Il viaggiatore. Simenon al Sud

Sulle tracce dello scrittore belga, alla ricerca del piacere sensuale della Polinesia

«Qui la cosa straordinaria non sono le cascate e il chiaro di luna sulla spiaggia. La cosa straordinaria, inaudita è proprio l’assenza di esotismo, è l’atmosfera dolce e molle da Francia, talmente francese che dopo poche ore si scordano i parei e i pescecani della laguna». La giovane coppia, Georges Simenon e Tigy, era sbarcata a Tahiti (nella foto, Tahiti 1968 i nativi accolgono i turisti) sotto la pioggia, ma presto il sole aveva cancellato quella cattiva impressione. Anche se girava con una leggera camicia militare e bermuda della stessa stoffa Simenon detestava i “bianchi in pantaloni corti” che si comportavano come se fossero a Saint-Tropez. Non gli interessava fare la vita del turista e abbronzarsi sulla spiaggia. Era venuto «alla ricerca dell’uomo nudo», dell’essere umano ancora non contaminato dalla civiltà occidentale.
Per questo aveva lasciato l’albergo e si era trasferito poco lontano da Papeete in una casa ovale di bambù, senza porte e finestre, appartenuta al regista Friedrich Murnau. Si diceva che fosse maledetta perché era stata costruita sul luogo di antichi sacrifici o per gli atti sacrileghi compiuti dal regista. Murnau era morto pochi mesi dopo avere finito di girare Tabù, ma i demoni non avevano disturbato Georges e la moglie Tigy. Anche perché appena arrivati avevano dato una grande festa. Mentre musicisti e danzatrici si esibivano, tutti potevano dissetarsi ai grandi orci pieni di punch.
Georges era entusiasta, ma Tigy si era giustamente ingelosita delle attenzioni di una giovane tahitiana per il marito. Un giorno, quando aveva fatto irruzione nella camera di Simenon, la ragazza era saltata interamente nuda dalla finestra del terzo piano pur di non mettere nei guai lo scrittore. Era normale per quelle ragazze avere molti amanti. Compiuti i dodici anni avevano diritto di riceverli nella loro stanza, ma capivano il punto di vista delle donne occidentali. Forse per quello Georges aveva comprato a Tigy un grande opale nero appartenuto a una famosa cantante, Melba.

L’isola era ancora poco abitata e c’era solo una piccola chiesa e tre case in muratura dipinte a colori vivaci. Simenon aveva fatto più volte in macchina il giro di Tahiti.
Lo accompagnavano due o tre belle ragazze e altrettanti chitarristi.
Gli piaceva fotografare i musicisti, ma ancora di più quelle donne che giravano disinvoltamente a seno nudo come ai tempi di Gauguin e gli facevano sognare una società lontana dal consumismo,in cui «ci si accontentasse di vivereper il piacere di vivere».
Sulle tracce di Gauguin, aveva ricostruito la sua malinconica fine, quando andava a mendicare una bottiglia di vino o qualche scatoletta di cibo europeo all’arrivo delle navi. E cercava di vendere ai viaggiatori un giornalino fatto a mano. Sempre anticolonialista, Simenon si era schierato con gli indigeni in una lotta contro il governatore francese che aveva dissipato i fondi pubblici. La sua partenza venne salutata da una grande festa. Mentre i ballerini danzavano, i doni si accumulavano davanti alla nave: casse di stuoie, collane di madreperla e perfino una piroga col bilanciere. Le collane di fiori rossi erano talmente profumate che dopo molti mesi i loro vestiti profumavano ancora.