Viaggio dei sensi a Tivoli

Proseguiamo il nostro girovagare alla ricerca di luoghi che si apprezzano pienamente con l’udito, più che con la vista. La seconda tappa di turismo sensoriale ci porta vicino a Roma, nel parco di Villa d’Este

 

Villa d’Este fu realizzata su progetto dell’architetto Pirro Ligorio nella seconda metà del Cinquecento,  come il giardino sottostante e le  sue numerose fontane, per il cardinale Ippolito II d’Este, figlio di Alfonso I d’Este e Lucrezia Borgia. In origine l’edificio  era un convento benedettino, come spiega la Guida Verde Lazio del Touring Club, che alla villa e a Tivoli dedica ampio spazio.
L’edificio principale mostra linee sobrie e splendide sale affrescate, mentre il parco della villa è un trionfo di architetture barocche e rigorose simmetrie, di verde e di giochi d’acqua. Si contano in totale 398 zampilli, 220 vasche e 51 fontane: le più famose sono quella dell’Ovato (detta anche di Tivoli) e quella di Nettuno. La più singolare invece è la fontana dell’Organo: al suo interno lo scorrere dell’acqua mette in funzione le canne di un vero organo, da cui esce musica a intervalli regolari.
Villa d’Este e il suo giardino sono Patrimonio dell’Umanità tutelati dall’Unesco dal 2001, fanno parte del circuito Grandi Giardini Italiani e sono aperti e visitabili tutto l’anno. Per informazioni, tel. 199.766166; villadestetivoli.info.

(continua)

All’ombra della Villa l’estate è meno estate.  Non fa caldo, nel parco, se non stai sotto il sole. Altrimenti il caldo si sente eccome, soprattutto se percorri sentieri o scale in salita. «Sei sicuro?», gli chiedo. «Sì.»
Riccardo non è mai stato qui e non ha mai visto il parco nemmeno in foto. Ma sa già che gli piacerà, con la sicurezza di chi ha 4 anni compiuti, un sorriso per tutti e occhi grandi da riempire di meraviglie. Ha scelto lui il parco di Villa d’Este a Tivoli (Roma) quando ha saputo che qui ci sono più di 50 fontane, dieci delle quali di grandi dimensioni, con triplici spruzzi, vasche ampie come piscine, e perfino una fontana musicale, quella dell’Organo. «Voglio vedere l’acqua che suona», ha intimato. Io però l’ho avvisato: che il parco è grande, che c’è da camminare, che prima è tutta discesa e quindi dopo è tutta salita. «Se sono stanco, bevo: c’è tanta acqua!» proclama deciso. Allora, andiamo.
Per fortuna non sa ancora leggere, così mi lascia la mappa del giardino con i nomi delle fontane. E quando, scese solo un paio di scalinate dalla villa, si imbatte nei quattro draghi dell’omonima fontana, è la fine. «Questa è la fontana dei draghi» chiede. Cioè, non lo chiede. Lo afferma. E siccome ha ragione, d’ora in poi ogni fontana avrà il nome che dice lui. Così, le grandi vasche delle Peschiere diventano “le piscine” sul cui bordo corre tenendomi la mano, la gigantesca Fontana di Tivoli diventa “la torta d’acqua” («non la puoi mangiare però», spiega, e ride), e la Fontana del Nettuno, un tripudio di zampilli, scrosci e piccole cascate, è “la fontana di capodanno”. In effetti quegli spruzzi ricordano un po’ i fuochi artificiali... Chiudo gli occhi e ascolto: l’acqua qui ha suoni diversi, alcuni regolari, come lo scorrere impetuoso di un torrente di montagna, altri sincopati, legati alla forza dei getti e al ricadere armoniosamente caotico delle gocce. Poi sentiamo, seminascosta dietro gli scrosci, la musica. «L’acqua che suona!» grida Riccardo.

La fontana dell’Organo ha iniziato il suo spettacolo. Uno spettacolo dietro le quinte, in verità: tutti i movimenti e i passaggi dell’acqua all’interno del sistema idraulico che attiva le canne dell’organo avvengono dietro la fontana, che sembra la facciata di un tempio barocco. Comunque lì dentro succede qualcosa di geniale e il risultato è che a intervalli regolari, la fontana suona. Riccardo chiede spiegazioni, ma parlare di idraulica e organo a canne è un po’ troppo per la sua età. Mi limito a un «l’acqua lì dietro fa suonare la fontana, come quando la mamma suona il pianoforte».
Mentre Riccardo cerca di capire da dove esce la musica, girando attorno alla fontana, sparendo e riapparendo ogni cinque secondi in una selva di gambe giapponesi (ci avete fatto caso? Ovunque, i turisti più vicini all’opera che state ammirando, che sia un quadro o una fontana, sono i giapponesi), mi guardo intorno. La fontana dell’Organo è su un lato del parco, in posizione sopraelevata. Da qui, lo sguardo spazia in ogni direzione: verso la villa a sinistra, verso il parco a destra e, davanti, le grandi vasche delle Peschiere circondate dal verde e dagli alberi. È davvero uno spettacolo emozionante, in cui la bellezza spontanea della natura si sposa con la geometria imposta dall’uomo. Una gioia per gli occhi, oltre che per le orecchie.
La fontana, intanto, termina il suo concerto e Riccardo torna da me.
«Hai sentito, nonno?» Sì, ho sentito.