di Silvestro Serra | Fotografie di Angelo Antolino
Procida è la più piccola delle isole Flegree, così vicina a Capri e a Ischia, così lontana da riti turistici e mondanità delle sorelle maggiori. L’isola dei marinai, apprezzata da chi ama privacy e buona cucina
Metti una sera a cena a Paestum. In margine a un convegno sul turismo archeologico emerge tra insospettabili fan un nome, Procida, non solo per gli scavi, i reperti testimonianze di storiche migrazioni ma anche come isola diversa dalle altre blasonate Flegree: non sfoggia l’allure e l’eleganza compassata e modaiola di Capri e nemmeno vi si respira quell’atmosfera country chic, un po’ campagna un po’ centro benessere, che aleggia su Ischia. Tuttavia è tutt’altro che la Cenerentola dell’arcipelago. «È un’isola per intenditori» suggerisce un commensale. Volutamente si è tenuta lontana dal glamour luccicante che ha ricoperto storicamente le due sorelle maggiori. Ma si è anche scientificamente protetta dalle masse di turisti per caso che invadono a ondate Marina Grande appena spunta il primo raggio di sole, si inerpicano come i marine sulle coste della Normandia su per le stradine di Anacapri o dilagano sulle spiagge dei Maronti a Sant’Angelo di Ischia. Isola riservata. Piuttosto è la meta preferita per raffinati, appassionati del “piccolo è bello”, estimatori del silenzio dei vicoli e delle campagne, dei profumi di agrumi, dei sapori della cucina povera locale.
È un’isola che ha attratto scrittori, musicisti, teatranti e poeti: è di origine procidana l’artista Toti Scialoja e qui sono ambientate le imprese del giovane Arturo, orfano alla scoperta dell’avventura, dell’amore, dell’amicizia e della libertà, nel romanzo L’isola di Arturo di Elsa Morante. Procida fu la terra di origine dell’attore e musicista Beppe Barra cofondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare. E di Procida si sono innamorati scrittori come Alessandro Baricco e Valeria Parrella e artisti come il francese Daniel Buren.
È un’isola amata e frequentata da intellettuali. Da Giovanni da Procida, medico personale di Federico II ma anche storico, diplomatico, e ispiratore di Giuseppe Verdi come protagonista de I Vespri Siciliani, a Cesare Brandi, lo storico dell’arte che si schierò con forza contro la cementificazione dell’isola.
È, anche, un’isola del cinema. Set de Il Postino di Michael Radford, con Philippe Noiret e Massimo Troisi, ha ospitato scene de Il talento di Mr. Ripley di Anthony Minghella, con Matt Damon. Mentre l’ex carcere borbonico del castello d’Avalos,in cima al monte di Terra Murata vide Alberto Sordi nel ruolo di Un detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy.
Certamente è isola di mare e di marinai. Dai tempi dei Fenici Procida è stata emporio, scalo marittimo internazionale, rifugio della reale marina inglese di Orazio Nelson (i suoi cannoni sono ancora piantati sulla banchina a mo’ di bitte) e del suo nemico, l’ammiraglio Francesco Caracciolo ai tempi della rivolta contro i Borboni nel 1799. E soprattutto è un porto sicuro per i pescherecci e cantiere di riferimento dell’armatoria (subì disboscamenti per la costruzione di velieri). Nel porto di Marina Grande si potevano contare fino a 200 navigli. E ancora oggi l’isola vanta l’istituto nautico più antico d’Europa: risale al 1875.
Insomma, provare per credere. Così in un soleggiato giorno di dicembre siamo sbarcati nell’isola dell’arcipelago più riservata e più snob verso il turismo. Scelta fortunata: clima mite, qualche coraggioso bagnante a mollo in mare davanti alle spiagge di Chiaia e di Ciraccio detta Campo Inglese, assenza totale delle masse di visitatori. Il che ci ha trasportati immediatamente in un’atmosfera da isola d’epoca. Quando i tempi e ritmi erano vivaci ma anche distesi e pacati, le voci dialettali allegre, le auto quasi assenti.
A detta di tutti il modo migliore per visitarla sarebbe stato in motorino. Fuori stagione è stato difficile trovarlo ma alla fine ne è spuntato fuori uno. Così, appena sbarcato dall’aliscafo sul porto di Sent’Co, dopo una immancabile sosta al bar del Cavaliere per una colazione superba a base di abbondanti “graffe” (krapfen) e lingua alla procidana al limone (pasta sfoglia alla crema), mi sono agilmente inerpicato sulle due ruote lungo gli stretti vicoli senza marciapiede che dalla Marina Grande portano fino alla piazza dei Martiri della libertà (preti, farmacisti contadini, marinai e possidenti impiccati per l’insurrezione del 1799) e in cima alla storica collina del borgo antico di Terra Murata dove si ergono le mura un po’ sbrecciate del castello-carcere che ha ospitato via via briganti, brigatisti e mafiosi e ora si appresta a una nuova vita più allegra (finalmente è in avanzata fase di trasformazione in un grande centro multiculturale).
Qui, riparati dal vento dall’abbazia di San Michele, tra lapidi che ricordano i tanti marinai scomparsi in mare, affacciati sulla terrazza panoramica abbiamo potuto goderci un orizzonte a 360 gradi che comprende la costa di Bacoli fino a capo Miseno, Capri e Ischia.
Scorrazzando lentamente con lo scooter lungo vicoli e stradelle circondate da alti muraglioni che nascondono antichi conventi e vecchie ville dagli intonaci scorticati dal vento e seccati dal sole e dalla salsedine, tra giardini, orti e limonaie rigogliose siamo agevolmente arrivati fino all’isolotto di Vivara, uno dei tanti crateri vulcanici sui quali è sorta Procida, per secoli tenuta di caccia dei re di Napoli, poi oasi naturalistica ora unita da un ponte all’isola madre.
Una sosta obbligata ad ammirare il panorama marino accanto al cimitero ”allegro“ affacciato sulla cala del Pozzo Vecchio e scambiato da qualche turista distratto per un villaggio vacanze in miniatura, e poi di nuovo on the road, tra campi, vigneti e piccole abitazioni rurali sparse in quei 4-5 chilometri quadrati di fertile terra vulcanica. Sotto gli aranceti e tra la vegetazione si nascondono anche piccole trattorie con ampi dehor sotto pergolati e “pagliarelle“ dove si gusta una cucina di terra a base di grigliate. Per assaggiare la migliore cucina di mare conviene invece scendere a piedi lungo comode scalette dipinte a calce, fino alla spiaggia di Coricelli, certamente il luogo più suggestivo dell’isola.
Qui, nel silenzio del tramonto, tra lo sciabordio dei gozzi alla fonda in rada, con una luce spettacolare che passa velocemente per tutti i colori dell’arcobaleno, dall’arancio al turchino, si coglie forse l’anima più misteriosa, la diversità, la magia e il fascino più segreti dell’isola non a caso definita già venti secoli fa, luogo di incomparabili delizie.