Da Lugano a Losanna, sulle strade del vino

Luca BonoraLuca Bonora

Vigneti a picco sul lago, etichette e cantine che non temono il confronto con quelle italiane, wine bar e ristoranti: Ticino, Vallese e Vaud sono un paradiso (anche) per i gourmand

Della Svizzera non si sa niente. Eppure sono i nostri vicini più vicini. Dimenticate quello che pensate di sapere. Venite con me. E tenetevi forte, perché sarà un gran viaggio. Ho da mostrarvi musei ipermoderni e castelli medievali, hotel di charme e teatri progettati da archistar. Vigneti a picco sul lago o sparpagliati fra le case, che regalano vini eccellenti; una gastronomia ricca e varia, che unisce tradizioni italiane, francesi e mitteleuropee. E ancora, Charlie Chaplin, Freddie Mercury, Coco Chanel, Audrey Hepburn. Li ho incontrati tutti. In Svizzera.
La porta d’accesso è Lugano, in Canton Ticino. Un accesso tanto più accogliente poiché questo cantone è di lingua italiana. Affacciata sul lago omonimo, cinta da verdissime montagne, è una cittadina vivace il cui fiore all’occhiello è il nuovo Lac, Lugano Arte e Cultura, spazio progettato da Ivano Gianola dove convivono teatro, musica, arte e cultura. La vicinanza con l’Italia appare evidente da una cucina della tradizione che ha molti punti in comune con Piemonte e Lombardia, e dai grotti, piccole trattorie che storicamente propongono salumi e formaggi locali, ma anche una cucina raffinata e moderna, di pesce e di carne. Qui come a Bellinzona è di casa il merlot, che in Italia è un semplice vino da tavola, e invece qui raggiunge livelli d’eccellenza. La Sagra dell’uva di Mendrisio è un’occasione perfetta per riscoprire questo vino (vedi box a pagina 30). Ancora, in uno dei tre castelli che dominano Bellinzona, Castelgrande, il Grotto San Michele è un eccellente ristorante dalla fornita cantina, dove scoprire profumi e sapori dei vini ticinesi, una tradizione antica che oggi coinvolge 1.120 ettari.

Ancora più importanti i vini del vicino canton Vallese, dove prosegue il nostro Grand Tour. La valle del Rodano, da Briga fino a Martigny, di ettari a vigneto ne conta oltre 5mila: un terzo dell’intera produzione svizzera arriva da qui. Uve e tralci che abbracciano le colline e i pendii più soleggiati, si insinuano fra le case, trasformano il paesaggio rendendolo profondamente mediterraneo. La ricchezza dei terreni contribuisce a una produzione incredibilmente varia: qui si coltivano 47 varietà diverse di uva. È terra di record: nel Vallese troviamo il vigneto più alto d’Europa, a Visperterminen, 1150 metri d’altitudine, e il più piccolo del mondo, a Saillon: tre viti di numero che producono ogni anno meno di mille bottiglie, la cui vendita finanzia attività sociali e culturali.
A Salgesch è Albert Mathiers a farci da guida nella sua cantina, una delle più grandi e antiche della regione: fondata nel 1387. Produce soprattutto Pinot nero, ma anche Sirah per quanto riguarda i rossi, Petite Arvine e Chasselas come bianchi. È lui a farci assaggiare – tra gli altri – un vino unico, invecchiato all’interno di anfore come quelle romane. Il risultato è un vino complesso, dai profumi indescrivibili: un’esperienza sensoriale che vale, da sola, il viaggio.
Una manciata di chilometri più a est e il paesaggio cambia completamente. Davanti a noi si apre il lago di Ginevra, il più grande della Svizzera e il secondo dell’Europa continentale dopo l’ungherese Balaton. Qui troviamo l’area vitivinicola del Lavaux, Patrimonio dell’umanità Unesco. Il paesaggio ricorda i vigneti delle Cinque Terre. Viticoltura eroica, con terre strappate alla montagna e lavorate esclusivamente a mano. Fatica, sudore e passione. Ce le racconta Jaap Kluvers, che nella cantina Les 11 Terres di Epesses fa il vino, con la sua famiglia, da 17 generazioni. Anche qui i terreni sono molto vari, e danno vita e corpo a vini altrettanto vari. Sono soprattutto bianchi: Calamin, Dezalay, Chasselas. Profumati, robusti, di forte mineralità. Ed è in quest’area che si trova uno dei luoghi più spettacolari della Svizzera francese: il castello di Chillon, costruito a partire dal X secolo sulla riva del lago in posizione strategica e panoramicissima. Visitabile, è una tappa imperdibile del Grand Tour.

Appena ho visto Montreux me ne sono innamorato. Così ho fatto una bella gaffe, postando su Facebook una foto del lungolago con la statua di Freddie Mercury, chiamandolo “lungomare”. Non è (tutta) colpa mia: sulla Riviera di Montreux tutto, dalle palme alle architetture, richiama la Costa Azzurra. In questi hotel da sogno soggiornavano Coco Chanel e Audrey Hepburn, qui c’era uno studio di registrazione dei Queen, e vicino, a Corsier-sur-Vevey, ha trovato casa il Chaplin’s World, museo del grande attore che qui morì, nel 1977.
Arrivando a Losanna, i vigneti ti accolgono alle porte della città, sia verso le colline sia sul lungolago. È un’anteprima di ciò che ci aspetta? Sì, ma non solo. Losanna è sorprendente. Anna, la mia guida sostiene che la Svizzera francese è più italiana di quella italiana. Lo capisco cenando al Café du Grütli, piccolo locale sotto la cattedrale. L’atmosfera è calda e rumorosa, non c’è nulla della precisione un po’ noiosa che di solito attribuiamo agli svizzeri. Del resto che ci fosse qualcosa di inaspettato l’avevo intuito al Museo Olimpico di Losanna: un museo vivo, vitale, coinvolgente e interattivo, in grado di intrattenere ed emozionare adulti e bambini. O ancora, scoprendo che uno dei più noti wine bar della città, il Ta Cave, è nato da un progetto di crowdfunding. È una Svizzera creativa, questa. Mediterranea. E ricca di sapori. Al Tom Café, l’ottimo ristorante del Museo olimpico, assaggio il pesce persico, piatto tradizionale che qui, come sul lago d’Iseo, è sfilettato e fritto nel burro. Sapori di casa. Questo viaggio è iniziato nel migliore dei modi.