San Siro?». «L’ha visto in tv». Frank, olandese, ha 25 anni e in città ha trascorso quattro giorni con la fidanzata. Duomo a parte non ha visitato nulla: «Siamo qui per shopping e cibo». Però a San Siro non rinuncia. «Non posso partire senza aver visto il luogo mitico dove hanno giocato gli eroi della mia nazionale. Amo il calcio e questo è un monumento» spiega ammirato mentre guarda le torri del terzo anello e si dirige verso l’ingresso 8. Da qui si accede al Museo di San Siro: quest’estate il secondo museo più visitato di Milano dopo il Cenacolo. Un prefabbricato grigio che rispetto alla mole dello stadio sembra piccolo, ma non lo è.
All’interno l’esposizione racconta la storia dello stadio inaugurato nel 1926. Nelle vetrine ritagli di giornali e maglie ripercorrono l’epica delle sfide a San Siro. Quella nerazzurra di Jair indossata nella finale (vittoriosa) della Coppa Campioni 1965 ha ancora le macchie; una rossonera di Fulvio Collovati stagione 80/81 deve essere stata strappata da un attaccante focoso. Viene da chiedersi che cosa ne sappia di Collovati Jane, sino americana di 33 anni, che si è tenuta una mattina libera solo per vedere il Meazza. È una dei mille visitatori che entrano nel museo ogni giorno (più in estate, meno tra novembre e marzo) e non è qui per la partita. Anche perché durante gli incontri è chiuso e comunque si perderebbe il pezzo forte della visita: il tour nel cuore di San Siro. Spogliatoi, zona mista per le interviste, tunnel di ingresso, spazio antistante alle panchine, tribuna rossa. Tutto per vivere l’emozione di guardare dal basso quel muro di seggiolini che chiude l’orizzonte dietro le porte e poter calcare il prato, immaginando 160mila occhi che ti osservano. Vera apoteosi per chi ama il calcio, quale che sia il passaporto.
E infatti i visitatori sono in maggioranza stranieri. Circa l’80% dei 250mila annuali. «Noi non siamo abituati a considerare luoghi come San Siro veri musei, per gli stranieri è più naturale». Siamo sinceri: nel mondo se dici Milano i commenti sono due: «Fashion», le donne; «Fc Inter, Ac Milan», gli uomini. L’unica Scala che tanti conoscono (e visitano) è quella del calcio.