Qatar, la perla d'Arabia

Doha, la capitale dell’emirato Qatar, uno fra i Paesi più ricchi del mondo grazie a gas e petrolio del suo deserto, non conosce pause e gioca le carte della cultura, dell’alta cucina e delle archistar

 

È tutto tranne che statica. Doha, la capitale del Qatar, la metropoli del divenire, non conosce le mezze misure. È giovane, e non ha paura dei cambiamenti. Qui, nel regno delle mille possibilità, dove gli edifici, così come i desideri, nascono, muoiono e risorgono nel giro di una manciata di giorni, in un groviglio di antichi valori e nuove passioni, tutto è effervescente e stimolante. Conscia del proprio passato, avida di futuro, la città vive in un eterno presente e si offre in tutta la sua poliedrica bellezza. Uno skyline ritmato ma compatto e saturo, levigato e splendente nei grattacieli del business district, opaco e scabro nei souq, aggressivo ed effervescente nei mall, che si stempera quietamente nell’abbraccio rassicurante della Corniche, distesa lungo la baia che in un arco perfetto raccorda ieri, oggi e domani. Pieni e vuoti scanditi da lame di luce che si infrangono sulle superfici a specchio dei grattacieli, mai aggressivi ed eccessivamente arroganti del centro, si incuneano fra gli edifici in un gioco di rimandi che moltiplica all’infinito finestre e scampoli di vita.

Un moto perpetuo di uomini e auto che nonostante il caldo opaco e pesante animano le strade di giorno, di notte, senza mai fine, prede e attori di una euforizzante vitalità, mentre il lungomare vive di vita propria regalando giardini, spazi ricreativi, locali e aree per sportivi, jogger e ciclisti e il mare luccica di aquascooter e di dhow, le imbarcazioni tradizionali.

Punto di partenza per ogni tour che si rispetti i volumi spigolosi di uno dei più bei musei d’arte islamica del mondo, se non il più bello, 14 secoli di cultura e bellezza. Preceduto da due lunghe rampe introdotte da una doppia fila di palme, il Mia, disegnato nel 2008 da I.M. Pei, spicca con il suo color sabbia fra l’azzurro del mare e la silhouette dei grattacieli e degli hotel del business district, all’altra estremità della baia, ergendosi come una balena spiaggiata fra le formiche di legno scuro delle barche da pesca e dei dhow per turisti in attesa di salpare. Alle superfici nette, lisce e squadrate dell’esterno fanno da contrappunto la cupola e le scale elicoidali dell’interno e l’horror vacui che ricopre di decorazioni minute ed elaborate vasi, manoscritti, ceramiche, vetri, gioielli. Sede anche di esposizioni temporanee, dal novembre 2013 il museo ospita anche il primo ristorante del Medioriente di Alain Ducasse, Idam, con una cucina mediterranea rivisitata, 60 coperti in un ambiente curato da Philippe Starck. Grazie ad autobus navetta, dal passato del Mia è possibile un salto nel tempo ai giorni nostri raggiungendo il Mathaf, il Museo arabo d’arte moderna e contemporanea del quartiere universitario, con oltre seimila opere dal 1840 a oggi.

E poi non può mancare il safari di shopping nei souq, alla ricerca dell’anima del Qatar. Vicoli e stradine che scappano da ogni parte nel labirinto opulento di colori, profumi e sapori del suq dell’oro, della strada dei profumi, del suq degli animali e dei falconi, del mercato delle spezie: in ogni ora del giorno Souq Wafiq è un via vai di turisti preda della febbre del souvenir, madri di famiglia con bambini recalcitranti tenuti per mano da silenziose governanti asiatiche, signore bene dal passo nervoso seguite dagli inservienti del bazar, il gilet viola su cui spicca un numero e l’immancabile carriola su cui accatastare gli acquisti, uomini dalla veste candida come la lunga barba. Nero e bianco su scarpe da ginnastica, calzature di cuoio o sandali argentati per piedini decorati dai bruni arabeschi d’henné fra tessuti luccicanti, oro, perle, fiori essiccati, spezie variopinte. Occhi e mani placidi o irrequieti intravisti per un attimo e subito persi fra veli e cellulari, raccontano storie antiche e nuove aspirazioni nell’aria odorosa di incensi e dell’aroma dolciastro delle pipe ad acqua, mentre caffè e ristoranti offrono cibo, musica, grandi cuscini e tempo per vedere passare il mondo.

Tornati sulla Corniche, superato il cuore moderno di Doha, con il blocco compatto di grattacieli che ospitano hotel di lusso, uffici, mall e locali alla moda, si prosegue per il Katara Cultural Village, inaugurato in occasione del Doha Tribeca Film Festival, nell’ottobre 2003, una moderna reinterpretazione del patrimonio architettonico del Qatar e luogo di incontro con altre culture, con un grande anfiteatro all’aperto per eventi e concerti, gallerie d’arte, centri culturali e ricreativi, ristoranti, caffè e una spiaggia pubblica per sport acquatici. Per il futuro bisogna andare oltre, a nordovest del centro, fino al gigantesco complesso residenziale in stile mediterraneo, compresa un’area dall’aria pseudoveneziana, eretto su una serie di isole artificiali a partire dal 2004 e ancora in fase di completamento con un investimento che dagli iniziali 2.5 bilioni di dollari è già salito a 15. Se Dubai ha The Palm, Doha ha The Pearl, quattro milioni di metri quadrati di superficie, 32 chilometri di costa, dieci quartieri, tutti diversi, con ville, torri per appartamenti, hotel a cinque stelle, e sistemazioni di lusso per circa 42mila residenti. E ancora ristoranti, locali, caffè, boutique e tutto il meglio che si possa offrire a una clientela di lusso nazionale e internazionale. E per chiudere il cerchio l’ultima delle novità di Doha, il Msheireb Museum. Racchiusa in un candido involucro di pietra, la storia di ieri e quella di domani si incontrano grazie a installazioni multimediali, oggetti e progetti che raccontano del passato del Paese e della sua evoluzione attraverso i secoli: le perle, la scoperta del petrolio, i suoi sceicchi e i progetti futuri. Perché Doha non si ferma. Mai.

Fotografie di Isabella Brega