di Valerio Magrelli
I consigli "firmati" da un autore appassionato. Tra grandi classici e deviazioni originali, New York raccontata da un punto di vista originale
Nulla di meglio che arrivare a New York di notte, e il giorno dopo divorarsi un pasto che definiremmo “luculliano”. La grande America è grande grande innanzitutto a colazione (un caffè fra tutti: Clinton nella Bowery). Frittate gigantesche, con pane tostato, succo d’acero, pancake e marmellate che colano dovunque, emblema di uno sfarzo alimentare senza limiti! L’arrivo, però, è stato duro. Infatti, avviandomi all’hotel, mi sono trovato di fronte l’enorme voragine dove un tempo sorgevano le Torri Gemelle. Lo sfacelo creato dall’attentato, quello spazio fatto di resti e frammenti (anche umani), è diventato un’immensa piazza dove, al posto delle torri, si aprono due immensi fosse quadrate, di cemento, due cubi interrati in marmo nero, lucidissimi e vuoti, ricoperti da un velo d’acqua a formare una cascata. Grazie a questa coppia di commoventi pozzi, l’abisso aperto dalla smisurata strage oggi risulta quasi addomesticato. Sono due fontane identiche, dunque, tuttavia al loro centro si apre un secondo quadrato, questa volta profondissimo, dove la stessa acqua va a scomparire. Difficile descriverli, ma il risultato è toccante, a differenza del dignitoso ma banale grattacielo della Freedom Tower che ha sostituito gli edifici abbattuti. Come mi avevano detto, alcuni americani vengono qui per scattare dei selfie come davanti a una Disneyland funebre. In effetti ho visto cinque ragazze, con tanto di madri, che sghignazzavano e si auto-ritraevano, continuando a scherzare. Lì per lì ho avuto un moto di sdegno, poi mi sono domandato: non è questa la risposta migliore al terrorismo? Altro che stadi di calcio chiusi al pubblico. Meglio, senz’altro meglio due risate incoscienti.
E adesso sono al Moma PS1, un centro di arte contemporanea piuttosto distante da Manhattan. Visita deludente: tutt’altra cosa il Breuer Museum, appena installato nel vecchio Whitney. Quest’ultimo, nel frattempo, è “slittato” all’interno di un nuovo, notevole palazzo che, tra l’altro, sorge accanto alla High Line, il parco lineare pensile in cui passeggiare nelle giornate senza vento. Dove sorgeva una vecchia linea ferroviaria sopraelevata, abbiamo adesso un giardino pedonale – un’esperienza imperdibile, anche per via dell’enorme, formicolante mercato coperto installato sotto le arcate (romani, non pensate a San Lorenzo!). È il Chelsea Market, in pieno Meat District. Ma a proposito di High Line, anche a costo di cambiare quartiere, devo segnalare il suo incredibile opposto. Mi riferisco al nuovissimo Low Line, nell’East Village, una vecchia fermata sotterranea che ospita un giardino “notturno” destinato ad ampliarsi lungo i binari, fra luce artificiale (come nel film L’erba di Grace), riflettori e lampade per far crescere piante idroponiche. Ora bisogna spostarsi al Metropolitan Museum, dove sostare anche solo venti minuti per ammirare il tempio egizio ricostruito dietro una vetrata che dà su Central Park. Pare che ormai affittino la sala a caro prezzo per serate danzanti, il che spiega cuscini, casse e faretti che stanno montando all’intorno. Il tempo di pranzare, uscire, e improvvisamente, mentre costeggio Central Park, ecco un rombo prolungato e crescente. Walkirie wagneriane? Più o meno. Dal fondo del rettilineo sbucano urlanti e senza casco una trentina fra motociclisti e guidatori di quad (specie di moto a quattro ruote), rombando in impennate lunghissime, bruciando semafori. Piombano sulla raffinata Quinta avenue senza che nulla e nessuno vi si opponga. Forse avranno voluto spaventare i residenti, ma di fatto si limitano a stupire qualche turista, oltre a evitarne uno per miracolo. Chiedo lumi a un portiere gallonato accanto a un condominio di lusso, e mi risponde che fanno così ogni tanto... Ma dove vanno? incalzo: «Non ne ho la minima idea». Così abbiamo visto anche il “lato Scampia” della Grande Mela, con l’equivalente di Agostino o’ pazzo, il giovane motociclista napoletano famoso negli anni Settanta per le sue esibizioni e per l’abilità nell’evitare le forze dell’ordine. Pare che adesso faccia l’antiquario, ma abiti ancora a piazza dei Girolamini, nello stabile in cui visse Giambattista Vico…
Tornando a New York, vanno segnalati alcuni edifici che si affacciano su Central Park, da Palazzo San Remo, con le sue due torrette, al leggendario Dakota, dove una targa ricorda che sul portone un ammiratore psicopatico assassinò John Lennon. Lì accanto sorge il Museo di Storia Naturale, reso celebre da una serie di film sui suoi presunti misteri notturni, che merita una visita tanto per i resti di immensi dinosauri, quanto per il Planetarium, con la storia dell’universo in venti minuti e il filmato di una memorabile pioggia di stelle. Se siete da queste parti in una notte serena, si consiglia poi la traversata notturna del parco, per ampi viali sicuri, frequentati da pattinatori e ciclisti. Da non perdere il laghetto, che riflette i grattacieli illuminati. E già che abbiamo attraversato Central Park da ovest a est, eccoci al Museo Guggenheim di Franck Lloyd Wright, spesso più bello delle opere esposte, e alla intensa Neue Galerie, un angolo intatto di Vienna con il suo strepitoso Caffè Sabarsky. Ma qui sta finendo l’articolo, e manca ancora mezza New York! Allora, per finire coi musei, indispensabili Moma, Frick Collection (nell’antica casa del proprietario) e Morgan Library, oltre alle gallerie di arte e fotografia disseminate a Chelsea, da Matthews Mark a Gagosian, da Aperture Foundation a Dia Chelsea (senza dimenticare, a un’ora e mezzo di treno, Dia Beacon). Divertente e interattivo, il Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum. Quanto ai luoghi, si comincia dai Cloisters cantati da Borges, una serie di chiese e monasteri di tutta Europa smontati e ricostruiti, pietra per pietra, a nord di Manhattan! Non troppo distante, in tutta tranquillità, si può visitare Harlem, in particolare la zona storica di Strivers’Row, con la casa del grande statista Hamilton. Chi invece preferisce il sud, prenda il traghetto per Staten Island, con deliziose case ottocentesche, o visiti la Statua della Libertà. Meglio ancora, Ellis Island, dove gli immigrati sostavano per essere esaminati o rimandati in patria (si veda un bel film di Crialese, Nuovomondo). Cos’altro, a parte un migliaio di indirizzi? La sterminata libreria Strand, i ristoranti di ogni tipo e prezzo (almeno l’italiano Fanelli), e, per concludere, la visione del ponte di Brooklyn dal basso, nel quartiere di Dumbo. Difficile oramai trovare un film su New York, specie cattivo, che non cominci da qua…